“Tulipani di seta nera” è il nome del Festival di una Rassegna Internazionale sul Film Corto, giunto quest’anno alla sua XIII edizione. Il progetto culturale, nato da un’ idea di Paola Tassone con l’Associazione “Università Cerca Lavoro”, ha l’obiettivo di trovare e promuovere nuovi talenti tra i giovani autori, per raccontare tematiche sociali legate al concetto di “diversità” attraverso le immagini. La rassegna è interessante non soltanto per la qualità dei prodotti in concorso e per l’attualità dei temi – quest’anno sono stati presi in considerazione dagli autori il fenomeno del bullismo, la violenza sulle donne, il pregiudizio nei confronti dell’omosessualità, dei portatori di handicap, di quanti vengono considerati “diversi” – ma anche perché riporta in primo piano il genere del “corto”, con le sue caratteristiche e il suo particolare linguaggio, aprendo peraltro una sezione specificamente dedicata ai videoclip musicali, i “SocialClip”. Un genere che è comparso già dagli anni ’60 ma che ha avuto la sua grande affermazione con i video prodotti dagli anni ‘80 e diffusi attraverso le reti televisive dedicate, come la storica Videomusic. Guardare e riguardare infinite volte un video per riascoltare un brano , ammirare quel particolare artista, farsi catturare dalle immagini suggestive, e soprattutto scoprire nel brano musicale significati nuovi, ci ha fatto familiarizzare con il genere e con la sua particolare “semiotica”. L’autore del video deve a suo modo interpretare una canzone o una musica e scegliere come tradurli in un prodotto filmico, e la sua scelta può andare nelle direzioni più diverse: quella puramente descrittiva, che si limita a mostrare l’artista nella sua esecuzione, collocandolo in un contesto ben caratterizzato; quella prettamente narrativa, che fa della canzone una mini-storia con il suo inizio, il suo sviluppo e il suo finale; quella puramente evocativa, che associa al brano immagini astratte, fantasiose, oniriche, e che più di ogni altra realizza una riscrittura del brano stesso e dei suoi significati.
Dalla clip di “Fotoromanza”, realizzata alla metà degli anni Ottanta per Gianna Nannini dal maestro del cinema Michelangelo Antonioni e giocata sui toni del “feuilleton” popolare, alla clip di stampo esoterico di un brano come “Frozen” di Madonna sul finire degli anni ‘90, fino all’esperienza dei Gorillaz, un gruppo inglese creato dal musicista Damon Albam e dal fumettista Jamie Hewlet proprio per esistere unicamente come band virtuale e dare vita a videoclip di pura animazione, infinite sono le idee che ispirano i corti musicali. E per tutte si pone il tema più classico dell’estetica contemporanea, quello del rapporto fra la musica e le immagini, fra la percezione sonora e quella visiva. Da Wagner all’avanguardia della Bauhaus, musicisti, scenografi e artisti figurativi si sono interrogati se dovesse prevalere il testo musicale su quello visivo o all’opposto se dovesse la narrazione per immagini prevalere sulla musica. La questione è sempre attuale, anche se appare ormai evidente come la videoclip possa essere, più che una forma di musica”immaginata” o una sorta di film “musicato”, un prodotto artistico originale, a se’ stante, che combina linguaggi diversi e che costituisce qualcosa d’altro rispetto alla musica, e qualcosa d’altro rispetto alla narrazione cinematografica pura. Al prossimo concorso “Tulipani di seta nera” sarà interessante vedere proprio quali significati, quali concetti e quali emozioni potranno scaturire dalla combinazione creativa di tanti elementi diversi. E soprattutto se questo intreccio sarà capace di rappresentare il tema a cui si ispira la rassegna , così come spiegano gli organizzatori “non il semplice racconto di una diversità ma l’essenza della diversità, sapendola soprattutto valorizzare”.
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