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Quando La Moglie È In Vacanza, la commedia corrosiva di Billy Wilder con Marilyn Monroe

Su Paramount Channel alle 21.10 c’è il celebre film di Wilder, una farsa scoppiettante sulle frustrazioni sessuali del maschio americano. E a guardarlo attentamente, ci si rende conto che anticipa, in chiave comica, i temi del capolavoro "L’Appartamento"

di Stefano Fedele
02/05/2020
INTERAZIONI: 177

INTERAZIONI: 177

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Quando La Moglie È In Vacanza

Esagera Billy Wilder quando dice che Quando La Moglie È In Vacanza è un’occasione mancata. Il film non gli piaceva, per più di una ragione. Prima di tutto il regista, che di solito lavorava con la Paramount, non era contento di essere stato prestato alla Fox. E digerì a malincuore la scelta del protagonista: per andare sul sicuro i produttori gli imposero Tom Ewell, che aveva interpretato a Broadway la pièce da cui fu tratto il film (di George Axelrod, che collaborò alla sceneggiatura).

Wilder aveva un’altra idea: aveva fatto un provino a “un ragazzotto di belle speranze – sono parole sue, nel libro intervista con Cameron Crowe – che si rivelò assolutamente fantastico, di una forza mai vista. E sai chi era? Walther Matthau!”. Quel provino ancora esiste: e resta l’amaro in bocca, considerando che commediante era Matthau e cosa fece poi con Wilder (Non Per Soldi Ma Per Denaro, Prima Pagina, Buddy Buddy).

Il provino di Walter Matthau per Quando La Moglie È In Vacanza

Il rammarico maggiore però è un altro: “Come se non bastasse non mi consentirono di girare una scena a cui tenevo molto e che richiedeva solo una semplice forcina per capelli: nel secondo tempo, verso la fine, la donna delle pulizie doveva trovare una forcina nel letto di Tom Ewell, rivelando che tra i due era successo qualcosa”. Il codice Hays, ancora attivo all’epoca, siamo nel 1955, rendeva impossibile esplicitare l’adulterio, più che mai in una commedia farsesca. Eppure questo dettaglio permette di capire il taglio che diede Wilder al racconto.

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La storia di Quando La Moglie È in Vacanza, ricordiamolo, è quella di Richard Sherman, uomo di mezza età che dirige una casa editrice di tascabili da due soldi. Moglie e figlio sono partiti per le vacanze, lui resta in città in piena estate a lavorare. Il programma è da monaco, niente fumo, niente alcol e cibo vegetariano. Però, come qualunque marito represso sposato da troppo tempo (il titolo originale del film è “Il Prurito Del Settimo Anno”), sente il richiamo della libertà e dell’avventura e i suoi buoni propositi si sciolgono come neve al sole quando scopre che nel suo palazzetto è venuta ad abitare nientemeno che Marilyn Monroe. Come resistere al richiamo della natura?

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Il tema di Quando La Moglie È in Vacanza, quindi è il desiderio. Ma poiché i limiti inaggirabili del buon gusto dell’epoca rendono impossibile mettere in scena l’avventura allora Wilder trasforma il film in un trattato sull’impotenza. Non solo del povero Sherman. In un buffo prologo “antropologico” Wilder mostra come, da che mondo e mondo, gli uomini si comportino sempre alla stessa maniera. Persino gli indiani d’America mandavano la famiglia in vacanza per correre dietro alla prima squaw. E la presenza tra i personaggi di uno psicoanalista di cui Sherman sta valutando un manoscritto che parla dell’inconscio e del desiderio, dà al film il sapore di un farsesco trattatello scientifico sulla repressione del maschio occidentale, sulla – come ha scritto Goffredo Fofi – “distruzione dell’americano medio infrollito dalla società di massa, incapace di afferrare la vita anche quando si presenta nei panni e nelle carni di una disponibile Marilyn Monroe”.

Quando La Moglie È In Vacanza
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Sherman è attratto dalla donna, ma il peso delle convenzioni sociali, con un sovrappiù di timidezza, lo frenano dal lanciarsi alla conquista. I suoi goffi e indecisi tentativi di seduzione sono sottolineati da Wilder con continui spostamenti simbolici che alludono a quello che non si può mostrare. L’adulterio non viene consumato: però vediamo il tic del pollice di Sherman che scatta meccanicamente, il collo bloccarsi ogni volta che segue con lo sguardo la donna, il suo dito incastrarsi nella bottiglia di champagne che beve con la Monroe, a suggerire pulsioni inequivocabili.

Nell’appartamento di Sherman poi c’è una scala che non conduce da nessuna parte, troncata dal soffitto, perché il secondo piano è stato diviso per ottenere un’altra abitazione. Quella in cui è la Monroe, la quale schioda le assi e ricrea il collegamento tra le case, rimettendo metaforicamente in connessione conscio e inconscio e chiarendo al povero Sherman cosa vuole davvero.

Il divieto però è inaggirabile. Al protagonista non resta che lasciarsi andare alla sua fantasia. Neanche quella però è libera, bensì modellata su di un immaginario prevedibile e tutt’altro che personale. “Tu leggi troppi libri e troppi film”, lo ammonisce la moglie, che aggiunge: “Adesso hai cominciato a fantasticare in cinemascope e con suono stereofonico”. Infatti infila sogni a occhi aperti che mescolano melodrammi come Da Qui All’Eternità, delicati film intimisti come Breve Incontro – da cui viene la sinfonia di Rachmaninov – o b movie come Il Mostro Della Laguna Nera.

La celebre scena della metropolitana

Proprio il mostro dovrebbe suggerire qualcosa a Sherman. Perché quando escono dal cinema – e prima della scena iconica della gonna che si solleva per lo sbuffo d’aria che proviene dalla grata della metropolitana – Marilyn gli dice che prova pena per il mostro e ne apprezza i sentimenti delicati. Che è non solo un chiaro invito, ma anche una delle occasioni in cui si manifesta quel tema wilderiano che un critico definì della “rivincita dei brutti”. Come il Bogart ridicolo in bombetta che in Sabrina ha la meglio nel cuore di Audrey Hepburn sull’aitante William Holden; o il musicista da strapazzo Ray Walston che in Baciami Stupido Kim Novak preferisce al fatuo Dean Martin.

In Quando La Moglie È In Vacanza ritornano diversi motivi del cinema di Wilder. In fondo cos’è L’Appartamento se non la versione seria di questa commedia farsesca? Sono entrambi racconti da camera, con il ritorno di situazioni ripetute alla lettera: la bottiglia di champagne, il giradischi come strumento di seduzione, la visita inopportuna di un estraneo che becca l’uomo e la donna insieme. Persino la forcina per capelli che non poté infilare in Quando La Moglie È In Vacanza Wilder, cinque anni dopo, la mise nel capolavoro con Jack Lemmon e Shirley MacLaine. E l’adulterio censurato nel 1955 divenne realtà nel 1964, in Baciami Stupido. A dimostrazione del fatto che i grandi maestri non buttano mai via una grande idea.

Tags: Billy WilderMarilyn Monroe
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