Fra i personaggi che animano il vasto mondo del rock, e che lo rendono multiforme, vivace e imprevedibile, una menzione speciale merita Cesare Bonizzi, meglio conosciuto come Fratello Metallo. Si tratta – per chi già non lo conoscesse – di un frate cappuccino con la passione per un genere musicale fra i più aggressivi e torbidi, quello appunto del “metal”.
Per anni il francescano si è esibito, con la sua barba ieratica e con i panni poveri del frate minore, sui palchi maledetti del rock più duro e trasgressivo, territorio indiscusso di musicisti e cantanti urlanti, vestiti di pelle nera e borchie. Su questi palchi, per anni, Fratello Metallo ha dato fondo a tutto il suo talento, suonando e declamando con voce tenebrosa pezzi che parlano di Dio, dell’amore cristiano e del mistero della redenzione. Da qualche tempo si è ritirato in convento, forse per raggiunti limiti d’età forse per un richiamo al senso di umiltà, necessario per un francescano che ha conosciuto l’adrenalina del palco e del pubblico, l’energia di chitarre e batterie assordanti, e che ha partecipato nientemeno a quattro o cinque edizioni del Gods of Metal, un raduno rock tra i più ambiti dagli artisti e più seguiti dal popolo dei rockettari.
Al di là della simpatia per il personaggio, che resta fedele alla propria vocazione pur frequentando un mondo che vive di sensualità, provocazione e istinto tribale, Fratello Metallo è un caso interessante proprio dal punto di vista “francescano”. L’abbraccio compassionevole e fiducioso verso l’uomo e il creato, che ispira l’opera dei frati di San Francesco, non può infatti escludere quella folla di metallari che si agita sotto i palchi, che popola la notte, che convive con il “lato oscuro” della propria coscienza. Frate Metallo conosce quel mondo, lo comprende e lo vive senza pregiudizi. E c’è dell’altro: immerso nella sua musica incalzante, nelle luci ritmiche e accecanti di una scena rock, il frate cappuccino restituisce attualità al messaggio francescano, trasferendolo dal medioevo alla metropoli contemporanea, dall’ambiente naturale a quello tecnologico, dalla terra al metallo forgiato, pur se la pastorale cattolica ha i propri luoghi e i propri modi di esprimersi, e le stesse cerimonie liturgiche prediligono canti e musiche della tradizione.
Ma il problema di quali forme espressive nuove possano veicolare il messaggio cristiano si è spesso presentato proprio in seno alla Chiesa, se è vero che a partire dal Sessantotto le chitarre e le percussioni sono entrate di diritto nelle funzioni liturgiche, e che le sonorità degli strumenti musicali moderni hanno spesso traghettato l’assemblea dei fedeli verso un linguaggio più immediato e accessibile. Radicale come il Santo fondatore dell’Ordine, Frate Metallo si spinge molto al di là di una semplice “messa pop”, e sceglie un genere musicale e un ambiente palesemente inadatti e refrattari alla pastorale, e proprio in questo ambiente compie la sua missione, senza timore. In fondo, San Francesco non ha avuto paura di affrontare lupi feroci ed ammansirli; e così il suo erede Frate Metallo non teme le orde dei nuovi lupi, quelli che di notte si vanno a radunare dove le luci pulsano, e più forte è il rumore.