1990 di Achille Lauro è l’atto di adorazione del proprio io nascosto dietro il dito della dance (recensione)

1990 di Achille Lauro è arrivato. L’artista crea un tributo all’eurodance e il risultato è una playlist di remix e rivisitazioni – a volte – stanche.

Vince, Lauro, perché intorno a lui insistono i due emisferi dell’odio e dell’amore: c’è una folla in adorazione di fronte a lui, mentre alle sue spalle c’è chi impugna la forca.

1990 di Achille Lauro si consuma con interludi nei quali lui, quello che tutti odiano e tutti amano, si mette a nudo e snocciola leaks sulla sua persona. Il tutto avviene nella manopola di un sintonizzatore radio che, dopo il radiodramma, fa partire la canzone.

Avevamo già ascoltato il singolo che dà il titolo al disco e avevamo già colto l’intento: attingere dall’eurodance per poggiarvi sopra le sue storie. Scatman’s World diventa Scat Men e Lauro chiama a rapporto Ghali e Gemitaiz. Proprio come gli altri brani, Scat Men non perde il motivetto che ha reso famosa l’originale, ma si ripropone in una versione più acida e amara.

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C’è anche Annalisa in Sweet Dreams e ci sorprendiamo di risentire Alexia in You And Me, con un beat dimezzato rispetto alla cassa pompata dell’originale. Quella di Achille Lauro per gli anni ’90 è una vera e propria ossessione.

Con lui Gow Tribe, non Boss Doms, e la scelta è ricaduta su qualcosa di più diretto: 1990 di Achille Lauro è forte di tracce come Blu, dall’originale I’m Blue degli Eiffel 65, e Summer’s Imagine che riprende The Summer Is Magic dei Playahitty.

C’è anche la componente provocatoria: l’interludio Ave O Maria recita: “Ave o Maria, piena di grazie, il Signore è con me. Io sia benedetto tra le donne”. Lo sa, Lauro, che così fa indignare e per questo spara ad altezza d’uomo. I suoi sono continui amplessi con se stesso: 1990 di Achille Lauro è la sua auto consacrazione a idolo, l’effetto collaterale della consapevolezza.