Tikibombom di Levante è la Smells Like Teen Spirit di questa generazione

Sul palco come una strega buona e una sorella protettiva, la cantautrice ci mostra il suo manifesto

Photo by Elena Di Vincenzo


INTERAZIONI: 1988

Tikibombom di Levante è quell’episodio che a Sanremo ricorre sempre: il pezzo meno allineato agli standard della gara eppure così vicino a tante persone. L’anno scorso l’indie ci ha lanciato un grande segnale con la presenza di Zen Circus, Motta ed Ex-Otago, e quest’anno non si poteva non replicare.

Ecco Levante, dunque, in scena come una strega buona per sventolare i suoi capelli e conquistare il nostro spazio emozionale per alcuni minuti. Tra le mani stringe la sua danza e trasforma il Teatro dell’Ariston in una chiesa da riconsacrare, forte di un messaggio che presto scoccherà dalla sua voce e rintoccherà con quel beat un po’ tribale e un po’ delirante.

Tikibombom è il titolo, un’onomatopea ha già ritmo nella sua pronuncia ma che non è qui per farci ballare. Il battito cardiaco, alle fondamenta di ogni scelta presente nel brano, accelera quando Levante silenzia gli archi che hanno appena introdotto ciò che ha da dire.

Sì, lo sappiamo: la letteratura che si rivolge agli eterogenei esiste da quando essi stessi esistono, ma se nel 2020 dobbiamo ricorrere a una nuova canzone allora c’è ancora una parte di mondo da istruire.

Smells Like Teen Spirit dei Nirvana, con quel testo apparentemente nonsense e quel ritornello pieno di rabbia ed emesi catartica, fu la voce della nuova ondata di dissenso generazionale che fino agli anni ’80 trovò manifesto nel punk e nella new wave.

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Trovammo conforto, in quel grunge così sgraziato e perfetto al quale rendemmo grazie con Mai Come Voi dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Quando diventammo più maturi accogliemmo la proposta di Sui Giovani D’Oggi Ci Scatarro Su degli Afterhours, e arrivarono tante altre cose interessanti dal mondo alternativo.

Oggi non c’è più Supersonic e l’MTV Day resta un ricordo, ma siamo ancora quei ragazzi un po’ strani e un po’ schiavi di noi stessi che tuttavia non riescono a farsi strada nel tessuto sociale. Quasi trentenni, quasi quarantenni o quasi cinquantenni, siamo ancora in quel banco di scuola a pasticciare il diario con slogan e citazioni, a mostrare il dito medio quando i bulli mettono su famiglia mentre noi ci apriamo un’autolesionista partita IVA.

Ecco perché oggi si ha voglia di bestemmiare dicendo che Tikibombom di Levante è la Smells Like Teen Spirit di questa generazione. Quale generazione? Facciamone ciò che vogliamo dell’aggettivo “questa”: può essere quella di chi ora legge questo articolo, o quella di suo figlio.

Noi, siamo luci di un’altra città.
siamo il vento e non la bandiera, siamo noi.
Noi, siamo gli ultimi della fila,
siamo terre mai viste prima, solo noi.
Noi siamo angeli rotti a metà,
siamo chiese aperte a tarda sera, siamo noi.

“Terre mai viste prima”, sì, perché esiste un mondo meraviglioso che si rifugia nel chiaroscuro dell’anonimato, a volte soffocato da una pressa sociale, altre volte vittima della scelta. Eppure quell’anonimato consente di essere “Chiese aperte a tarda sera” pronte ad accogliere un lamento, condividerlo e guarirlo.

Quando ci ritroviamo in pigiama a fare la spesa, in fila all’ufficio postale senza l’abito da sera o con il giaccone invernale vecchio di 3 anni in mezzo a una folla di outfit aggiornati, con la morte nel cuore alla faccia di un mental coach che ci vuole sorridenti e meno sfigati, cantiamo: “Siamo noi, siamo noi”.

Quando non riusciamo a riposare perché il burnout, le delusioni, l’overthinking, l’amore tormentato e la crudeltà dell’ansia ci schiantano nell’inferno delle emozioni, ricordiamoci che Tikibombom di Levante è l’abbraccio che possiamo trovare.