Una vicenda aberrante e sconfortante allo stesso tempo: i nomi dei 5 parlamentari che hanno chiesto il bonus INPS non sono stati resi pubblici ma per molti dovrebbero esserlo. Il fatto che alcuni rappresentanti dello Stato, nonostante uno stipendio pensile di 13.000 euro, abbiano avuto anche il coraggio di richiedere l’aiuto pensato in piena emergenza Covid-19 riaccende un clima di forte contrasto tra cittadini e politica.
La misura era destinata a cittadini con lavoro autonomo, partite IVA in difficoltà proprio in pieno periodo lockdown e nelle settimane successive. Il bonus INPS è stato erogato a partire da maggio in due tranche da 600 euro e poi da 1000 euro per i cittadini richiedenti. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che alcuni parlamentari della Repubblica provvedessero alla stessa richiesta, considerando la loro condizione di privilegiati. Eppure il sotterfugio, o sarebbe meglio dire la vera e propria frode, si è consumato.
Gli esatti nomi dei 5 parlamentari che hanno chiesto il bonus INPS non possono essere diramati per questioni di privacy. Si conoscono però almeno i partiti ai quali i rappresentanti appartengono, come comunicato da Repubblica. Si tratterebbe di 3 parlamentari della Lega Nord, 1 del Movimento 5 Stelle e 1 in forza presso Italia Viva di Renzi.
La segnalazione di nomi dei parlamentari che hanno chiesto il bonus INPS è giunta direttamente dalla direzione centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza dell’Inps. La struttura, voluta dal presidente Pasquale Tridico, ha proprio lo scopo di individuare eventuali truffatori in riferimento all’erogazione di incentivi e altre forme di sussidio. Proprio nell’ultima indagine che ha avuto come protagonisti i rappresentanti a Montecitorio, è venuto fuori anche altro. Sarebbero circa altre duemila le persone del mondo della politica che avrebbero fatto richiesta dell’aiuto tra assessori e consiglieri regionali e comunali, ma addirittura anche governatori e sindaci.
Insomma, il vero raggiro alla misura di sostegno per cittadini davvero bisognosi si è compiuto, di certo ai danni dello Stato che avrebbe potuto impiegare quelle risorse in modo più proficuo. L’invito di molti ai politici furbetti ora è il seguente: farsi avanti, ammettere la propria colpa e magari restituire quanto percepito.