“Un’esperienza cinematografica rivoluzionaria“: con queste parole il regista Ang Lee definisce l’esperimento Gemini Man con Will Smith.
Protagonista assoluto della pellicola è l’attore statunitense ormai cinquantunenne che lotta contro se stesso ventitreenne. Il lavoro digitale di ringiovanimento è impressionante. Sembra davvero di rivedere in scena il principe di Bel- Air sebbene più cupo e meno brillante del giovanotto che ha stregato la generazione cresciuta negli anni Novanta.
Gemini Man con Will Smith ha conosciuto una fase di ideazione e sviluppo molto lunga a partire dall’idea iniziale di Darren Lemke del 1997. L’inizio delle riprese, infatti, è solo del 2018. Tanti i nomi di registi e protagonisti ipotetici emersi nel corso degli anni fino alle scelte finali che conosciamo.
Riguardo la trama, Gemini Man è la storia di un uomo di stato Henry (Will Smith) che ha commesso numerosi omicidi sotto commissione e ora decide di ritirarsi. Tale scelta comporta per lui un grande pericolo. Il direttore generale della Gemini, Clayton (Clive Owen), ordina infatti la sua morte. A tentare di eliminarlo sarà la persona che meglio lo conosce e può prevedere ogni sua mossa. Junior, il clone di Henry progettato da Clayton ventitré anni prima.
Il film è un continuo di inseguimenti, scazzottate, combattimenti in moto e corpo a corpo ad altissima tensione. Non a caso negli Stati Uniti si vieta la visione di Gemini Man ai minori di 13 anni per la presenza di “violenza e linguaggio non adatto”.
Unica figura femminile presente in un film interamente al maschile è l’agente Danny Zakarewski (Mary Elizabeth Winstead). Danny diventa la spalla di Henry e successivamente anche di Junior. È lei a portare un po’ di luce e di leggerezza in un film dai toni perennemente drammatici.
Il film ha previsto un budget elevatissimo. Si parla di 138 milioni di dollari utilizzati soprattutto per la realizzazione al computer.
Senza dubbio l’elaborazione digitale è impressionante. Ma che dire di una sceneggiatura non eccessivamente empatica, dai toni vintage e le frasi effetto tipiche degli anni Novanta? È forse questo uno degli aspetti più deludenti del film.
La pellicola, infatti, prova palesemente e in maniera poco originale a smuovere la pietas del pubblico facendo leva su tematiche comuni a tutti. C’è il tema del complesso di Edipo, la necessità arcaica di “uccidere” il padre. L’uccisione come liberazione da un legame atavico che impedisce la naturale evoluzione di un essere umano.
C’è poi il rapporto con se stessi e le proprie paure inscenato attraverso il tema della clonazione. Quest’ultimo è un tema già presente seppur in modalità differenti in altre pellicole come Star Treck – La Nemesi del 2002, Womb del 2010, Replicas del 2018 tanto per fare alcuni esempi.

Il concetto della clonazione permette di illustrare l’umana ambizione di riprodurre un essere umano portandolo al massimo delle sue potenzialità. Questo significa togliere dalla copia tutto ciò che nell’originale si presenta come imperfezione. Così quando Clayton decide di creare Junior cerca di eliminare da lui tutte le emozioni, il sentimento di paura e di rimorso appartenenti ad Henry. Questi sentimenti vengono presentati, insomma, come tratti di debolezza e non di umanità quali sono.
Il film è stato girato in 4K 3D ad altissima definizione e a 120 fotogrammi al secondo. Per la realizzazione di Junior non è stata utilizzata la tecnica del de-ageing, ovvero quella che usa effetti speciali per appianare i segni dell’invecchiamento sul viso di un attore. Per intenderci questa tecnica è presente in The Irishman sul volto di De Niro.
In Gemini Man i cineasti hanno creato per Smith una maschera, un vero e proprio clone digitale prendendo spunto dai filmati datati dell’attore. Stando a quanto ha dichiarato il regista Ang Lee, lui stesso ha chiesto a Smith di recitare in maniera più acerba e meno perfetta il ruolo di Junior per rendere più visibile lo stacco tra i due. È per questo sicuramente che Junior mostra un’espressività facciale meno intensa e a tratti un’andatura più macchinosa di Henry.
Al di là di questo e di tanti discorsi che si potrebbero affrontare circa l’originalità e il valore effettivo del film, il lavoro tecnologico della Weta Digital (la compagnia che ha già lavorato alla saga de Il Signore degli Anelli) è il vero motivo per cui vale la pena andare in sala e guardare questo film.
Se tutto questo lavoro ipertecnologico sia poi il vero futuro del cinema sarà il tempo a stabilirlo.