La coniugazione tra Jim Morrison e gli atti osceni, ancora oggi, è un adagio per chi ricorda il Re Lucertola per quel carisma fuori controllo e oltre ogni schema, un mix letale quanto il Roipnol che “fa un casino se mescolato all’alcol” – onesta citazione da Emilia Paranoica dei CCCP – e che dipinge, disonestamente, un ritratto distorto di una delle più grandi icone del rock. Essere una rockstar fa dell’uomo un santo? Mai detto, e quel giovane appassionato di cinema così profondo e tormentato aveva quei difetti che crearono il punto di rottura con l’esperienza live dei Doors.
Difetti, appunto, che l’1 marzo 1969 lo portarono a perdere due aerei e a giungere sul palco del Dinner Key Auditorium completamente alterato dall’alcol. Mentre i compagni Ray Manzarek, John Densmore e Robby Krieger mantenevano sempre un certo stato di grazia, Jim Morrison fece il suo ingresso con un’ora di ritardo in una location sovraccarica: secondo la stampa dell’epoca, infatti, la capienza dell’Auditorium non superava le 7000 unità, ma quella sera erano presenti 10000 persone.
Non ci volle molto prima che il Re Lucertola cominciasse ad arringare e aizzare i presenti: “Siete un mucchio di idioti del ca**o!“, e da quel momento quello che doveva essere un concerto dei Doors divenne una festa del delirio anarchico e rivoluzionario, con Jim Morrison che invitava la gente a salire sul palco e a sfoderare l’amore più libero e sregolato. Circa 60 persone accolsero il suo appello e lo raggiunsero, fino a quando si udì una frase. A questo punto della storia è d’uopo introdurre la figura di Ken Collier, promoter dell’evento e proprietario del club Thee Image della stessa città. Collier, infatti, aveva sentito Jim Morrison urlare al microfono: “Volete vedermi il ca**o? Salite su!“, e a quel punto il promoter dovette intervenire e strappare il microfono dalle mani del Re Lucertola. Al pubblico ormai senza controllo disse: “State calmi, tornate a sedervi e mantenete la calma. Questo non può succedere a Miami e non lo permetteremo, tornate ai vostri posti”.
In quel momento Jim Morrison aveva preso a simulare un atto di autoerotismo durante il quale nessuno lo vide estrarre i genitali, eppure qualcuno lo riferì a Collier e una semplice voce di corridoio divenne una condanna. Secondo l’opinione pubblica, Jim Morrison aveva estratto i genitali e si era masturbato liberamente.
Quattro giorni dopo, infatti, Jim Morrison fu raggiunto da un avviso di garanzia. Il processo iniziò il 20 agosto 1970 e terminò il 30 ottobre, esattamente 49 anni fa, con una condanna a 6 mesi e una multa di 500 dollari con 6 capi d’imputazione: uno per comportamento lascivo in pubblico, due per atti osceni, due per linguaggio ingiurioso e uno per pubblica ubriachezza.
Nell’aula del tribunale vennero presentati quasi 500 scatti effettuati durante la venue di Miami e nessuna foto mostrava Jim Morrison con i genitali esposti, una testimonianza confermata anche dai compagni di band John Densmore e Ray Manzarek, che parlarono di allucinazione collettiva. La difesa fece ricorso e nel frattempo il giudice consentì a Jim Morrison e a tutta la band di proseguire l’attività, specialmente per la lavorazione del disco L.A. Woman.
Jim Morrison morì a Parigi il 3 luglio 1971, a 27 anni, prima del processo d’appello. La grazia arrivò il 9 dicembre 2010 su decisione di Charlie Crist, che in quegli anni era stato il governatore della Florida. Per l’occasione il New York Times intervistò Robert Josefsberg, l’avvocato che lo intervistò per il processo oggi ricordato come il Miami Incident. Il legale, pur utilizzando il termine “imbarazzante” per definire lo show dell’1 marzo 1969, confermò che l’opinione pubblica e il tribunale ebbero una reazione esagerata.
Jim Morrison e gli atti osceni divennero, dopo quel processo, la coniugazione di uno stato di necessità che cercava nel rock un capro espiatorio per fissare principi e dogmi dal momento che la società della Florida – come riferiva la redazione del Miami Herald – era fortemente conservatrice.