C’è un caso di dati personali rubati da alcuni dipendenti di TIM disonesti che sta facendo gran scalpore sulle principali testate nazionali nella giornata di oggi, 26 giugno 2020. Un caso che va a coinvolgere i dati sensibili di tipo telefonico di oltre un milione di utenti – si parla di un numero pari a 1 milione e 200mila – già clienti dell’azienda, e che ha fatto scattare ben venti misure cautelari i tutto il territorio italiano – e in particolare a Roma e Napoli – predisposte dal GIP della Capitale, tra 13 domiciliari e 7 obblighi di firma. Come riportato sulle pagine del quotidiano La Stampa, alcuni dipendenti infedeli della nota compagnia avrebbero carpito illecitamente le informazioni dei clienti, esposti poi grazie ad un’indagine avviata grazie alla denuncia della stessa TIM.
Ad essere coinvolti nell’azione di dati personali rubati sarebbero poi anche i cosiddetti “intermediari”, che avevano il compito di fare da ponte per la commercializzazione illecita dei dati telefonici. Si tratta insomma di una e vera e propria rete diffusa in tutta Italia, un’organizzazione criminale che portava a rivendere le informazioni estratte dalle banche dati anche a call center, che andavano così a contattare i potenziali clienti più deboli, vale a dire quelli di solito interessati da diversi problemi tecnici. Con questo sistema, si andava poi a proporre agli utenti la portabilità dei numeri allo scopo di ottenere le commissioni su ogni contratto stipulato, che possono arrivare addirittura fino alla cifra di 400 euro.
L’operazione Data Room legata ai dati personali rubati, che come dicevamo è stata resa possibile dalla denuncia della stessa dirigenza TIM – a partire dalle segnalazioni di dipendenti decisamente più onesti -, ha impegnato gli specialisti della Polizia Postale, che hanno pedinato e intercettato telefonicamente per mesi le venti persone indagate. All’indagine hanno preso parte anche il CNAIPIC ed i Compartimenti della PolPost di Roma, Napoli, Perugia ed Ancona.