Il coro: una forma d’arte straordinariamente potente e interessante

Non è soltanto una formidabile “macchina musicale”, ma è una forma espressiva vitale per le comunità e i gruppi sociali di ogni epoca


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L’industria dello spettacolo, il mondo discografico e il sistema dei talent show sono continuamente alla ricerca del cantante “personaggio”, l’artista che può emergere con i suoi tratti caratteristici e, per così dire, “uscire dal coro”. Il pubblico si affeziona alle qualità individuali, allo stile e all’aspetto fisico di quel particolare interprete, e lo “star system” riesce addirittura a trasformare un bravo cantante in un mito dei nostri tempi.
Rispetto a questo business, a questo battage promozionale centrato sull’individuo, la tradizione musicale dei cori sembra destinata, nella percezione del pubblico, ad un ruolo di secondo piano.

Che sia dedicato alle funzioni liturgiche o all’opera lirica, che sia l’emblema di un corpo militare o l’ensemble di un repertorio di gospel, il gruppo dei coristi sembra essere, per molte persone, un fenomeno ancorato alla tradizione, un retaggio del passato, o tutt’al più un trampolino di lancio per talenti vocali capaci poi di emergere come solisti. In effetti non è così. Chiunque operi nel mondo musicale con la giusta attenzione sa che la musica corale è una forma d’arte straordinariamente potente e interessante. Non c’è un cantante, un autore, uno strumentista o un arrangiatore che non rimanga incantato dinnanzi ad un coro, e non è strano – ad esempio – che un raffinato maestro di canto come Luca Pitteri, pur avendo formato generazioni di cantanti pop e giovani talenti televisivi, abbia nello stesso tempo coltivato con passione l’attività corale anche attraverso il suo Venice Gospel Ensemble. In effetti il coro non è soltanto una formidabile “macchina musicale”, ma è una forma espressiva vitale per le comunità e i gruppi sociali di ogni epoca.

Nella tradizione cattolica, in quella protestante e in quella ebraica il coro ha un ruolo insostituibile perché esprime il sentimento religioso dell’intera comunità dei fedeli. Per quanto maestoso possa essere il suono di un organo, per quanto possa essere sopraffina la voce di un solista, il coro liturgico avrà sempre un’importanza maggiore proprio sotto il profilo teologico. Nello stesso tempo non sarebbe concepibile un inno nazionale che non potesse essere cantato in coro dai compatrioti, o un inno politico o qualsiasi altro canto che afferma un’identità di gruppo – compresi quelli delle squadre di calcio – che non prevedesse il coinvolgimento di tutti gli aderenti. Cantare insieme crea la comunità, ne accresce la forza e il prestigio sociale. In epoca illuminista la formazione di gruppi corali borghesi ebbe la funzione di costruire una società laica, e agli inizi dell’Ottocento Karl Friedrich Zelter fondo’ a Berlino un circolo di coristi che sarebbe diventato un simbolo della resistenza nazionale di fronte alla conquista napoleonica. Nello stesso periodo Hans Georg Nagli creava circoli di cantanti in Svizzera allo scopo di superare la dimensione domestica della musica e farne un’espressione dello spirito nazionale, così come sarebbe accaduto anche in Russia e Francia. Nei suoi saggi storici George Mosse racconta come già dalle seconda metà dell’Ottocento si fossero formati in Germania cori di ogni categoria professionale, fra cui spiccavano quelli degli insegnanti e dei fornai, oltre che degli operai socialisti. Insomma, quella corale non è semplicemente una forma di musica, ma è molto di più, è un’espressione della vita sociale e comunitaria, un mezzo antico e formidabile per costruire e trasmettere valori comuni. Vista in quest’ottica, una “voce nel coro” può risultare persino più interessante di una voce “fuori”.