Tra la fine degli anni sessanta e i primi del settanta, una casa editrice inventò un gioco: una raccolta di figurine fuori dai canoni. Ogni figurina riportava il disegno fumettistico di una faccia, oppure quello di un corpo, la galleria di teste e corpi da abbinare era vasta. Il gusto non era tanto quello di trovare il giusto abbinamento ma quello di storpiare le figure per ottenere un risultato buffo e grottesco, tipo attaccare il faccione di un cow boy sul corpo di una ballerina, quello di un marine sul corpo di un bebè…
Lo spirito di quel gioco sembra tornato di moda ma stavolta riguarda il mondo degli adulti e si applica a cose serie come le cariche politiche, le carriere, le nomine nelle pubbliche amministrazioni.
Il 4 giugno scorso è stato nominato presidente del Conservatorio di Palermo il medico geriatra Mario Barbagallo. La nomina ha innescato dubbi e polemiche, a partire dai requisiti logici e necessari molto stringenti, come una comprovata esperienza maturata nell’ambito di organi di gestione di attività culturali e artistiche, che sembrano non essere stati considerati alla base della scelta . Il Conservatorio Scarlatti ha risposto alle polemiche chiarendo che due sono le figure apicali all’interno: il direttore artistico, eletto dal corpo docente che ha competenze musicali, e il Presidente designato dal Ministro della Ricerca e dell’Università di turno (in questo caso il ministro dell’Istruzione leghista Bussetti), su indicazione di una terna di nomi proposti dal Conservatorio, nomi di prestigio professionale e manageriale che devono svolgere semplicemente un’attività amministrativa.
Nel curriculum di Barbagallo, non vi è alcuna competenza legata alla musica o altro percorso artistico ma sono citati legami di parentela con una nonna musicista e un prozio compositore, e la personale passione per la musica lirica. Sorge spontanea una domanda: se non servono competenze legate alle musica, così come sostiene il Conservatorio di Palermo, come mai nella lettera di presentazione di Barbagallo compaiono ben 40 righe in cui lo stesso parla di esperienze artistiche familiari? Quando mai una nomina avviene per meriti familiari? E dove sono le competenze amministrative e manageriali?
E gli altri candidati della terna chi erano? Paolo Petrocelli, diplomato in violino al Conservatorio di Santa Cecilia, ex membro del Cda del Teatro dell’Opera di Roma, dell’ Accademia musicale Chigiana di Siena, del Conservatorio di Venezia, e l’altro era Leonardo Di Franco, che ha presieduto l’Accademia delle Belle Arti di Palermo, oggi vicepresidente del Teatro Massimo, il lirico di Palermo. Fuori dalla terna il Presidente uscente (in genere inserito nella terna) Librizzi, vicino al PD, che ha guidato per tre anni il Conservatorio. Queste le sue parole, dopo la sua esclusione: “Ho cercato di svolgere il mio mandato avendo al centro l’interesse della Istituzione e degli allievi, con l’obiettivo di accrescerne la fama, di migliorare la vita, di trasformare gli spazi impastandoli di bellezza, di aprirlo alla città rompendo confini chiusi e offrendo opportunità a chi non ne ha avute”.
Librizzi non ha fatto attività amministrativa, ha riqualificato spazi, avviato il recupero dell’Auditorium, portato artisti come Guccini, organizzato concerti all’aperto.
Il caso è finito in Parlamento con un’interrogazione del PD alla Camera, affinchè vengano salvaguardati i principi di adeguatezza e di corrispondenza alla base della nomina, perché la cosa non sta in piedi da qualsiasi parte la si guardi: se è vero che il compito del Presidente è manageriale allora perché nominare un medico piuttosto che un manager? E se non serve la competenza musicale perché infarcire un curriculum di “ascendenze musicali?”.
Che sia tornato il gioco delle figurine? Mai come in questo momento la politica propone abbinamenti arditi e di figure strane senza curriculum adeguati se ne vedono già abbastanza, da finire l’album.