Una poesia di Irene Vella con la musica di Alessandro Quarta per vincere la paura da Coronavirus

Mi sono imbattuto in una splendida poesia che è diventata virale in tre direzioni diverse (Italia, USA e ‘800). Tanto profonda che ho sentito la necessità di recitarla


INTERAZIONI: 2007

Mi sono imbattuto in una splendida poesia, scritta da Irene Vella per vincere la paura del covid19, che è diventata virale in tre direzioni diverse (Italia, USA e ‘800), tanto che ho sentito la necessità di recitarla. Poi ho mandato il video allo strepitoso violinista Alessandro Quarta chiedendogli di suonare un tappeto musicale. Il risultato di questo mashup è nel video qui pubblicato.

Irene Vella è una giornalista che ha una vita molto particolare. Ha donato un suo rene al marito, e da qui la paura che lui prenda il virus. Alla rivista DiLei ha raccontato com’è nata la poesia:

“Ero nella mia cucina, seduta sullo sgabello, avevo appena finito di fare il giro nel giardino per controllare la fioritura degli alberi. Mi ero emozionata, c’era un sole pazzesco e i colori del cielo sembravano dipinti, ho iniziato a fotografare i boccioli della magnolia, le palline della mimosa e a cercare sul susino le gemme bianche. In una frazione di secondo mi sono dimenticata le quasi tre settimane di quarantena volontaria, visto che mio marito è immunodepresso, e la mente ha iniziato a volare. Per questo sono tornata in casa e ho preso il telefono e l’ho buttata giù di getto, direttamente sulla mia pagina Facebook, insieme alle foto del giardino. Era l’11 marzo del 2020, e le parole sono uscite fuori da sole, proprio come dice Vasco. Si sono incastrate perfettamente e hanno creato un piccolo miracolo. Tutti si sono immedesimati e hanno iniziato a farla girare, prima sui social, poi su whatsapp, nel giro di poche ore è diventata virale. Purtroppo c’è chi ha provato a prendersene il merito, ma da brava mamma ho fatto di tutto perché mi fosse riconosciuta la maternità delle mie parole.”

Ecco il suo post

In seguito, l’americana Kitty O’Meara si è “ispirata” alla poesia di Irene e ha scritto “And the people stayed home”, pubblicandola nel suo blog il 16 marzo. La prestigiosa rivista OprahMag l’ha intervistata e ha ammesso la fonte da cui aveva copiato. Poi il web ha manipolato tutto è ha fatto circolare la notizia che fosse una poesia scritta durante la peste dell’800 da tal Kitty O’Meary. Io stesso ho ricevuto alcuni messaggi che mi riportavano questa notizia, tanto che ci ho creduto e l’ho pubblicata in questo post:

In tanti hanno scritto post o messaggi diretti a me per dire quanto questa poesia (che non sapevamo fosse un fake) li avesse commossi. Visto il risultato ottenuto da una cosa falsa notizia, mi è venuto in mente un racconto che mi fece Bonvi, il mio amico fumettista di Sturmtruppen, Dopobomba, etc. Persino il logo del Barone Rosso è suo. Bonvi mi raccontò che mentre stava girando nel 1967 in Egitto il film “Come rubammo la bomba atomica” con Franco e Ciccio, accanto alle Piramidi fu avvicinato da un indovino che gli chiese se voleva sapere il suo futuro. Lui accettò. Allora l’indovino tracciò un cerchio sulla sabbia e gli chiese di entrare. Bonvi entrò e, una volta nel cerchio, non sentì più il vento. Poi, dopo che l’indovino gli predisse tutto quello che gli sarebbe accaduto, lui uscì dal cerchio, ma dimenticò ogni cosa. Però, ogni volta che gli succedeva qualcosa di importante, rivedeva l’indovino che gli prevedeva quell’accadimento. Io ero affascinato da questo racconto, che ho sintetizzato ma che era più lungo. Così gli chiesi:

“Ma è vero?”

Lui mi sorprese con la risposta:

“Non importa se sia vero o no. Non te lo dico. Però questo racconto ti ha emozionato e rapito e questo è quello che conta”.

Adattando la sua considerazione alla falsa poesia dell’800: anche se era falsa ha commosso tante persone e questo è quello che conta.

Avevo deciso di recitarla, chiedendo ad Alessandro di cuonarci il violino. Prima però ho fatto ricerche incrociate per identificare finalmente la fonte di tutto, la poesia, quella vera, di Irene Vella:

Era l’11 marzo del 2020, le strade erano vuote, i negozi chiusi, la gente non usciva più.
Ma la primavera non sapeva nulla.
Ed i fiori continuavano a sbocciare
Ed il sole a splendere 
E tornavano le rondini 
E il cielo si colorava di rosa e di blu
La mattina si impastava il pane e si informavano i ciambelloni 
Diventava buio sempre più tardi e la mattina le luci entravano presto dalle finestre socchiuse 
Era l’11 marzo 2020 i ragazzi studiavano connessi a discord 
E nel pomeriggio immancabile l’appuntamento a tressette 
Fu l’anno in cui si poteva uscire solo per fare la spesa 
Dopo poco chiusero tutto
Anche gli uffici 
L’esercito iniziava a presidiare le uscite e i confini 
Perché non c’era più spazio per tutti negli ospedali 
E la gente si ammalava 
Ma la primavera non lo sapeva e le gemme continuavano ad uscire 
Era l’11 marzo del 2020 tutti furono messi in quarantena obbligatoria 
I nonni le famiglie e anche i giovani 
Allora la paura diventò reale 
E le giornate sembravano tutte uguali 
Ma la primavera non lo sapeva e le rose tornarono a fiorire 
Si riscoprì il piacere di mangiare tutti insieme 
Di scrivere lasciando libera l’immaginazione 
Di leggere volando con la fantasia 
Ci fu chi imparò una nuova lingua 
Chi si mise a studiare e chi riprese l’ultimo esame che mancava alla tesi 
Chi capì di amare davvero separato dalla
vita
Chi smise di scendere a patti con l’ignoranza
Chi chiuse l’ufficio e aprì un’osteria con solo otto coperti 
Chi lasciò la fidanzata per urlare al mondo il suo amore per il suo migliore amico 
Ci fu chi diventò dottore per aiutare chiunque un domani ne avesse avuto bisogno 
Fu l’anno in cui si capì l’importanza della salute e degli affetti veri
L’anno in cui il mondo sembrò fermarsi 
E l’economia andare a picco 
Ma la primavera non lo sapeva e i fiori lasciarono il posto ai frutti 
E poi arrivò il giorno della liberazione 
Eravamo alla tv e il primo ministro disse a reti unificate che l’emergenza era finita 
E che il virus aveva perso 
Che gli italiani tutto insieme avevano vinto 
E allora uscimmo per strada 
Con le lacrime agli occhi
Senza mascherine e guanti
Abbracciando il nostro vicino 
Come fosse nostro fratello 
E fu allora che arrivò l’estate 
Perché la primavera non lo sapeva 
Ed aveva continuato ad esserci 
Nonostante tutto
Nonostante il virus 
Nonostante la paura 
Nonostante la morte 
Perché la primavera non lo sapeva 
Ed insegnò a tutti 
La forza della vita.

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