La morte di Felice Gimondi addolora il mondo intero. Il campionissimo di ciclismo ha segnato un’epoca grazie alla rivalità con Eddy Merckx. Ero ragazzino ed il mio tifo era per “Le Cannibal” , questo il soprannome del campione belga. Ma nel mio cuore c’è sempre stato uno spazio per Gimondi anche quando batteva il mio idolo. Ammiravo la sua tenacia, il suo lottare centimetro per centimetro, l’onestà nell’ammettere la forza dell’avversario, l’eleganza nel festeggiare la meritatissima vittoria.
Gimondi ha vissuto ruota a ruota con il rivale belga. Tante volte ha conosciuto l’amarezza della sconfitta, ma il suo palmares è tra i più brillanti della storia: Giro, Vuelta, Tour, Mondiale, Classiche. Non c’è competizione importante che Gimondi non abbia vinto nonostante l’ingombrante presenza di Merckx.
La loro rivalità gareggia con quella Coppi- Bartali, Binda-Girardengo, Saronni-Moser. I campioni del ciclismo erano eroi nazionali capaci persino di scongiurare lo scoppio di una guerra civile come avvenne in occasione dell’attentato a Palmiro Togliatti; la notizia della vittoria di Bartali al Tour stemperò le tensioni restituendo il sorriso alle avverse fazioni.
Erano i tempi del ciclismo vero. Quando il Giro d’Italia era il più importante romanzo popolare di una nazione che si rialzava dalla guerra e pedalava verso il Miracolo Economico sognando di acquistare una delle cucine sponsorizzate dai ciclisti. Tracciavamo piste nella sabbia ed gareggiavamo in Tour immaginari con le biglie dei nostri campioni. Il Giro d’Italia attraversava la Penisola e non tagliava fuori il Meridione. Sul muretto o nei bar si discuteva per ore di tattiche, ascoltando le radiocronache o guardando le sbiadite immagini in bianco e nero.
Eravamo innocenti e felici. Incapaci di persino sospettare il Demonio; Gimondi e Merckx erano atleti veri ed uomini integerrimi. Non certo la carovana di mostri alimentata dal doping che ha finito per disilludere milioni di appassionati. Con Gimondi muore un altro pezzo pregiato della nostra vita, un testimone dei più alti valori sportivi, il compagno di fuga con il quale tutti avremmo voluto pedalare verso il traguardo.
Non hanno violato le regole
Merckx positivo nel 69 e nel ’73, e Gimondi nel 67 alle anfetamine, le regole al tempo non erano molto precise sui divieti, ma non diciamo stupidaggini non andavano certo a pane e acqua