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27 anni appena, Alessio Lapice è uno dei volti nuovi più promettenti del cinema italiano. Prime esperienze televisive in Sotto copertura e Fuoco Amico TF45, in seguito la partecipazione alla seconda stagione di Gomorra – La Serie. Poi il cinema: Il Padre D’Italia, un road movie intimista che lo vede accanto a Luca Marinelli e Isabella Ragonese; Nato A Casal Di Principe, protagonista in un racconto tratto da una storia vera ambientata nel feudo del clan dei casalesi: Tafanos, divertente horror comedy girata in inglese.
Nel 2019 per Alessio Lapice è arrivata la consacrazione con Il Primo Re di Matteo Rovere, che racconta la fondazione di Roma, con al centro il legame intensissimo tra i fratelli Romolo e Remo (Lapice e Alessandro Borghi). Grazie a questo ruolo, è giunta meritatamente anche la nomination quale migliore attore non protagonista ai Nastri d’Argento – una delle otto candidature del film.
Il Primo Re costituisce una tappa importante del nuovo cinema italiano, per il notevole sforzo produttivo, un kolossal epico più simile a Revenant o Apocalypto che ai peplum d’una volta, mosso da una voglia di realismo che il regista e la sua squadra hanno caparbiamente perseguito, girando solo in esterni tra boschi e paludi dell’entroterra laziale e facendo parlare gli attori in un protolatino modellato con l’aiuto di studiosi dell’università di Roma.
La sfida ha coinvolto più di tutti gli attori, costretti a immergersi in una recitazione di pochissime parole, eminentemente fisica, sempre mezzi nudi, vestiti di pelle e cuoio, gettati nella natura tra fango e polvere. Un set unico, su cui si è creata un’intesa molto forte tra tutte le persone che hanno lavorato al film. Per questo Alessio Lapice, nell’intervista rilasciata ai microfoni di OM Optimagazine, non riesce a scindere il proprio ruolo, e la nomination ai Nastri d’Argento, dal lavoro collettivo a cui ha preso parte: “I premi li vincono gli attori, è vero, ma è un po’ come se restassero sempre al film, è come se gli attori vivessero di riflesso quello che è accaduto al film”.
Il cuore de Il Primo Re è il rapporto tra i due fratelli, in cui si manifesta anche una diversa visione del mondo: Remo che incarna un’idea di potere assoluto, senza giustizia e senza Dio; Romolo invece che rispetta la divinità, e comprende che è giunto il tempo di passare dal tempo dei guerrieri e del mito a quello degli uomini e della storia.
Il legame viscerale tra Romolo e Remo è reso con grande partecipazione dai due protagonisti – anche Borghi ha ottenuto la nomination, come migliore attore – cosa che Alessio Lapice non manca di sottolineare: “Il rapporto con Alessandro Borghi? Per me è come un fratello, sia sul set che fuori. È stato bellissimo lavorare con lui, è una persona molto aperta, quindi ci siamo subito trovati bene. Ricordo i primi giorni di prove. Ci siamo guardati per un attimo con le spade in mano. E poi abbiamo immediatamente cominciato a condividere momenti, parole, come se ci conoscessimo chissà da quanto. Eppure non c’eravamo mai visti prima”.
Adesso Alessio Lapice attende il responso dei Nastri d’Argento. Non sarà facile vincere in una categoria piena di ottime interpretazioni, dal mentore Stefano Accorsi de Il campione a Luigi Lo Cascio e Fabrizio Ferracane, eccellenti ne Il Traditore di Marco Bellocchio. Nel frattempo, Alessio saluta i lettori di OM Optimagazine, e non può che farlo in protolatino, con la battuta con cui si chiude Il Primo Re: “Istam Romam”, “Questa è Roma”.