Il 15 agosto 1969 partì la prima edizione di Woodstock. Dai primi momenti dell’organizzazione Michael Lang, John P. Roberts, Joel Rosenman e Artie Kornfeld volarono basso: doveva trattarsi di un “semplice” festival di arte e musica – in quei territori e in quegli anni era consuetudine – tant’è che inizialmente l’evento doveva chiamarsi An Aquarian Exposition.
La stampa conservatrice
Quando videro che le prevendite avevano raggiunto quota 186mila, però, si accorsero che qualcosa di diverso stava succedendo. I cambi di location furono numerosi fino alla scelta di Bethel, a 69 chilometri da Woodstock. Il grande afflusso di giovani da ogni parte degli Stati Uniti, con automezzi che arrivarono a bloccare l’autostrada creando un forte disagio, scatenò le redazioni che sguinzagliarono i reporter alla ricerca della notizia scandalistica per gettare fango sull’evento e sui ragazzi di quella generazione.
Gli Stati Uniti, il Vietnam e Jimi Hendrix
Alla prima edizione di Woodstock parteciparono 400mila anime. Fu il festival di Joe Cocker, Santana, Joan Baez, The Who ma soprattutto di Jimi Hendrix che chiuse il festival inaugurando la sua performance con lo storico inno americano suonato per protestare contro la guerra del Vietnam.
E i Beatles?
Il pubblico si ritrovò ad assistere a un non-stop-live di tantissimi artisti, i più rivoluzionari del tempo e per un pelo non arrivarono pure i Beatles: l’organizzazione, infatti, pur a conoscenza dell’avvenuto scioglimento contattarono John Lennon e gli chiesero di partecipare con i Fab Four e John pose la condizione di far partecipare anche la Plastic Ono Band. Lang e soci non accettarono e i Beatles rimasero a casa.
Dal 15 al 19 agosto 1969 si scrisse la storia: centinaia di migliaia di anime urlarono a gran voce la loro voglia di cambiamento, si radunarono insieme agli artisti per celebrare la pace, l’arte, l’amore e la rivoluzione. La prima edizione di Woodstock andò bene tanto da convincere le redazioni a raccontare una storia diversa, una storia che veniva riscritta.