La serie Zero di Netflix è certamente il più coraggioso ed innovativo tra i format originali made in Italy della piattaforma che arriveranno il prossimo anno: un racconto dei nuovi italiani, giovani figli di immigrati nati e/o cresciuti nel nostro Paese, una generazione al centro del dibattito politico sullo Ius Soli ma solo a fasi alterne e spesso semplicemente strumentalizzati dall’una o dall’altra parte politica durante le campagne elettorali.
Il progetto è ispirato dai tre libri del giovane scrittore e conduttore tv Antonio Dikele Distefano, figlio di genitori immigrati in Italia dall’Angola, ed è prodotto da Fabula Pictures, che ha già realizzato per Netflix il teen drama Baby, giunto alla seconda stagione e già rinnovato per una terza.
Il produttore esecutivo e sceneggiatore Stefano Voltaggio, che per primo ha pensato di adattare nel format di una serie le storie raccontate dai romanzi di Distefano, ha presentato il progetto di Zero di Netflix durante il MIA di Roma, il mercato internazionale dell’audiovisivo.
Parlando in esclusiva con Variety, Voltaggio ha ricostruito la genesi di questo format che si propone di raccontare le vite di giovani immigrati di colore di seconda generazione: la serie è stata sviluppata dalla sua società, la Red Joint, con altri quattro partner, tra cui il regista Paolo Vari. Voltaggio ha lavorato con altri sceneggiatori e con l’autore del romanzo ad un adattamento che rendesse il materiale letterario fruibile nel formato seriale. Poi la serie è stata proposta a Netflix che ha sposato il progetto.
In quanto piccola società alla ricerca di un proprio posizionamento identitario, la Red Joint lavora su progetti precisi che facciano la differenza, mettendosi alla ricerca di soggetti originali, “universi che non sono rappresentati sullo schermo, ma che fanno parte della coscienza quotidiana del pubblico“, spiega Voltaggio, magari a partire da storie non inventate tout court ma raccontate da persone realmente esistenti, che garantiscano autenticità al soggetto. Il passo successivo è proporre quei format ad emittenti e grandi società di produzione: nel caso di Zero, Netflix ha deciso di investire su questo racconto che è indubbiamente contemporaneo e profondamente legato all’attualità, destinato a sfidare i pregiudizi e a mostrare uno spaccato di realtà considerato finora poco appetibile per il settore dell’intrattenimento audiovisivo..
Ovviamente la serie pone la questione della cittadinanza per i figli degli immigrati che vivono in Italia, frequentano le scuole, lavorano e fanno parte della comunità ma senza poter essere considerati cittadini italiani ai sensi di legge se non dopo aver superato i 18 anni e affrontato una lunga trafila burocratica. Un racconto inedito in Italia, che sicuramente non va incontro al trend politico del momento e per questo è da considerarsi quantomeno coraggioso.
Il punto di forza di Zero è che riguarda la seconda generazione di immigrati [africani] in Italia. Sono bambini italiani, anche se non tutti sono legalmente italiani. Ma sono culturalmente e socialmente italiani, in tutti i modi. Il loro mondo non è stato rappresentato in Italia e ci sono situazioni analoghe che non sono state rappresentate in tutto il mondo. Questo rende Zero interessante, per esempio, per Netflix perché rappresenta un universo raramente esplorato anche in altri paesi.
Zero di Netflix è sceneggiata da Menotti, alias Roberto Marchionni, il fumettista e sceneggiatore che ha firmato Lo Chiamavano Jeeg Robot, con Massimo Vavassori, Carolina Cavalli, Lisandro Monaco, Voltaggio e l’autore dei romanzi Distefano, che è “coinvolto in tutte le fasi della produzione, anche quella musicale in quanto musicista“.
Il cast avrà una forte componente che si potrebbe definire neorealista, con “attori di strada” scelti tra non professionisti, persone che possano raccontare le storie con l’autenticità dell’esperienza di vita vissuta: al primo annuncio di casting lanciato da Antonio Dikele Distefano su Instagram hanno risposto centinaia e centinaia di ragazzi con videotape di presentazione per candidarsi a lavorare nella serie. “È un mondo di speranza. È qualcosa di molto vitale e anche commovente” ha commentato Voltaggio.
La serie è in fase di scrittura da diversi mesi e presumibilmente non arriverà su Netflix prima del 2020 inoltrato.