Le Ragazze del Centralino hanno lasciato il pubblico con un addio brutale, irrimediabile ed emotivamente esplosivo. Un finale che ha reso onore alla saga delle centraliniste di Madrid – pasionarie, idealiste, femministe – alle prese con drammi personali e rivendicazioni sociali a cavallo tra gli anni Venti e Trenta. Nonostante la deriva verso il genere soap opera abbia nettamente fatto perdere qualità e stile alla serie tra la terza e la quarta stagione, gli ultimi episodi della quinta (o meglio la sesta parte, come la indica la piattaforma), hanno mostrato molti difetti ma una pregevole conclusione.
Con gli ultimi cinque episodi arrivati su Netflix il 3 luglio, è terminata la prima produzione originale spagnola della piattaforma, che ha aperto la strada a tanti altri format in lingua capaci di attirare un pubblico globale. Proprio come le sue protagoniste decisamente avanti rispetto ai loro tempi, questo format è stato precursore dell’ondata di contenuti ideati e prodotti in Spagna che ha invaso il mercato dell’audiovisivo negli ultimi anni.
Le Ragazze del Centralino si sono presentate nel 2017 al pubblico internazionale come eroine di un period drama dei ruggenti anni Venti, diventando poi delle combattenti idealiste e indomite, assetate di giustizia sociale, dopo un salto temporale che le ha mostrate alle prese con la Guerra Civile prima e il regime franchista poi. Proprio dopo la vittoria di Franco e durante l’instaurazione del regime, sono ambientati gli ultimi episodi che rappresentano l’ennesima battaglia di civiltà per le ex centraliniste della Compagnia dei Telefoni di Madrid: la carcerazione di Lidia in un campo di rieducazione del regime rappresenta il movente per ingaggiare una lotta di ribellione, vendicarsi della rediviva gerarca fascista Doña Carmen e creare un piano di fuga per mettere in salvo centinaia di donne dissidenti, sacrificando se necessario anche le proprie vite in nome di un ideale di libertà e democrazia calpestato dalla dittatura.
Purtroppo la vocazione al registro da soap opera/melodramma ha informato anche questa parte finale, che inanella una serie di colpi di scena ma senza premurarsi di collegarli stabilmente tra loro in un intreccio che risulti fluido e plausibile. Molte delle svolte che caratterizzano il piano di salvezza delle protagoniste risultano spesso forzate, così come le alleanze e le motivazioni che le sostengono. Ma il difetto più grande è certamente un eccesso di superficialità nel trattare un argomento così delicato come la privazione delle libertà e dei diritti civili sotto un regime illiberale, facendo risultare un gioco da “ragazze”, appunto, organizzare un’evasione di massa da un campo di concentramento. Si avverte la tentazione dei produttori, peraltro ammessa dagli stessi, di non politicizzare troppo il racconto, di non rendere protagonista il contesto storico a discapito del vero focus della serie, l’amicizia solidale tra donne combattive e ribelli. Ma se si decide deliberatamente di ambientare una trama in un periodo storico che ha visto al potere una dittatura – si è scelto di operare un salto temporale assolutamente non necessario di cinque anni, dal 1931 al 1936, alla fine della quarta stagione – allora bisognerebbe avere il coraggio di approfondire il registro drammatico con più accuratezza, con profondità e con rispetto di quello che ha significato la repressione del dissenso durante il regime di Franco. Questo aspetto è mancato e si è cercato di rendere quell’ambientazione una molla per innescare i comportamenti delle protagoniste, ma un periodo storico così tragico non può certo restare sullo sfondo, col rischio di far risultare la trama, appunto, superficiale e sconnessa.
C’è però da dire che con tutti i suoi difetti questo finale di serie de Le Ragazze del Centralino si riscatta proprio con l’ultimo episodio, che assume una connotazione epica e il senso di un omaggio al sacrificio di tutte le donne che, in condizioni avverse, non hanno esitato a fare scelte coraggiose, a rispondere alle loro coscienze senza salire mai sul carro dei vincitori e a stare dalla parte giusta della Storia, anche rischiando la pelle.
A sorpresa, nonostante la tendenza ad inseguire stilemi da telenovela in tutte le sue stagioni, il finale de Le Ragazze del Centralino non è affatto un lieto fine, non è per niente consolatorio né agrodolce: è drastico, tragico, definitivo, ma soprattutto una bomba emotiva per chi ha amato questi personaggi un po’ surreali ma pieni di stile e fascino per sei stagioni. Il loro ultimo saluto è un colpo potente che gioca sulle emozioni più che sulla plausibilità delle loro azioni, come da sempre è stato ne Le Ragazze del Centralino, dunque un addio coerente con la serie tutta e profondamente toccante.
Una scena extradiegetica rispetto al finale – con un cameo di Maggie Civantos nei panni di Angeles, uscita di scena alla quarta stagione – ha completato questo addio dando un tocco epico alla storia delle “Ragazze del Centralino”, messa nero su bianco in un diario dalla narratrice onnisciente Lidia, voce dell’intera serie. Un finale eroico che riscatta la delusione per le ultime stagioni e fa provare da subito un pizzico di nostalgia per le centraliniste di Madrid.