Se è vero che quest’anno ci ha regalato produzioni e performance capaci di esaltare allo stesso modo pubblico e critica, rimane innegabile che parlare del meglio o del peggio di qualcosa significhi assumere una prospettiva fortemente personale. Per questo abbiamo deciso di stilare una lista degli interpreti e dei personaggi delle serie tv capaci di rendere il nostro 2019 più luminoso, vivace e soprattutto emozionante. Cominciamo.
Jodie Comer (Villanelle in Killing Eve)
Se quello di Villanelle è stato uno dei più chiacchierati personaggi delle serie tv il merito è della sua interprete, Jodie Comer, protagonista di un 2019 indimenticabile. I più attenti l’avranno già notata in My Mad Fat Diary, Thirteen, The White Princess o Doctor Foster, ma sono proprio i panni della psicopatica serial killer di Killing Eve ad averle dato la miglior chance di sfoderare un talento straordinariamente versatile.
- Jennings, Luke (Author)
La prima stagione della serie – creata da Phoebe Waller-Bridge a partire dai romanzi brevi di Luke Jennings – ne ha dato un assaggio, ma è con la seconda che Villanelle ha conquistato tutto lo spazio e l’attenzione che merita. Tanto il lavoro di scrittura di Emerald Fennell quanto lo sforzo interpretativo di Jodie Comer hanno assicurato al personaggio una ricchezza psicologica ammirevole, accattivante, sottilmente subdola. Difficile, insomma, resistere al fascino assassino di Villanelle e Jodie Comer.
Kirsten Dunst (Krystal in On Becoming a God in Central Florida)
On Becoming a God in Central Florida potrà pur essere rimasta (colpevolmente) inedita in Italia, ma la performance di Kirsten Dunst nel ruolo di Krystal merita tutte le attenzioni possibili. Il ruolo di una vedova vessata dai debiti del marito, dalle necessità di una neonata, da un opprimente quanto inevitabile bisogno di tirare avanti, appare per lei così calzante da farne perdere le tracce.
Kirsten Dunst scompare nella figura di Krystal, rendendo ancor più verosimile e convincente la truffa nella truffa perpetrata dalla donna nei confronti di un meccanismo di marketing squallido e perverso.
Betty Gilpin (Debbie Eagan/Liberty Belle in GLOW)
Chinque abbia seguito le vicende delle gloriose lottatrici del wrestling sa quanto sia semplice, a volte, trovare insopportabile l’altera Debbie Eagan. Eppure dietro una facciata di arroganza ribolle tutta la forza delle aspettative e dei desideri repressi per far spazio all’apparente solidità di una vita da moglie e madre. Liberatasi dalla zavorra di un matrimonio fallimentare, Debbie inizia il proprio percorso di esplorazione fra errori clamorosi, momenti di puro sbandamento e attimi di riconciliazione con sé stessa.
- Action Figure 2-Pack: Glow, Debbie & Ruth
La terza stagione di GLOW ne segna il protagonismo assoluto: è fra le luci del Fan Tan e di Las Vegas che smette di essere soltanto Liberty Belle per diventare un prototipo di imprenditrice moderna. Su di lei si riflettono tratti tipici degli uomini d’affari, e che appaiono stonati solo per chi ritenga che le donne non possano o non debbano concretizzare la propria sete di potere, la propria efficienza, il proprio acume.
È così, dunque, che Debbie Eagan si conquista un posto fra i personaggi femminili delle serie tv più illuminanti per il nostro 2019. A prestarvi il volto, la voce, il cuore e l’anima è una delle attrici più brillanti e sorprendenti di questa generazione: Betty Gilpin. Un talento cristallino che aspettava il ruolo giusto per consacrarsi.
Zendaya (Rue in Euphoria)
Per convincersi che Zendaya non sia – o non sia più – una starlette dell’universo Disney basta dare un’occhiata a Euphoria. È infatti grazie a un’interpretazione carica di sensibilità ed empatia che la sua Rue può considerarsi uno dei personaggi delle serie tv più appassionanti del 2019.
Perché se la serie HBO è stata accusata a più riprese di voler sconvolgere a tutti i costi con un racconto esageratamente crudo e inverosimile della generazione Z, la prova di Zendaya è invece quanto di più umano e condivisibile ci sia. E non soltanto per la resa dello stato di alterazione tipico delle dipendenze da stupefacenti, ma anche per la capacità della giovane attrice di far propri e trasmettere tutti gli alti e bassi emotivi dell’adolescenza, dal desiderio alla rabbia, dal dolore al senso di abbandono. Una prova da applausi.
Natasha Lyonne (Nadia in Russian Doll)
Russian Doll ha colpito al debutto e ha saputo resistere all’arrivo di una vagonata di nuove comedy grazie a un atipico mix di umorismo nerissimo, mistero e introspezione. La trama della serie è curiosa e accattivante, certo, ma a fare la differenza è la sua protagonista, Natasha Lyonne. Immaginarla in un ruolo che non fosse quello dell’ormai immortale Nicky Nichols era difficile, quasi impossibile. Perlomeno fino all’arrivo di Nadia, una donna altrettanto ironica, ugualmente fuori dal comune e carica di umana sofferenza.
Ancora una volta Natasha Lyonne riesce ad avvolgere il suo personaggio d’un alone di doloroso disincanto, di un’arguzia sottile che prova a proteggerla dal mondo senza mai rinunciare a interpretarlo. Difficile immaginare qualsiasi altra donna nei panni di Nadia: il ruolo nasce da Natasha per Natasha, com’è giusto che sia.
Phoebe Waller-Bridge (Fleabag in Fleabag)
Di Phoebe Waller-Bridge abbiamo detto di tutto, in questi mesi, e non siamo stati gli unici. È forse impossibile trovare un’altra personalità che nel 2019 sia riuscita a ottenere un consenso così convinto e unanime. Ma come potrebbe essere altrimenti? Il genio creativo della sceneggiatrice e il singolare talento interpretativo dell’attrice hanno dato vita a un personaggio televisivo indimenticabile.
La Fleabag dell’omonima serie è tutto ciò che molte trentenni fanno fatica ad ammettere di essere, e ha in sé quanto tante non sembrino essere consapevoli di cullare. È una donna in rotta con le convenzioni: che siano della famiglia, dell’amore, della società, Fleabag rifiuta di aderirvi per la pura necessità di essere, e da ciò trae sofferenza e rifiuto.
La seconda, splendida stagione della serie permette a Phoebe Waller-Bridge di riportare il suo personaggio lungo una via di riconciliazione con sé stessa, i suoi affetti, forse anche il mondo. E allo stesso tempo consolida il talento smisurato della mente creativa più brillante in circolazione.
Laura Dern (Renata in Big Little Lies)
Potremmo passare delle ore a discutere sull’effettiva necessità di avere una seconda stagione di Big Little Lies, ma crediamo sia molto più produttivo limitarci a celebrare la grandezza di Laura Dern. In una carriera costellata di performance enormi e carrellate di statuette, il ruolo di Renata Klein si è rivelato particolarmente utile a mettere in luce la straordinaria versatilità della sua interprete.
Nella prima stagione di Big Little Lies Laura Dern ci ha regalato una Renata snob, subdola e pungente, ma è nella seconda che il materiale narrativo le ha permesso di dare un’impronta personale e assolutamente indimenticabile al personaggio. E così abbiamo assistito al collasso del matrimonio e della carriera di Renata, alle sue selvagge lotte emotive, alle feroci reazioni di una donna disposta a tutto pur di non rinunciare allo status tanto duramente conquistato. Perché, lo ripetiamo, spregiudicatezza e ambizione non sono prerogative maschili.
Jharrel Jerome (Korey in When They See Us)
Se When They See Us è riuscita ad arrivare sugli schermi e sconvolgere con la forza brutale della propria storia dobbiamo ringraziare anzitutto Ava DuVernay e la sua lungimiranza. Nel ricco contenitore di una vicenda vera e dolorosa per così tanti individui, la prova di Jharrel Jerome nei panni del giovane e dell’adulto Korey Wise si dimostra di un’efficacia inappuntabile.
Ogni suo passaggio sullo schermo dà prova di come una tragedia colpisca ciascuno in modo diverso e scateni reazioni del tutto peculiari. A manifestazioni di rabbia e sgomento incontrollati Jharrel Jerome oppone spesso una resa di dolore contenuto, ma non per questo meno devastante. Una performance, la sua, capace di conquistare pubblico e critica e confermarsi fra le più incredibili del 2019.
Billy Porter (Pray Tell in Pose)
Se dovessimo scegliere i tre protagonisti assoluti del 2019 in televisione, affiancheremmo Billy Porter a Phoebe Waller-Bridge e Jodie Comer. Perché dopo una vita trascorsa a lottare per il giusto riconoscimento di un talento così versatile e vibrante, Billy Porter può finalmente godersi tutto l’apprezzamento che merita. Il ruolo dell’emcee Pray Tell in Pose sembra cucito su di lui, e la seconda stagione della serie ne dà ulteriori conferme.
In ciascun episodio c’è spazio per l’ampissimo ventaglio emotivo di un personaggio fittizio, ma del tutto verosimile nel periodo storico osservato. La preoccupazione per la sieropositività, la perdita di amici e amanti a causa dell’AIDS, l’intimità – esplicita e dunque rivoluzionaria, per un uomo di colore – con un partner molto più giovane, la forza di un ruolo paterno tanto necessario sono un tributo all’individualità dei molti uomini che, come lui, devono aver attraversato lo stesso calvario in quegli anni.
Se Pray Tell è così spiccatamente vivace, comunicativo, multisfaccettato, il merito è di Billy Porter, camaleontico ed estroso, un artista a tutto tondo che può finalmente raccogliere dopo anni trascorsi a seminare.