In inglese si chiama “ Conspicious consumption”, vale a dire consumo vistoso, ostentato. Il termine è nato sulle teorie formulate dal sociologo Thorstein Veblennel, autore nell’89 di un saggio sullo stile di vita della upper-class statunitense per descrivere il comportamento delle classi privilegiate che comunicano il proprio status economico-sociale attraverso l’esibizione di beni, merci e servizi. È lo stesso atteggiamento che ha portato alcuni rapper statunitensi, provenienti invece da condizioni di disagio e ghettizzazione, a mostrare il proprio successo e riscatto attraverso l’ostentazione di beni materiali: monili d’oro, macchine di lusso, orologi, capi firmati, oltre ad esibire un’abbondanza di donne al seguito.
L’avvento dello stile “trap” ha aumentato in modo esponenziale questa tendenza che è arrivata anche da noi in Italia dove la pura e semplice imitazione delle mode americane stride con un tessuto sociale più complesso, con una differente concezione della classe sociale e a volte con un dato di partenza di alcuni artisti completamente diverso. Dal punto di vista dell’immagine è la riproposizione di un fenomeno che ha come denominatore comune un certo individualismo edonista. Airon Nik, artista trap emergente, dichiara “… si parla di essere balordi di strada ma non più poveri come negli anni ’90, sono persone che hanno i soldi e ostentano questa cosa. Hanno i contatti e pensano ai soldi, hanno il ‘ghiaccio addosso’ dato dal freddo delle collane, degli orologi, dei diamanti, sono esaltati dal fumare e dal drogarsi, dal fatto che le tipe degli altri vogliono te. E’ diventata un’esaltazione continua di se stessi”.
I testi, più che il disagio (tema ricorrente nel rap), affrontano spesso tematiche riferite ad uno stile di vita lussuoso e sfrenato.
Qualcuno afferma che questa esibizione eccessiva del raggiunto benessere da parte di alcuni sia una sorta di “provocazione” utile a mettere in evidenza la precarietà e l’emarginazione sociale da cui provengono molti artisti, e che sia un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica circa la realtà, i bisogni e le aspirazioni di tanti ragazzi che vivono ai margini e vedono nei soldi il simbolo della rivalsa sociale. Ragazzi che troverebbero nei nuovi artisti una sorta di esempio, di guida verso un riscatto possibile. Insomma, qualcuno pensa che l’esibizione sfacciata del soldo rappresenti una sorta di “messaggio sociale”. Colui che racconta quanti soldi ha fatto, quanto ha pagato il pendaglio d’oro, quanti capi firmati e occhiali di marca possiede , non comunica nulla di utile dal punto di vista sociale; celebra se stesso e le sue priorità, talmente individuali da essere non soltanto estranee all’interesse sociale ma addirittura dannose. La celebrazione del denaro che piove improvviso non rispetta quella faticosa lotta per un posto di lavoro e per un salario decoroso che tanti ragazzi stanno comunque portando avanti. L’individualismo del mettere se stessi al centro del mondo non rispetta quelle realtà associative, quelle reti di solidarietà che promuovono in qualche modo il bene comune. L’orizzonte valoriale nel quale alcuni artisti si muovono, stride con il lavoro di quegli insegnanti, educatori e promotori culturali che proprio nelle realtà disagiate operano con spirito costruttivo. Infine, la rivendicazione vanitosa dell’abuso di alcolici o droghe vanifica il lavoro di quanti : volontari, assistenti sociali, comunità di recupero e accoglienza, lottano quotidianamente contro le dipendenze senza riflettori addosso. Nessuno sostiene che i soldi guadagnati da parte di alcuni artisti siano illegittimi e ingiustificati (il mercato musicale ha le sue leggi e le sue logiche) ma l’ostentazione che ne fanno non ha nulla di “sociale”, è solo un cattivo messaggio.