La notizia che Parasite di Bong Joon-ho sarà in prima tv giovedì 7 alle 21.15 su Sky Cinema Due (e alle 21.45 su Sky Cinema, poi on demand su Sky e in streaming su Now Tv, mentre il 20 maggio escono dvd e blu-ray), quasi ci risveglia dal torpore. Facendoci improvvisamente realizzare quanto lontano ci sembri adesso il 9 febbraio, quella notte degli Oscar in cui, come tutti hanno scritto, noi compresi, il film sudcoreano “ha fatto la storia”, vincendo quattro statuette tra cui una rivoluzionaria per il miglior film.
Nulla sarà più come prima, si disse all’epoca. Tutti però si riferivano al cinema, alle strategie produttive di un’industria che sin dal suo cuore pulsante di Hollywood stava dimostrando di aver inteso la lezione sul nuovo immaginario globalizzato, cui far seguire nuovi modi di fare i film. Allora non si pensava che quel “nulla sarà più…”, avrebbe assunto, in pochissimo tempo, un significato molto più vasto. Che riguarda non solo qualunque settore produttivo, compreso il mondo dello spettacolo affannosamente alla ricerca di soluzioni per capire come girare, distribuire e proiettare film nell’era del Coronavirus, bensì la vita quotidiana di ognuno di noi.
D’altronde sarà il caso di abituarsi, perché da oggi e per un bel po’ questo sarà l’effetto che ci farà qualunque avvenimento accaduto “prima” del Codiv-19, destinato a diventare un evento spartiacque epocale, a partire dal quale scandire il tempo. E anche una lente attraverso cui interpretare i fatti e il significato delle opere artistiche. È innegabile infatti che lo stesso Parasite, adesso, si è portati a rileggerlo in una chiave, almeno in parte, diversa.
Ricordiamo velocemente la storia. C’è una famiglia composta da quattro poveracci che campano di stratagemmi, i Ki-taek. Sono padre madre e due figli e vivono in uno squallido seminterrato. Svegli e intelligenti, riescono a uno a uno a entrare nelle grazie di una coppia altoborghese, i Park. Di cui diventando rispettivamente l’autista, la cuoca, l’insegnante d’inglese, senza far nemmeno trasparire la parentela. Ovviamente vivere in una magnifica casa di buon gusto minimalista con giardino e ogni comfort è tutta un’altra cosa. E i Park, sebbene con le eccentricità e i gusti esigenti che possono permettersi i ricchi, sono anche gentili e non (troppo) classisti. Ma naturalmente le differenze pesano e i nodi perciò giungeranno al pettine. Anche perché si scoprirà che nella casa c’è anche qualche altra, imprevista presenza.
Parasite è, come è stato ampiamente rilevato, un film sulla lotta di classe, sui conflitti legati alle disparità sociali che, anche quando si ammantano di buone maniere, restano tali. Anche a una seconda visione il film conferma il suo nucleo tematico. E lascia ancora stupefatto lo stile visivo matematico, supportato da una scrittura di intelligente equilibrio tragicomico. Che ricorda la commedia amara all’italiana o le commedie sofisticate americane anni Trenta, che raccontavano i paradossi comici, ma al fondo seri, dell’incontro/scontro tra ricchi e poveri. Però oggi risalta più netto l’elemento bunueliano del film, sul modello de L’Angelo Sterminatore del maestro spagnolo, ossia il fatto che, praticamente, tutto il racconto si svolge dentro quattro (in questo caso confortevoli) mura.
Il perimetro dell’appartamento diventa tutto il mondo. E comportamenti, emozioni e sentimenti risentono pesantemente del luogo raccolto che accoglie, ma anche costringe, i personaggi. Oltretutto Bong Jooh-ho connota tematicamente le due dimensioni spaziali, quella orizzontale in cui si sviluppano le schermaglie tra i protagonisti, e quella verticale, che mette più chiaramente in luce i fattori gerarchici e di classe sottesi alle relazioni.
La casa in Parasite è un personaggio in più – il più originale di tutti –, un universo drammaturgico, una realtà completamente autosufficiente. Vedendolo oggi, è inevitabile per noi spettatori proiettare sul film, in questo senso involontariamente profetico, ansie e inquietudini vissute da chiunque in questi ultimi due mesi in cui la vita di ognuno si è in gran parte svolta in casa. Nell’augurio, però, che tutto ciò ormai appartenga al passato, e che la profezia di Parasite non rischi di trasformarsi in un racconto che anticipa i modelli di vita del prossimo futuro. E va detto, comunque, che l’effetto Coronavirus fa sembrare il film, se possibile, ancora più bello e acuto.