Un titolo frainteso e un mood altrettanto travisato: Born In The USA di Bruce Springsteen piacque tanto ai patriottici, ma proprio loro venivano contestati nelle 12 tracce del disco.
Il primo fra questi era l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan che addirittura propose di usare la title-track per la sua campagna elettorale. The Boss non voleva questo, perché ciò che proponeva nell’album era una visione positiva dopo la devastante guerra del Vietnam nella quale persero la vita tanti suoi amici.
Brani energici e carichi di protesta furono schiantati sul vinile in quel 4 giugno 1984 che rappresentò per il Boss una virata nello stile e nel messaggio: c’era sì quell’America da sempre raccontata nei suoi brani, ma c’era anche quell’amarezza nel vedere la totale sconfitta morale di un Paese apparentemente all’avanguardia ma tristemente prigioniero di un dominio non pervenuto.
- Audio CD – Audiobook
- 12/31/2002 (Publication Date) - Columbia (Publisher)
Smaltito il pessimismo del disco precedente, Nebraska (1982), Born In The USA di Bruce Springsteen volle farsi raggio di sole e sottolineare quella voglia di dimenticare e andare avanti. Gli Stati Uniti avevano perso la guerra e ancora c’era chi muoveva un patriottismo fallimentare. Le note di Born In The USA, le scale maggiori e il taglio celebrativo della melodia ingannavano: non si poteva parlare di pugni chiusi elevati al cielo per tifare un popolo, perché quel popolo era stato sconfitto ed era tornato dal fronte con tanti morti sulle spalle.
Per questo il Boss commentava: “Penso che la gente abbia bisogno di provare sentimenti positivi nei confronti del proprio Paese”, ma tale bisogno veniva spesso sfruttato e manipolato dai potenti. Mentre Reagan parlava di un’America che si trovava ad un nuovo mattino, in tante regioni e tante città era ancora notte fonda.
Brani energici come Dancing In The Dark, Glory Days e Cover Me erano quella giusta risposta al down totalizzante di un popolo che doveva necessariamente elaborare il proprio lutto.
Oggi Born In The USA di Bruce Springsteen è ancora quel grido feroce di consapevolezza: una zona di comfort per tanti soldati feriti e tanti morti senza voce, ma soprattutto uno stadio dal quale si innalza quella voglia di cambiamento che ancora non arriva.