Avrei voluto fare un pezzo su Zoda. Voi vi chiederete, e chi cazzo è Zoda? Ecco, il mio pezzo su Zoda partiva proprio da qui, dal fatto che tutti, più o meno, i sani di mente, si chiedono: e chi cazzo è Zoda? Anche buona parte degli addetti ai lavori, laddove per addetti ai lavori si intende coloro che si occupano di musica, perché è nel mondo della musica che io lavoro, si chiedono, a ragione, chi cazzo è Zoda?
Una domanda sensata, comprensibile ai più, cristallina.
Chiaro, non sapendo praticamente nessuno chi cazzo sia in effetti Zoda il perché uno si ponga tale domanda potrebbe suonare come un mistero. Per dire, perché “chi cazzo è Zoda?” sì, e “chi cazzo è PincoPanco?” no?
Il fatto è che, uscite le ultime classifiche Fimi, quelle che in qualche modo hanno rianimato chi, come me, da tempo grida allo scandalo delle classifiche miste streaming+fisico/download, con i primi due posti a due ultrasessantenni come Bruce Springsteen e Madonna, due primi posti che per altro si sono palesati in mezzo mondo, non solo in Italia, due primi posti che dimostrano come hanno un bel dire, i discografici di oggi, che il futuro sono i Post Malone o gli Stocazzetti di turno, ma finché c’è il Boss e Madonna, te saludi, sono loro a svettare, bye bye bimbiminkia e musica demmerda, ecco uscite le ultime classifiche Fimi, quelle di questa settimana, ecco che Madonna non è più al secondo posto, dietro Bruce Springsteen. Cioè, lui, il Boss è sempre in vetta, ma al secondo posto c’è tale Zoda, con un album che si chiama UFO. Un album che, come nel caso dell’ultima fatica di Jovanotti, non più in top 5 ma scivolato al settimo posto, non è in realtà un album, ma un EP, e quindi già ci si dovrebbe chiedere perché sta lì, in una classifica di album. Ma chiedersi perché Zoda con un Ep sia al secondo posto della classifica degli album sarebbe concentrare l’attenzione sul dettaglio sbagliato, come di chi si concentra a guardare la forfora sulla testa di colui che sta per finire sotto la lama della ghigliottina. Perché quel che stupisce non è tanto la faccenda dell’Ep, quanto la faccenda di Zoda stesso. Cioè, come è possibile che un perfetto sconosciuto si trovi lì, senza che nessuno ne sapesse niente? Chi è Zoda? Anzi, chi cazzo è Zoda?
Avrei voluto scrivere di questo, anche per dire che se una classifica mette al primo e al secondo posto un artista come Springsteen, con un lavoro importante come il suo ultimo, e uno stocazzetto come Zoda, ripeto, chi cazzo è Zoda?, forse siamo di fronte al famoso paradosso di cui da tempo si parla. Quello che, a capo della Fimi non ci fosse il Tavecchio della discografia, forse avremmo già affrontato e risolto, ma tant’è, abbiamo Zoda al secondo posto e Mazza a capo della Fimi, amen.
Avrei voluto parlare di questo, e avrei anche voluto addentrarmi in una recensione dell’ultimo singolo dei Modà, il cui titolo non ripeterò per salvaguardare la salute di chi non abbia avuto la sventura di incontrarlo sulla propria strada. Avrei voluto parlarne non perché meritasse attenzione, figuriamoci, descrivere la merda non è esercizio interessante, a meno che non si sia appassionati del genere. Avrei voluto farlo perché, quando giorni fa ne ho scritto, cioè ho scritto di come i Modà si incamminassero verso quello che tecnicamente si chiama un bagno di sangue, in virtù del fatto che fino a oggi sono stati vivi solo perché sostenuti prima dai tre network coinvolti in Ultrasuoni, Rtl 102,5, Rds e RadioItalia, e poi dalla sola radio di Suraci, ma al momento, con le sole Radio Mediaset a passarli, visto gli scazzi di Kekko prima con Montefusco e Volanti, a capo di Rds e RadioItalia, e poi con Suraci, col passaggio sotto mr Salzano e l’accordo con 105, bene, quando giorni fa ho scritto questo sono stato attaccato da un’orda di analfabeti funzionali che, incapaci di capire frasi neanche troppo complesse, si sono premurati di darmi del rosicone dicendo che i Modà sarebbero svettati in classifica grazie a loro, loro che, parlando al singolare, si definiscono “fans”. Avrei voluto farlo perché, nella medesima classifica Fimi, loro, i Modà, sono entrati in un ragguardevole settantaduesimo posto, sotto gente che in quelle classifica ci si trova da oltre un anno. Ora, uno potrebbe anche sostenere che l’anomalia sia la permanenza per oltre un anno di alcuni brani, e sono ovviamente d’accordo, ma io non stavo mica dicendo che è giusto che il mondo giri così, stavo solo dicendo come gira il mondo. Invece no, sei un rosicone, non capisci di musica, salute e pace anche agli stronzi e altre amenità del genere. Ora, dall’alto della settantaduesima posizione in classifica, con una posizione in rotazione radiofonica pari a quella di uno stocazzetto qualsiasi, credo che la faccenda su chi capisse o meno di musica è chiara. Ma siccome sono una brutta persona, piuttosto vendicativa, volevo anche raccontarvi nel dettaglio quanto il nuovo singolo dei Modà, in effetti, facesse cagare. Una canzone banalotta, nella struttura musicale, con un testo che sembra scritto da un ragazzino di prima media, una figura femminile che spingerebbe un qualsiasi misogeno a aprire una pagina fan (o fans, fate voi) della Boldrini, e un mixaggio, spiace dirlo, che sembra fatto col medesimo culo dei cavalli cui si accennava nell’altro articolo, tutto compresso, stirato, che frigge rendendo fastidioso l’ascolto di un brano che sarebbe già fastidioso di suo. Avevo anche trovato che metafora usare, perché sapete che è di metafore che mi occupo, in genere. Volevo partire con una scena di Trainspotting 2 che trovavo particolarmente attinente. Parlo di quella in cui Spud, il tossico che, dei protagonisti della saga scritta da Irvine Welsh e portata al cinema da Danny Boyle è probabilmente quello da considerare con l’anima pura, quello più buono, per quanto si possa considerare buono un tossico, il più puro, parlo di quella in cui Spud decide di uccidersi. La scena, per chi non avesse visto il film, si svolge al ralenti, con un alternarsi tra realtà e immaginazione. Nella realtà Spud si infila un sacchetto di plastica in testa, in una casa di tossici, fatiscente. Nell’immaginazione si pone seduto su una sedia in cima a un grattacielo, lo schienale al filo con la parete del palazzo, la schiena rivolta verso il vuoto. Mentre l’aria comincia a mancare dentro il sacchetto, Spud, nell’immaginazione, comincia a precipitare verso il vuoto. Nel mentre il personaggio interpretato da Mc Ewan, il protagonista assoluto di Trainspotting, arriva nella casa, sempre al ralenti, come per un presagio. Cerca di aprire la porta, non riuscendoci, sempre mentre l’aria di fa più rada dentro il sacchetto e lo schianto a terra si fa più vicino del sogno. Mark Renton, questo il nome del personaggio interpretato da McGregor, apre un buco nella porta, vede il suo amico a terra, il sacchetto in testa. Entra, mentre la morte si avvicina, lo schianto è ormai imminente, corre, e corre, e corre, e lo afferra un attimo prima che Spud si schianti a terra e muioa. Nella realtà gli si avvicina, pronto a strappare il sacchetto di plastica, quando Spud fa una cosa che, da un punto di vista narrativo, è un tocco di genio.
Ecco, io avrei voluto scrivere una recensione dell’ultimo singolo dei Modà in cui io ero Spud, cioè uno puro che, di fronte alle brutture della vita, l’ultimo singolo dei Modà, appunto, decide che è meglio morire. Volevo descrivere come l’incedere del brano coincidesse con l’avvicinarsi dello schianto a terra. E poi, sul finale, avrei svelato come finiva quella scena, con Spud che vomita a fiotti riempiendo il sacchetto di liquidi giallastri, mentre Renton glielo strappa dalla testa.
Ecco, un fiotto di vomito mentre stai tentando di suicidarti, questa la sottile metafora che avrei usato.
Ma siccome sono una brutta persona, e più che a Spud temo di assomigliare a Begbie, il cattivissimo criminale portato in scena da Robert Carlyle, ho deciso di non scrivere quel pezzo, perché come Begbie penso che se proprio devi far rissa, e lui era il re delle risse, devi farla con quelli grossi, puntando ai giganti, non ai nani, e fare rissa con chi entra al settantaduesimo posto in classifica dopo tre anni di silenzio, scusate, ma non fa per me.
Avrei voluto scrivere tutte queste cose, ma alla fin fine, mi sono detto, chi me lo fa fare? Cioè, viviamo in un’epoca e una società in cui loro, gli artisti, non prendono una posizione neanche a ammazzarli, fatte quelle eccezioni che in effetti come eccezioni appaiono, perché dovrei espormi io che neanche sono un artista? Cioè, sono successi i fatti della Sea Watch che tutti conoscete, conclusisi con l’arresto di Carola Rackete e del suo equipaggio.
Salvo Daniele Silvestri, Maria Antonietta, Mannarino, Ex-Otago, Fiorella Mannoia, Paola Turci e l’ormai solito, fortunatamente solito, Gemitaiz e pochi altri artisti, anche artisti che pensavo non si sarebbero esposti, stupido che non sono altro, come J-Ax, Elisa, nessuno ha preso posizione. Non dico per difendere chi, a mio avviso, è da difendere eccome, ma per sottolineare come arrestare per il dissenso chi cerca di salvare vite umane significa, sostanzialmente, sospendere lo stato di diritto, fatto che riguarda sì tutti quanti. Invece niente, il silenzio. Assoluto.
E io dovrei star qui a sbattermi per salvare non vite umane, si badi bene, ma la salvaguardia delle vostre orecchie dalla musica demmerda?
Meglio guardare le serie su Amazon Prime e Netflix, fidatevi, almeno lì gli eroi sono eroi per finta, mica siamo costretti a credergli come in genere facciamo verso certi paladini della giustizia che al dunque preferiscono il silenzio al metterci la faccia.