Biagio Antonacci che canta Centro di Gravità Permanente: una roba di una bruttezza unica

Vorrei poter dire che abbiamo davvero toccato il fondo, ma so che l’estate è ancora lunga e so che qualcuno troverà il modo di smentirmi

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Esistono delle regole non scritte, o almeno, che se anche sono scritte da qualche parte nessuno è tenuto a saperlo, regole che però conosciamo perché da sempre sappiamo che esistono, siamo portati a seguirle perché così abbiamo visto fare ai nostri genitori, così ci spinge a pensare quel buon senso così spesso assente al punto da aver spinto qualcuno a scriverci su una regola, pensateci, c’era davvero bisogno di specificare che non era possibile ammazzare qualcuno, altrimenti si sarebbe finiti in carcere?, insomma, ci sono regole non scritte che conosciamo e che seguiamo, punto e basta.

Per dire, se anche siamo colti da spasmi mostruosi, non ci tiriamo giù i pantaloni e caghiamo in pubblico, non funziona così, lo sappiamo e ci adeguiamo, correndo a ordinare un caffè al bar, chiedendo con la voce rotta dal dolore se c’è una toilette, augurandoci con tutti noi stessi che, in effetti la toilette ci sia. Ma è solo un esempio tra tanti, tantissimi che potrei farvi, il fatto che io abbia fatto solo questo è perché mi piace, a volte, essere sgradevole, giustificato nel farlo dal semplice aspetto che, essendo io quello che scrive e voi quello che legge, ma essendo io quello che scrive protetto da una aura da cattivo maestro, o quantomeno da uomo di mezza età terrible, lo faccio, pappappero.

Poi ci sono sottoregole non scritte che sono tenuti a rispettare solo coloro che fanno parte di quel determinato sottogenere o gruppo di umani. Per dire, se si è tra quanti ritengono che la carne animale non vada mangiata, perché è poco sana per noi umani, perché è una prevaricazione dell’uomo sul resto degli esseri viventi, perché la produzione di carne è una forma di tortura e di sopruso cui anche chi consuma carne, senza far parte della catena produttiva, è complice o una delle tante cazzate che chi non consuma carne è solita sciorinare con una certa naturalezza, bene, sarà vostra premura non consumare carne, non indossare indumenti che abbiano origine animale e cagare il cazzo con una certa frequenza a tutti gli altri esseri viventi appartenenti alla vostra stessa razza animale, gli uomini, e col dire ciò, immagino, non vi sarà sfuggito che io non appartenga a questa sottocategoria di persone, sottocategoria che in genere sento molto poco vicina al mio sentire.

Appartengo, invece, a quelli che sono cresciuti, mio malgrado, con quelle regole di vita ascrivibili a una sorta di codice della strada, intendendo con questo non quel libro pieno di disegnini e test che si utilizza nel momento in cui si vuole prendere la patente, è ovvio, quanto piuttosto a una sorta di Hagakure che descrive minuziosamente come ci si deve regolare nel lato selvaggio della strada, quello nel quale camminavano i protagonisti della nota canzone di Lou Reed, un non-luogo presente non solo in natura, ma anche in ambiti sociali che con la natura poco hanno a che fare, dove le regole sociali sono un filo allentate e in effetti il vivere animale si avvicina impressionantemente a quello umano, roba da branchi, leoni, predatori e prede. Senza girarci troppo intorno, chiunque abbia mai avuto a che fare con ambiti nei quali uno sguardo sbagliato può essere sufficiente per andare a prendere una buona dose di legnate ben sa che esistono leggi legate un po’ meno alla buona educazione e un po’ più a una forma di primordiale attitudine che ci indicano chiaramente come muoversi e come non muoversi, il tutto volto a salvare il culo.

Una delle regole fondamentali, in questo ambito, spesso non rispettata, va detto, è che i predatori, quelli che poi sono stati identificati più agevolmente come maschi alpha, non devono o non dovrebbero mai spingersi a rimarcare il loro ruolo se non con altri maschi alpha, o con qualcuno che addirittura dei maschi alpha sia il vertice. Mi spiego, entri in un bar di quelli che, in genere, trovi nei film d’azione, dove dopo pochi secondi scatta una rissa da sedie rotte in testa e gente lanciata da una parte all’altra come fossero palle da pallavolo. Se è tua intenzione non passare il tempo nel ruolo della palla, appunto, e se sei del tutto intenzionato a menare le mani, è ovvio, ma se non è quella tua intenzione è bene che tu esca dal bar più velocemente possibile, non esistono scappatoie diverse, è a quello che appare chiaramente il più grosso e cattivo che devi mirare. Non perché tu abbia in effetti grandi chance di farcela, è il più grosso e il più cattivo, appunto, e solo nei film quelli che sembrano i più grossi e i più cattivi sono anche lenti e tonti, ma perché, in tutti i casi, il rispetto di tutti gli altri te lo puoi guadagnare in un solo modo, o sembrando molto duro o sembrando molto matto, e attaccare il più grosso e cattivo ti conduce dritto dritto a flaggare entrambe le caselle. Se poi ti dice di culo, la vita è piena di imprevisti, potrebbe anche capitare che, almeno in questa occasione, il più grosso e cattivo sia anche il più tonto e lento, e magari un calcio ben assestato nelle palle potrebbe portarti a sfangarla, sicuro che nessun altro verrà mai più a romperti le palle.

Se per caso avessi invece deciso di affrontare quello sfigato, mal messo, piccolino, lì in un angolo, sicuro che nel giro di poco ti saresti trovato addosso tutto il resto del bar, tipo in quelle scene dei film di Bud Spencer e Terence Hill, ma siccome non sei Bud Spencer, beh, puoi ben immaginare come sarebbe andata a finire.

La morale di questo tipo di situazioni è che bisogna sempre prendersela con i più grandi, mai coi più piccoli. Prendersela coi più piccoli è da vili, e non porta a nessun risultato. Se invece riesci a stendere un maschio alpha, beh, la regola non scritta lo dice chiaramente, chiunque abbia visto il Re Leone lo sa, toccherà a te vestire quei panni, con buona pace degli altri pretendenti a quel trono.

Ho sempre provato a applicare questa regoletta a quello che faccio, specie quando scrivo di musica. Non ho mai stroncato artisti piccoli, indipendenti. Non perché io ritenga che occuparsi di artisti indipendenti porti pochi lettori, scrivo in continuazione di artisti indipendenti, a volte anche prima del loro esordio, si veda cosa faccio per il mondo del cantautorato femminile, ma perché piuttosto preferisco che si facciano male da solo, star lì a prendersela con chi è indifeso mi sembra davvero roba da mezzeseghe. Punto a quelli grossi, molto grossi, sia se si tratta di stigmatizzare certi comportamenti nel gestire la macchina, si pensi alle mie inchieste sul mondo dei live, a quello che ho provato a fare per i conflitti di interessi degli ultimi festival, a come ho appunto indicato certe clamorose falle del sistema, sia che si tratti di raccontare certe pubblicazioni davvero orripilanti. Menare chi ha le spalle grosse, tralso, è fatto che in tutti i casi mi far stare a posto con la coscienza, un colpo ben assestato a uno grande e cattivo, il bullo della classe, sto sempre traslando non sarebbe uguale che infilare la testa nel cesso allo sfigato con gli occhiali che siede al primo posto.

A volte, ma qui entriamo nel campo del personale, mi sembra però che i grossi e cattivi siano talmente lenti e tonti che anche menare loro sembra prendersela con gli indifesi, poco importa che siano a loro modo dei bulli, sempre traslando, che cioè occupando certe determinate posizione del mainstream si avvantaggino rispetto a chi è più piccolo, anche e soprattutto in un momento di difficoltà oggettiva come questo, e che in tutti i casi occupino spazi per questo preclusi agli altri, mangiando il poco che c’è a tavola senza neanche lasciare le briciole ai cani sotto il tavolo (brutta immagine, fastidiosa, sono il cattivo maestro, non scordatevelo).

Star quindi ora a prendersela con il mondo delle radio, lì, in ginocchio, gli ascolti che calano, per non dire crollano, la gente che preferisce di gran lunga farsi le proprie playlist, e poco conta che siano playlist altrettanto di merda di quelle trasmesse dalle suddette radio, sarebbe quindi come voler menare uno strano mix tra lo sfigato con gli occhiali seduto al primo posto, l’oggettiva difficoltà è sotto gli occhi di tutti, e quello grosso e cattivo di cui sopra, in questo caso uno grosso e cattivo che in passato ha fatto danni mica da ridere, ancora portiamo certe cicatrici difficili da dimenticare. Operazione forse meritoria, ma comunque troppo facile, roba da ragazzi. Solo che esistono dei limiti che, credo, non andrebbero valicati. Cioè, anche questa è una regola non scritta molto nota sia a chi frequenta il lato selvaggio della strada, sia a chi, per sua natura e costituzione il lato selvaggio della strada si guarda bene dal frequentarlo, non si deve rompere i coglioni a quelli più cattivi di te. Sei piccolo e sfigato?, traduco, non è cosa buona e giusta andare a infastidire qualcuno che potrebbe farti del male. Sai che quello cattivo in realtà non se la prenderà mai con te perché sei piccolo e sfigato e lui ha un codice d’onore, tipo Hagakure, che gli dice di non prendersela con quelli piccoli e sfigati?, bene, sappi che esiste un numero limitato di volte in cui ti andrà bene, e che se gli romperai il cazzo una volta di troppo lui si dimenticherà quel codice e, una volta dimenticato, ti farà scontare tutte le volte che hai abusato di quel suo aderire radicalmente a quel codice.

Questo per dire che da qualche settimana le radio, e per radio intendo principalmente il mondo dei network, ha deciso che per rivitalizzare il proprio piccolo mondo antico fatto di un cazzo l’unica soluzione intelligente era non cercare una via nuova, moderna, capace di far concorrenza alla rete, si veda cosa Netflix e Amazon Prime stanno facendo nel settore televisivo, ma da una parte rendere i propri programmi dei podcast, che è un po’ dire che puntare tutto sul mercato dei videonoleggi, oggi, potrebbe salvare le tv generaliste dal fare la brutta fine che faranno a breve, dall’altra ideando questa emerita cagata di I Love My Radio. Idea che anche a raccontarla così, senza che uno poi sia costretto a ascoltare il frutto di quanto andrò a descrivere fa rabbrividire, ma che se poi, in effetti, uno volesse anche andare a capire meglio di cosa sto parlando, che è un po’ come aprire quella porta in un film dell’orrore che si intitola Non aprire quella porta, e che cazzo, beh, vi giuro che sareste voi i primi a prendere lo sfigato con gli occhiali seduto al primo posto, a portarlo nei bagni e a ficcargli la testa nel cesso. L’idea, mi perdonino le idee per questo abuso che sto compiendo, è questa: sono quarantacinque anni che esistono le radio private. Prendiamo una canzone evocativa per ogni anno, e di conseguenza, suppergiù, quarantacinque artisti. Lanciamo un sondaggio su quale sia la canzone tra queste quarantacinque più amate dal pubblico, Simon Reynolds ha scritto un libro che si chiama Retromania, vorrà pur dire qualcosa, avrebbero pensato quelli delle radio sapessero chi è Simon Reynolds. Infatti, incuranti della retromania, ecco l’idea agghiacciante, prendiamo alcuni degli artisti le cui canzoni sono dentro questo elenco e facciamogli reinterpretare una hit presente nell’elenco, così, a cazzo di cane. Gliela facciamo incidere, a spese proprie, tanto poi possiamo giocare sul fatto che se non accettano non gli passiamo più le canzoni nei nostri programmi, e le pubblichiamo noi. Una roba che da sola meriterebbe ben più di una testa infilata nel cesso, so che anche i Gandhi presenti in sala la pensano così.

Uno dice, va beh, ma le radio oggi non sono più le grandi radio di una volta, non se le caga più nessuno, perché prendersela con loro, che male avranno mai fatto.

Ecco, uno magari potrebbe anche pensare che Mare mare di Carboni rifatta da Elisa o Quando rifatta da Marco Mengoni non siano motivi sufficienti per dar sfogo alla violenza. Uscivamo in quei giorni dal lock down, eravamo tutti un po’ intontiti e poco lucidi, ci sta. Lo potrebbe anche arrivare a pensare de La donna canzone autotunnizata e devastata da Gianna Nannini, anche se qui le scusanti sono davvero difficili da andare a pescare. Ma poi ascolta Centro di gravità permanente fatta da Biagio Antonacci come fosse quella roba della tipa che balla a culo col mondo, roba da spiaggia, sangria e piedi scalzi e beh, tutte le regole non scritte, tutti i codici del guerriero, millenni di evoluzione e di emancipazione dal regno animale vanno a puttane. Una roba di una bruttezza tale che, stavolta, più che tirare in ballo i cavalli che affogano imbarcando acqua dal buco del culo, siamo in estate, viene in mente uno che su un buco di culo abbia intenzione di farci del surf, come evocato nel nome da una band seminale della parte finale del secolo scorso.

Vorrei poter dire che abbiamo davvero toccato il fondo, ma so che l’estate è ancora lunga e so che qualcuno troverà il modo di smentirmi. In caso, vi prego, abbiate pietà di me, un colpo alla nuca e via, ho sempre e solo cercato di fare il vostro bene, che ci crediate o meno.