Con i 75 anni di Franco Battiato ci ritroviamo a fare i conti su un genetliaco che riguarda un po’ tutti. Cantautore siciliano, va bene, compositore eccentrico, ci sta, ma quando l’uomo di Ionia coniuga le due cose non scade in banali combinazioni tra suoni e parole.
Non lo ha mai fatto. Franco Battiato è un patrimonio di cui ogni sasso dell’Italia è fiero, e nel suo percorso è stato camaleontico, impegnato, sincero e beffardo, ma anche d’un romanticismo ancestrale grazie all’impiego dei punti più alti della poesia e della letteratura mondiali. Niente è scontato, e quando parliamo di lui scomodiamo tantissimi vertici dell’arte umana che rendono impossibile celebrarlo in un articolo, anche se dovessimo impiegare milioni di parole.
Chi scrive l’articolo, oggi, non vive di Battiato ma ne ha più volte respirato le vibrazioni tanto da rimanerne sconvolto: in più occasioni il cantautore ha dimostrato di essere troppo alieno a questa Terra, un po’ come quel David Bowie che appunto aveva con lo spazio un rapporto di morbosità reciproca.
Chi lo definisce immenso non esagera, lo descrive soltanto. Lui stesso sembra riconoscersi come un messaggero di mondi lontani, tanto da intitolare l’ultima opera Torneremo Ancora quasi in risposta a quel: “Non torneremo più” che Francesco De Gregori intonava nella meravigliosa La Donna Cannone, e quasi per dirci che non ci libereremo mai di lui.
Abbiamo tutti sentito una stretta alla gola quando l’amico e collaboratore Roberto Ferri, in un’intervista-sfogo rilasciata a Fanpage nell’ottobre 2019, ha dichiarato: “Cercano di tenere in vita qualcosa che è già morto”. Parole dure che arrivavano dopo la corsa di notizie sullo stato di salute di Franco Battiato, ma che si erano rivelate tristemente fondamentali per annichilire ogni falsa speranza e guardare, per una volta, una realtà materiale sullo stato di cose del cantautore.
Dopo decadi di viaggi astrali, sogni ad occhi aperti, bellezza controcorrente e gentilezza ermeneutica, nelle parole di Roberto Ferri abbiamo trovato il brusco risveglio dopo un bellissimo sogno.
I 75 anni di Franco Battiato sono per lui un arido numero, forse, ma per noi l’occasione per riepilogare ciò che è stato. Rivoluzionario senza sommosse, eversivo senza bottiglie molotov e disobbediente senza slogan, Franco Battiato è – e sarà sempre – il Maestro della bellezza in musica.
Quandi uscì Giubbe Rosse il Maestro si trovava alla prima esperienza di disco dal vivo. In quelle tracce Battiato disegnò la sommatoria dell’esperienza del Fisiognomica Tour con un particolare focus sulla parte invernale delle date. Durante il tour il Maestro aveva toccato i principali teatri d’Italia, Spagna e Francia. Fisiognomica, del resto, era l’album di E Ti Vengo A Cercare che degnamente trovò spazio per una cover del Consorzio Suonatori Indipendenti di Giovanni Lindo Ferretti nel disco Linea Gotica (1996).
Era il 1989 e con Giubbe Rosse Franco Battiato aveva già scritto, suonato e cantato il meglio di sé. Aveva fatto all’amore con sintetizzatori e sperimentazione a partire da Fetus (1972) e Pollution (1972) e aveva mostrato la sua faccia più pop ne L’Era Del Cinghiale Bianco (1979) trasformandosi – per così dire – in quella voce ascetica fuori dal coro rispetto alla corrente alternata del panorama musicale italiano.
Ancora oggi, in un 2020 in cui tutto sembra già detto e scritto, c’è chi passa notti insonni a tentare di captare le peculiarità della sua opera. Non a caso i Bluvertigo nel brano L’Assenzio (Sanremo 2001) inserirono il modo infinito: “Capire Battiato” come una consapevolezza di quanto fallace sia l’esegesi adoperata sul Maestro.
Giubbe Rosse dava il titolo alla title-track che si apriva con quel pianoforte compresso e riverberato per poi ospitare un beat tipicamente anni ’80 o meglio, tipicamente nel linguaggio sonoro del Battiato degli anni ’80. Il Maestro e il suo amore per pad e sintetizzatori erano cosa nota, ma era nota anche la sua capacità di cambiare registro nel bel mezzo di un brano.
Ecco, infatti, che sul finire della prima traccia tutto accelerava (o meglio, raddoppiava) per poi chiudersi in maniera sontuosa tra archi, synth e 6/8. Maestoso e audace come Stravinskij.
Non potevano mancare Alexander Platz e Lettera Al Governatore Della Libia (con la partecipazione di un’ispiratissima quanto eterea Giuni Russo), titoli che sono localizzazioni e schianti di storia. Ma a cosa dovevamo il risultato eccellente dell’audio di un live, la cui buona riuscita non è mai scontata?
Il merito era dello Studio Mobile Fonoprint, eccellenza nel mondo delle registrazioni dal vivo, e ciò che arriva dalle casse dei nostri dispositivi conferma questa nomea. Della voce del Maestro avvertiamo ogni consonante e ogni respiro e degli strumentisti possiamo quasi vedere le falangi o e possiamo cogliere ogni dinamica, come accade in Un’Altra Vita e Voglio Vederti Danzare. C’era, poi, l’Orchestra Internazionale d’Italia del maestro Giusto Pio.
La voce del Maestro era in pieno vigore e forza, come notiamo in Mesopotamia, ma anche profonda e poetica come accade in Oceano Di Silenzio e in Summer On A Solitary Beach.
Non potevano mancare le scelte dei brani più radiofonici e apprezzati dal mainstream come Cuccurucucù, Centro Di Gravità Permanente e, ovviamente, L’Era Del Cinghiale Bianco, ma nell’edizione del trentennale di Giubbe Rosse possiamo trovare di più.
Dobbiamo ricordare, però, che la curiosità dell’edizione originale del primo live di Franco Battiato il suo nome non compariva sulla copertina. Sul fronte, infatti, compariva la scritta: “La EMI italiana è abbastanza lieta di presentare il primo album dal vivo del cantautore siciliano“, ma quando lo si acquistava in negozio il nome del Maestro compariva su un adesivo applicato sul cellophane della confezione.
La versione celebrativa di Giubbe Rosse è stata stampata su doppio vinile – con entrambi i dischi colorati di rosso – dalla Universal Music Italia ed è stata pubblicata in edizione digitale con 3 tracce bonus in lingua spagnola. Troviamo, infatti, Casaca Roja registrata sempre in studio e versioni live di Alexander Platz e Carta Al Gobernador De Libia.
Restituire a noi stessi l’opera prima dal vivo Giubbe Rosse è uno dei regali del Maestro: l’edizione celebrativa è uscita il 20 marzo, pochi giorni prima dei 75 anni di Franco Battiato e tanti anni dopo uno dei capitoli più importanti della carriera del nostro Maestro.