Ho incontrato migliaia di persone in questo mese appena trascorso, impegnata nella promozione del mio primo libro, “Apollonia”, e del mio nuovo CD, “Sante Bambole Puttane”. Sono stati incontri belli, partecipati, e ho potuto condividere la mia opera con persone interessate. Ma sono state presentazioni ormai “atipiche”: abbiamo letto brani tratti dal libro, dove possibile ho suonato, abbiamo messo in piedi dibattiti sentiti sul ruolo della donna, sui paesi del sud, sull’esoterismo…
I tempi stanno cambiando e quasi senza accorgercene stiamo finendo tutti nel meccanismo della promozione musicale dentro i Centri Commerciali, meccanismo a cui non sfugge il grande cantautore storico quanto il giovane baciato dalla popolarità dei talent televisivi. Mi sono ritrovata, ma sono riuscita a scansarlo, nel rituale del “firma copie”, che è più o meno uguale per tutti, cambia il numero delle persone in coda per l’artista in questione. Mi hanno spiegato un po’ cosa avrei potuto fare e sono rimasta un po’ sbalordita dagli step che un “ascoltatore” di musica dovrebbe seguire in queste “presentazioni”.
Primo step ottenere il pass: “pass prioritario” (come l’ingresso in aereo) per quanti hanno già acquistato il cd nei punti vendita stabiliti, “pass ordinario” per i possessori del cd acquistato altrove.
Passo successivo la firma della liberatoria per accedere al palco per farsi un selfie o una foto insieme all’artista, altrimenti si ha diritto alla sola firma del cd. In alcuni casi, dopo la foto e la firma autografata, con il “pass merchandising” si può addirittura sperare di ottenere un gadget, fino a esaurimento scorte, come nel caso di Fedez, mi hanno spiegato, che metteva a disposizione felpe, tazze e calzettoni col marchio Ferragnez.
L’Instore tour, cioè la tourneè nei negozi di dischi e centri commerciali, ha preso piede negli ultimi anni grazie all’incontro tra due esigenze: l’autopromozione del negozio, che in questo modo attira pubblico e potenziali acquirenti, e le vendite dei dischi per le case discografiche, che attraverso il firma-saluto-foto, veloce e indolore, cercano di smaltire la merce.
Ma non è indolore per quei ragazzi che si mettono in fila per ore e neanche per quella signora, come mi hanno raccontato, che avendo tre figlie ha dovuto acquistare tre cd del piccolo divo del momento non essendo contemplata la foto di gruppo, quindi 50 euro per un sorriso ormai stampato sulla faccia (fino a totale scomparsa, come si dice a Roma), e quella stretta di mano velocissima.
Gli stessi ragazzi sono capaci di seguire tutte le tappe dell’Instore tour, come fossero dei concerti, con la differenza che nessuno suona e che in sottofondo gira all’infinito il cd (quando va bene, perché se si promuove un singolo si entra in un vero e proprio girone infernale). Solo qualche volta è previsto un piccolo show case ma è raro. Alcune volte gli esercenti del negozio si sono stupiti del fatto che volessi far sentire qualche brano e si sono trovati sprovvisti di service audio o licenza SIAE. In fondo a cosa serve uno show all’interno di uno showcase? Non serve, perché le case editrici hanno compreso che c’è una necessità di mercato, quella di adeguarsi alla nuova fruizione di un prodotto e di andare in classifica (la maggior parte dei centri commerciali ha punti vendita certificati GFK, quindi abilitati a “totalizzare” le vendite in funzione di una classifica… sempre meno rappresentativa).
In un mondo in cui si consuma tutto alla velocità della luce, in cui si cambiano gusti, abitudini, moda e idoli, niente di meglio che uno scatto fotografico per fidelizzare il fan, obbligarlo all’acquisto coatto di un prodotto per andare in classifica, e per il centro commerciale una pubblicità inimmaginabile su tutti i social e nuovi acquirenti da inglobare nel data base delle informazioni.
Finito il tutto resta la musica sparata in ogni angolo del Centro, quella studiata per inchiodarci le persone dentro e invogliarle all’acquisto, perché questo è il compito della musica oggi, se non ve ne siete accorti.
Piano piano ci si arriva. Meglio tardi che mai.