È una delle serie tv del momento. In otto episodi, Califfato su Netflix racconta un esclation di tensioni e violenze che precedono un attacco terroristico in Svezia. Alla base della storia, dove protagoniste assolute sono alcune donne che sembrano non avere nulla in comune, c’è il fondamentalismo religioso e come esso riesca a plagiare e distruggere la vita delle persone. La serie è ambientata nel 2015, quando il proclamato stato islamico, l’ISIS, era in piena espansione nei territori siriani.
Trattando una tematica attualissima, cosa c’è di vero in Califfato su Netflix? Wilhelm Behrman, co-creatore della serie con Nikolas Rockström, ha parlato con Variety della genesi del suo progetto. Tutto è cominciato con uno scatto diffuso dalla stampa internazionale, che mostrava tre ragazze inglesi in fuga dalle loro famiglie per unirsi all’ISIS. “Ero così sconvolto”, racconta Behrman, “Forse perché ho una figlia che la stessa età. Ho capito che dovevo scrivere qualcosa. E Niklas era d’accordo con me, così creammo Califfato.”
Tra le protagoniste della serie c’è anche Sulle, un’adolescente cresciuta in una famiglia amorevole e benestante, che non crede in pieno nel sistema scolastico. La giovane pensa di non avere un futuro in Svezia solo perché è musulmana e dovunque andrà, verrà giudicata per il colore della sua pelle. La sua crisi viene incrementata dall’arrivo di uno straniero che lentamente si insinua nella sua vita, iniziandola lentamente al fondamentalismo religioso. La radicalizzazione è un processo lento, come spiega Behrman, che ammette di essersi ispirato leggendo e guardando molti documentari su come i giovani vengano sedotti dalla propaganda islamica.
Volevamo che il pubblico venisse attratto dalla storia iniziando dalla classica trama terroristica, e poi lasciare che il dramma sulle ragazze diventasse la parte dominante. In questo modo, gli spettatori vengono coinvolti in maniera più emozionante. Se avessi lasciato che la storia di radicalizzazione fin dal primo episodio, forse gran parte del pubblico avrebbe perso interesse.
L’ambientazione nell’anno 2015 è un fattore cruciale alla storia di Califfato su Netflix:
L’Europa del Nord stava affrontando un’enorme crisi di rifugiati e, allo stesso tempo, parecchie centinaia di cittadini si erano uniti all’Isis. Inoltre, il terrorismo era diventato una pericolosa realtà, tra attacchi in Svezia, Norvegia e Danimarca. E ora, anni dopo, vediamo questo risultato sotto forma di serie tv. Non credo che questo sarà l’inizio di una nuova ondata di thriller politici o sociali. Il pubblico li considera noiosi.
Dopo otto intensi episodi, la storia di Califfato potrebbe proseguire con una seconda stagione? Wilhelm Behrman non è dello stesso parere, come dichiara in un’altra intervista al Nordisk Film and TV Fond: “Non lo so. Abbiamo uno o due progetti su cui stiamo lavorando. È molto più divertente scrivere cose nuove invece che una seconda stagione.”
Il co-creatore sta sviluppando una storia a metà tra il dramma e la murder history, e una miniserie basata su un fatto di cronaca realmente accaduto in Svezia. A quanto pare, Behrman e il suo collaboratore Rockström hanno ben altro in programma e al momento una seconda stagione di Califfato è da escludersi.