Killing Eve 3 regala ai fan un finale struggente, ma ora è il momento di avere coraggio

Dopo una serie di inciampi e occasioni mancate, la terza stagione regala a Eve e Villanelle un'intimità intensa e struggente: Sandra Oh e Jodie Comer sono ancora una coppia imbattibile

Villanelle e Eve in Killing Eve 3x08

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Secondo una formula ormai abituale, Killing Eve 3 giunge a conclusione con una resa dei conti dall’enorme potenziale emotivo. L’ultimo episodio della stagione, Are You Leading or Am I?, pone infatti le Villaneve dinanzi alla necessità ormai improrogabile di uno schietto confronto sui rispettivi sentimenti. E a differenza delle prime due stagioni non sono né un coltello nè una pistola a veicolare la forza di un’ossessione reciproca, quanto piuttosto l’onestà e la scelta.

[Attenzione, spoiler!]

Inspiegabilmente costrette su binari paralleli per la stragrande maggioranza del tempo, Eve e Villanelle riconquistano nel finale una vicinanza che è allo stesso tempo una boccata d’aria fresca e una fitta di disappunto. Da un lato il loro ritrovarsi restituisce a Killing Eve 3 la forza della sua dinamica centrale, alimentata da contorti, tormentosi sentimenti e da una chimica straordinaria fra Sandra Oh e Jodie Comer. Dall’altro espone la debolezza della serie nei momenti in cui cede la scena a personaggi secondari e sottotrame inconcludenti.

Killing Eve non ha mai mostrato un particolare interesse verso le convenzioni delle spy story. I famigerati Twelve, come anche i loschi figuri che regolarmente gli sceneggiatori mettono sulla strada delle protagoniste perché ne complichino le vite, non sono mai stati tratteggiati con precisione, né è mai parso che da loro dovessero dipendere le sorti della serie. Delude un po’, quindi, ma non stupisce davvero che anche in Killing Eve 3 la spietata (?) organizzazione dimentichi o perda pezzi al culmine di storyline di dubbia rilevanza – Paul, Rhian, forse anche Hélène?

Spiace però che ciascuno di essi abbia rubato tempo e spazio alle antieroine centrali della storia, in questa stagione sgomitate persino dai personaggi nati per fare da spalla. Carolyn, in particolare, diventa una presenza sempre più ingombrante nella stagione. La sua traiettoria emotiva in Killing Eve 3 racconta di un dolore intenso e irreparabile, vissuto con un contegno sempre più slegato dalla freddezza tipica della donna.

Fiona Shaw è un’interprete eccezionale, e pur dalla rigidità della sua Carolyn sa far emergere la sofferenza per la perdita del figlio Kenny. Lo spazio che Carolyn conquista in Killing Eve 3 non sembra però giustificato dalle azioni compiute per arrivare al fondo di questa vicenda. La donna è dilaniata dal dolore, ma la volontà di scoprire chi sia responsabile della morte di Kenny si annulla in atteggiamenti fiacchi e sfibrati.

È solo nel finale di stagione che Carolyn ha l’opportunità di vendicarsi di chi in fondo è convita abbia ucciso il ragazzo, e colpisce che i suoi residui sentimenti per Konstantin le impediscano di premere il grilletto e la spingano invece a colpire Paul, l’unico uomo potenzialmente utile nella caccia ai Twelve.

In Killing Eve 3 anche Konstantin guadagna spazio e rilevanza, ma pur continuando a navigare la vita con ambiguità e scaltrezza si vede scivolare nel terrore cieco di morire. I suoi piani di fuga sono messi a repentaglio più volte, prima dall’arresto della figlia Irina, poi da un infarto quasi fatale, come fatale pare inizialmente l’incontro con Carolyn, dal quale esce invece miracolosamente vivo e pronto a proseguire come se nulla fosse.

Il suo implorare di essere risparmiato – e persino il lamentoso rivolgersi a Villanelle perché intervenga in suo favore – è l’ennesima dimostrazione di come Konstantin non punti ad altro che a sopravvivere, archiviando le emozioni nel momento stesso in cui smettono di essere necessarie. Il faccia a faccia tra Fiona Shaw e Kim Bodnia nel finale di Killing Eve 3 è in quest’ottica uno dei momenti emotivamente più riusciti della stagione.

Ma messa da parte la razionalità, il finale di Killing Eve 3 è anche e soprattutto la straripante forza del sentimento fra Eve e Villanelle, finalmente riconosciuto, metabolizzato, persino assaporato. L’intimità goffa del primo ballo sancisce il reciproco accettarsi delle protagoniste, ansiose di una normalità condivisa impossibile e che pure non possono fare a meno di immaginare e desiderare. Nel finale di stagione più che mai entrambe realizzano di non essere comprese che una dall’altra, di non essere complete che una con l’altra, di non sentirsi vive che insieme.

La scena conclusiva non ha nulla della violenza grandiosa dei precedenti finali di stagione, ma raggiunge nuove vette di intensità nella capacità delle due donne di levare ogni maschera e scavarsi dentro. Eve non ha più nostalgia di un marito, una casa, un pollo. Sa che il suo mostro è incoraggiato dal mostro di Villanelle, e di volere che sia così. Vuole la libertà, ma non essere libera da Villanelle.

Quest’ultima, invece, sembra voler dimostrare che il cambiamento è possibile. Eve non è più sua, e può avere una semplice via d’uscita: le basta allontanarsi e non voltarsi mai indietro. È un dono, ma anche un test. E nel vedere che è proprio Eve la prima a girarsi scopre di esser stata scelta per la prima volta. Non c’è più alcun nascondiglio, alcun sotterfugio. Eve e Villanelle colgono una nello sguardo dell’altra l’inevitabilità di un legame che devono finalmente accettare. E nelle lacrime di Eve c’è la promessa di ciò che dev’essere, e cui pare disperatamente bisognosa di aggrapparsi.

La speranza è che la quarta stagione faccia tesoro di questo splendido momento e porti le Villaneve sulla strada cui sono destinate. Un destino grandioso, con tutta probabilità anche tragico, ma da vivere con la pienezza e l’intensità che questa irripetibile dinamica merita, e di cui la serie ha bisogno per non finire in un circolo vizioso di opportunità perdute.

Killing Eve non è più la serie concepita e sviluppata da Phoebe Waller-Bridge, e in più occasioni è sembrata intimorirsi del suo stesso potenziale, evitando mosse radicali forse nel tentativo di prolungare la sua stessa vita. Ma è difficile immaginare che la serie possa proseguire oltre la quarta stagione senza incappare in ripetizioni e autosabotaggi.

Meglio lasciarsi alla grande, allora, giocandosi il tutto per tutto e puntando equamente su Eve e Villanelle, Sandra Oh e Jodie Comer, due fuoriclasse cui Killing Eve 3 ha riservato un trattamento inadeguato. Derubata del suo tempo e della sua rilevanza, Sandra Oh merita di tornare al centro della storia, e la sua Eve di poter esplorare una discesa negli inferi dell’oscurità personale. Jodie Comer, dal canto suo, merita di poter continuare a regalare al pubblico un personaggio straordinariamente accattivante e sfaccettato, reso con una maestria eccezionale in questa stagione più che mai, e destinato a regalarle una fama e riconoscimenti ancora più prestigiosi.

Tutti gli episodi di Killing Eve sono disponibili on demand su TIMVision.