BoB, Best Of Barone: la lezione di autodeterminazione dei Diecicento35 nel format di Red Ronnie

La band torinese guarda con nostalgia gli anni '90, quando si era ancora bambini e non esistevano le priorità


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Nella seconda clip del BoB, Best Of Barone del 17 febbraio prendiamo appunti: i Diecicento35 sono una giovane band di Torino e dal loro Codice di Avviamento Postale prendono il nome. Una zona di Mirafiori Sud che li ha visti nascere, proprio lì dove la FIAT ha scritto la storia dell’operaio piemontese, è oggi un trofeo con il quale i tre ragazzi raccontano quella che è la loro autodeterminazione.

Un vocabolo forse troppo inflazionato e abusato anche da chi non ne coglie il potere, ma questo non è il caso dei Diecicento35. Nel salotto di Red Ronnie, in quel Barone Rosso di cui Optimagazine è media partner, portano la loro musica con due superfici: quella genuina della voce di Carola Rovito e quella elettro-acustica delle chitarre di Lorenzo Bulgarini e Marco Bressello.

Parliamo di autodeterminazione a partire dalla copertina del disco Secondo Me: Carola viene raffigurata mentre brucia le pagine di un quotidiano, un’istantanea che vuole essere una risposta a chi si siede in cattedra per insegnare a un artista come funziona il lavoro di un artista. Ridono di gusto, i tre, quanto ricordano le frasi di routine che vengono sparate addosso a chi fa musica: “Secondo me dovreste andare in radio; secondo me dovreste andare in un talent”.

Una triste realtà, quella dei consiglieri interessati che sono sempre pronti a dispensare ovvietà a chi parte dal basso per esprimere la propria arte. Non hanno peli sulla lingua, i Diecicento35, nemmeno quando Carola chiede a Red Ronnie il motivo per cui non hanno vinto il contest Fiat Music. Red risponde serenamente: “Eravate di Torino e il vostro nome era un CAP di Torino. Farvi vincere sarebbe stato motivo di polemiche.

Nonostante questo Red Ronnie non si è scordato di loro: li ha portati alla finale del Roxy Bar e anche allo Juventus Stadium, dove hanno suonato prima del fischio d’inizio della Partita del Cuore.

La loro esibizione inizia con Bungee Jumping: le chitarre ritmano con il muting e abbelliscono con arpeggi audaci mentre la voce canta quel tormento di chi vorrebbe ricominciare ma si ferma sul ciglio del dolore per scongiurare un ritorno alla sofferenza. Meglio un lutto emozionale di una caduta a ritroso sulle spine, sempre.

Senza Di Me è il secondo pezzo in scaletta, una spirale di settima+ e turbamento, quello della gelosia che anche il Teatro Degli Orrori di Pierpaolo Capovilla ha cantato e decantato, un vortice negativo che fa rabbia e dà frustrazione. Per questo Carola, nel testo, parla della possibilità di partire mentre osserva il suo lui tra le lenzuola.

Red Ronnie riflette sugli spazi che vengono offerti agli artisti emergenti: “Oltre al Barone Rosso un artista non trova tanto spazio”, e qui si parla anche di quel luogo comune secondo il quale in Italia non ci sarebbero gli artisti di una volta. Una triste falsità, perché oggi il problema è che un emergente non trova spazi e tempi utili alla promozione della sua opera.

Carola sottolinea, infatti, che il disco Secondo Me ha fatto fatica ad uscire. Le case discografiche chiedevano tanti brani e davano poco tempo, per questo di Diecicento35 hanno scelto l’autoproduzione che, per il momento, non consente loro di stampare il disco anche su vinile.

La Primaveravolta è il terzo pezzo in scaletta, una ballata onirica strutturata in un intenso 6/8: se l’acustica dà il ritmo, i riff centellinati dall’elettrica offrono lo schianto verso l’iperspazio per rendere il brano un episodio fiabesco.

Red Ronnie, mentre spulcia il sito dei Diecicento35, nota che nella pagina dedicata al merchandising c’è una maglietta con la scritta: “Vorrei stare tutto il giorno a letto” e chiede ai ragazzi la ragione di quella frase. Carola prendere la parola e spiega: “Chiaramente è il mood di chiunque”, ma soprattutto si tratta di una frase del primo singolo dell’album, La Fine Del Mondo.

La Fine Del Mondo inizia proprio con queste parole: “Vorrei stare tutto il giorno a letto senza litigare, come quando si ha la febbre e resti ad aspettare di guarire, e non sai cosa fare”.

Carola ondeggia e solleva una mano sul microfono, rapita dalla musica, mentre i due chitarristi chiudono gli occhi, osservano il loro strumento e creano il fluido necessario per creare la magia di una canzone. L’affinità tra i singoli elementi è palpabile, le canzoni suonano leggere e immediate e i giri armonici tradiscono una minuziosa ricerca della perfezione. Peculiarità, queste, che troviamo sempre nell’artista autoprodotto che sceglie di mettere il proprio nome e la propria faccia sull’intera opera per blindare gelosamente ogni sua intuizione.

Come Me è la canzone di chi è cresciuto negli anni ’90. Finito il periodo della spensieratezza e della possibilità – quella vera – di stare tutto il giorno a letto arriva l’età in cui si deve fare il conto con le priorità: lavoro, responsabilità e organizzazione.

Con questo brano i Diecicento35 cercano di descrivere quell’istante in cui vengono messe da parte le passioni per affrontare la vita di tutti i giorni.

Com’era facile essere più piccoli,
se eravamo tristi c’erano i giocattoli.
Poveri cristi, noi degli anni ’90, a cavallo fra i Lego e l’ego di chi ci affonda
la nostra stupida barca.

E ancora:

Rimani immobile
mentre gli altri vanno sempre più veloci di te.
Tu sei come,
non riesci a scegliere perché
rimani immobile
mentre i giorni vanno sempre più veloci di te.

L’aspirazione di trovare un posto qua
non voglio andare a vivere in America:
la vita lì è assurda,
troppo anni ’90.
Mamma ho perso l’aereo,
sto a Natale a Manhattan.

Ormai quel che è passato passa e passerà
e adesso devi scegliere le priorità
non avere paura, anche se fa 90
di sicuro hai più carte in questa mano che resta.

Una barca, la nostra, che va a 56k con la stessa lentezza straziante delle prime connessioni da casa, quando il mondo comunicava su MSN e il caricamento delle immagini dei cantanti avveniva lento e snervante, ma era bello perché non avevamo un metro di paragone che ci faceva sentire fuori dal mondo.

La musica girava su Napster, Vitaminic, WinMX, mIRC e qualche anno più tardi su eMule, quando il download illegale era la più grande aspirazione di chi possedeva un PC e quando l’amico con il masterizzatore ti salvava dalla noia di dover acquistare i dischi.

Carola intona un grazioso “para-pappa-pa” che fa molto easy listening, che fa molto vintage e che sì, fa molto anni ’90 dal momento che il cantato diventa un’onomatopea che non ha bisogno di tradursi in parole: l’accompagnamento genuino regala freschezza al brano che non è nient’altro che un manifesto per tutti i trentenni e/o quarantenni che nel 2020 guardano con nostalgia il loro ’68 arrivato in differita.

Di seguito la seconda clip del BoB, Best Of Barone del 17 febbraio con i Diecicento35.

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