A Napoli c’è una casa di produzione, la Mad Entertainment, protagonista in un settore, quello dell’animazione, che non è certo uno dei punti di forza dell’industria cinematografica italiana. L’Arte Della Felicità fu il primo lungometraggio nel 2013, firmato da Alessandro Rak, una storia tra introspezione, napoletanitudine e spiritualità che ottenne a sorpresa lo European Film Award, l’Oscar continentale come miglior cartone animato. Gatta Cenerentola (2017), poi, ispirato alla favola seicentesca di Giambattista Basile contenuta ne Lo Cunto De Li Cunti, firmata ancora da Rak insieme a Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, con la partecipazione in coproduzione di Rai Cinema, ottenne sette nomination ai David di Donatello, primo lungometraggio d’animazione della storia del premio candidato al miglior film, con la vittoria di due statuette, per gli effetti speciali e, assai significativa, quella per la miglior produzione.
Oggi la factory partenopea, sempre con la regia di Rak, sta lavorando a The Walking Liberty, probabile uscita nel 2021: una storia dal sapore distopico, due ragazzi che si aggirano in una giungla post apocalittica, col mistero legato all’interrogativo circa l’identità della città i cui resti s’annidano sotto l’intricata foresta. Tre film d’animazione in meno di dieci anni, sfornati da un team di creativi il cui numero esiguo impallidisce di fronte alle legioni di centinaia di professionisti che usualmente lavorano ai prodotti d’oltreoceano. Ma oltreoceano gettano uno sguardo incuriosito verso quello che succede a Napoli. Prova ne fu una lusinghiera recensione di Variety a quello che lì si è chiamato Cinderella The Cat. Mentre l’anteprima assoluta sui lavori in corso di The Walking Liberty non è stata appannaggio di una testata italiana, ma l’ha raccontata Nick Vivarelli, ancora una volta su Variety, segno di un’attenzione crescente, e assolutamente meritata.
Il punto di svolta per Mad è stato certamente Gatta Cenerentola, che stasera verrà trasmesso su Rai 4 alle ore 20, una visione che consigliamo caldamente. Cappiello, Guarnieri, Rak e Sansone imbastiscono una Gatta Cenerentola che mantiene legami solidi col la fiaba di Basile, passata anche attraverso la celebre rilettura teatrale di Roberto De Simone. Ma l’impalcatura di base viene trasfigurata nelle misure di un racconto noir decisamente duro – non è un cartone animato per bambini – che incrocia la vicenda dell’orfana con una storia di malavita dai riflessi fantascientifici. E a dar vita ai personaggi, con caratterizzazioni estremamente efficaci, sono le voci di Massimiliano Gallo, Alessandro Gassmann e Maria Pia Calzone.
- Attributi: DVD, Anime / Cartoons
- Gallo,Calzone,Gassman A. (Actor)
La Gatta è Mia, la figlia di un uomo visionario, Vittorio Basile (voce di Mariano Rigillo), scienziato e mecenate, che vuole trasformare il porto di Napoli in un avveniristico polo tecnologico attraverso il quale segnare il riscatto della città. Purtroppo s’è innamorato della donna sbagliata, Angelica (Calzone), che lo sposa solo per entrare legalmente in possesso dei beni dell’armatore. Appena celebrate le nozze, Basile viene ucciso da Salvatore Lo Giusto detto ’O Re (Gallo), camorrista e amante di Angelica. Nulla può la fedelissima guardia del corpo di Basile, Primo Gemito (Gassmann), costretto a lasciare la bambina nelle grinfie della donna, che ne diventa tutrice. E che la tratta come una serva, preferendole le sue cinque figlie naturali, attendendo che la ragazza compia 18 anni per costringerla a cedere l’usufrutto del patrimonio al criminale, che vuole intensificare il suo fiorente commercio della droga.
La storia poi compie un salto fino al momento in cui Mia, che per il trauma non parla più, sta per diventare maggiorenne. Ma c’è qualcuno che veglia su di lei e cercherà di spezzare le oscure trame di Lo Giusto, ovviamente Gemito, diventato un poliziotto roso dai sensi di colpa e fedele al giuramento fatto a sé stesso di salvare la ragazza. Sull’impianto favolistico il quartetto di registi e sceneggiatori ha costruito un racconto visivamente e metaforicamente intrigante. L’animazione combina effetti in 2d e 3d creando un immaginario steampunk, in una Napoli, vista attraverso la nave Megaride in cui svolge la vicenda e trasformata in un bordello dai criminali, in cui si mescolano le temporalità, tra primo Novecento e squarci futuristici.
Sull’imbarcazione appaiono continuamente quelli che sembrano degli spettri, degli ologrammi frutto di un’avveniristica invenzione di Basile, legati a immagini reali che la nave registra, rielabora e riproduce in totale autonomia. Queste figure vagano tra stanze e corridoi. Può capitare d’imbattersi nell’ectoplasma dello stesso Basile, ed è difficile capire se si tratti dell’ombra di un ricordo sbiadito o di un essere con una sua vita fantasmatica autonoma.
Il film reinventa liberamente la storia di partenza. Ne mantiene elementi simbolici essenziali: la scarpina, la cattiveria di matrigna e sorellastre nei confronti di Mia. E altri ne aggiunge: la nave, un merlo canterino che fa pensare all’uccellino di due canzoni napoletane, Lo cardillo e Reginella di Libero Bovio, gli ologrammi che appaiono e scompaiono capricciosamente, come fossero improvvisi lampi di ricordi che interagiscono col presente e lo condizionano – per una città come Napoli che vive in maniera esasperante il peso della tradizione e di passati che non passano, l’allegoria non potrebbe essere più lampante.
Fondamentale l’apporto degli attori. Massimiliano Gallo è un villain volutamente sopra le righe, con una tastiera espressiva istrionica e amplissima. Gli fa da contraltare un Gassmann cupo e malinconico, mosso da un romanticismo timido e quasi fragile. Mentre Maria Pia Calzone ritrae Angelica restituendone la durezza e l’amarezza consapevole di chi sa di aver scelto la strada sbagliata.
Soprattutto, Gatta Cenerentola piega il genere criminale a una riflessione su Napoli severa e per nulla conciliata, con squarci di violenza pulp e una presenza di canzoni, dai classici della tradizione fino a sonorità contemporanee, dagli accenti fortemente critici – come la Napule dei Virtuosi di san Martino, reinterpretata da Massimiliano Gallo. Resta, alla fine, un senso doloroso di ineluttabilità in cui affoga qualunque speranza d’una città sempre in potenza e mai in atto.