La recensione di Grandissimo di Irene Grandi, 25 anni di carriera portati con stile

Una maturità artistica suggellata in tre capitoli, nei quali scopriamo quanto il passato sia prezioso per il presente


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Quando ascoltiamo “Grandissimo” di Irene Grandi possiamo inumidire i polpastrelli, perché la cantautrice fiorentina ha tradotto in musica i suoi primi 25 anni di carriera. Ogni traccia è una pagina della sua esistenza, da sfogliare con attenzione e con la consapevolezza di dover contestualizzare ogni scelta. La sua dodicesima prova in studio è un disco antologico, diviso in tre capitoli come accade nei libri o nei film di Quentin Tarantino. Un’antologia, però, che non si limita a una selezione dei più grandi successi, bensì a un rosario di inediti, collaborazioni e rivisitazioni live.

Le tre parti del disco sono disposte in ordine audace: la prima, “Inedita”, ci riporta 5 canzoni nuove. Seguono “Insieme”, una scelta di 6 featuring nei quali incontriamo Carmen ConsoliSananda MaitreyaFiorella MannoiaStefano BollaniLoredana Bertè Levante e infine “A-Live”, che raccoglie 5 rivisitazioni rock di vecchi successi eseguiti dal vivo. Irene Grandi, nel frattempo, si è trasferita in collina e la sua pace spirituale si è tradotta in un sempre più maturo entusiasmo di continuare a fare musica, e lo avevamo ben capito con il singolo I passi dell’amore, un brano positivo, energico e carico d’ossigeno trascendentale.

Sembrano ancora tanto vicini i giorni in cui quella ragazza ribelle cantava la libertà personale in Sposati subito, l’amore esplosivo in Bum bum e la spensieratezza di In vacanza da una vita, eppure negli anni ci siamo emozionati con EccezionaleBuon compleannoLa cometa di HalleyBruci la città. Irene Grandi lo sa e lo ricorda con noi, per questo alcuni di questi brani ritornano in “Grandissimo” per dirci che non ci lasceranno, che ne facciamo parte. La produzione di Saverio Lanzalo stesso che ha reso grazia a Cristina DonàArisaDolceneraBiagio AntonacciPGR – non sbaglia un colpo: 16 brani che ci vengono serviti come portate di un ricevimento, dai primi piatti al digestivo.

Lontano da me è la pura anima pop-rock di Irene Grandi. Lo scopriamo dall’intro e dalla ripresa della prima strofa, con quel basso distorto che è un treno in corsa, lo stesso su cui Irene sale per cercare una terra promessa: «Scappo via, fuggo via, con il sole negli occhi, la velocità, finché tramonta sull’asfalto». Il ritmo sostenuto ci prende per mano e ci conduce in superficie e lì, grazie a Irene, troviamo la libertà di un respiro fuori dal caos della mente e del mondo. Quel raggio della notte è l’eleganza di un pianoforte, un’atmosfera che renderebbe fiero anche il David Lynch più crepuscolare di “Blue Velvet”. La canzone d’amore di Irene Grandi è un vestito che precipita sul pavimento, una porta che si chiude senza schioccare, una nota apparentemente fuori scala che veste di jazz un brano che si presenta sotto le mentite spoglie della ballata italiana: «Tu mi fai vedere il sole in un mondo che non mi illumina più».

I passi dell’amore, singolo con la quale abbiamo conosciuto l’anticipazione più degna di “Grandissimo” di Irene Grandi, è un invito a riscoprire la bellezza delle cose, a vedere al di là del semaforo rosso e della nostra gabbia mentale. Niente è per sempre, e il co-autore Dimartino riprende ciò che gli Afterhours avevano raccontato in “Non è per sempre”, ma in Irene troviamo la felicità nelle nuvole, quel filtro naturale che ci separa dalla luce del sole e che possiamo discostare con un soffio, quando siamo vento. Sono qui per te è la rassicurazione, il pop che Irene Grandi sa rendere profumato e confortevole: «Io sono qui per te anche se non dici niente», dice Irene tra chitarre singhiozzanti e dinamiche sincopate. Le sfumature soul di Sono qui per te creano la forma e la sostanza, la giusta armonia che diventa un abbraccio anche quando il coro finale stona, genuino come un amico.

Accesa celebra il presente. Lo fa con le soluzioni melodiche del ritornello, quando il canto è l’esplosione cosmica di quell’accordo in maggiore. Pianoforti e suoni onirici, delay e parole degne della ricerca di un’astrazione che solo l’affinità tra due anime riesce a conferire. Ascoltare Accesa significa guardarsi negli occhi e non fiatare, diventare satelliti e pianeti che si corteggiano, e Irene ci aveva già parlato del suo universo quando ci fece innamorare de La cometa di Halley.

Un blues sincero è ciò che troviamo in Time is on my side, la cover dei Rolling Stones che Irene Grandi esegue in un featuring con Sananda Maitreya – sì, quello che si faceva chiamare Terence Trent D’Arby – e che rispetta il vintage nelle scelte sonore, con quel delay analogico scelto per la voce. Il risultato è il sodalizio tra due voci eccezionali, una messa gospel che apre lo spirito e lo eleva alle sfere celesti. Vi ricordate Alle porte del sogno? Era il 2010 ed era un brano quasi dance, ma in questa versione troviamo l’apporto di Carmen Consoli, la Cantantessa per antonomasia che aggiunge l’ingrediente mediterraneo, la morbidezza che fa da unguento. Fiorella Mannoia partecipa a Un vento senza nome, il brano che Irene presentò a Sanremo nel 2015 e che raccontava, oggi come allora, la forza di guardare al di là di ogni cosa, lo stesso messaggio che troviamo ne I passi dell’amore: «Sei stata di parola, non ti sei fermata, con il vento sei volata via da quel che non è giusto».

La sfida più grande di “Grandissimo” di Irene Grandi è Amore amore amore amore, che ci fa riscoprire Mina con il dolce pianoforte di Stefano Bollani. Irene fraseggia sulle note e modula con eleganza sulle parole di Alberto Sordi ed è subito notte, è subito Roma di notte, una passeggiata sul Lungotevere della Capitale o per la magica Firenze, illuminati da una Luna che sa ancora di ’68, che ha visto l’Italia rinascere dopo il secondo conflitto mondiale. Un viaggio nel tempo che ci riporta al presente quando troviamo Loredana Bertè che raschia con ferocia sul ritornello de La tua ragazza sempre, un ritorno all’adolescenza che mette a confronto due generazioni importanti per la musica italiana.

Il viaggio nel tempo, tuttavia, non è finito. Un motivo maledetto fu il primo singolo della cantautrice fiorentina. Era il 1993, e oggi sradichiamo l’albero dei sogni di Irene Grandi in compagnia di Levante. Le loro voci fanno un girotondo e ci ossessionano, ma del resto anche la bellezza può essere traumatica. Scende qualche lacrima, forse, se pensiamo che tutto questo accadde 25 anni fa e ritorna dopo tanti anni come un lontano parente, una vecchia fotografia.

Il momento di A-Live è arrivato, e Lasciala andare si affianca a La cometa di HalleyPrima di partire per un lungo viaggioBruci la cittàBum bum. Inumidiamo di nuovo i polpastrelli e le fotografie che troviamo sono restaurate, ma non parliamo di fotoritocco: tutte le rivisitazioni live sono pura energia rinnovata, e Prima di partire per un lungo viaggio è l’esempio più alto di questa terza parte di “Grandissimo” di Irene Grandi. Le chitarre sporcano e irrobustiscono, i riff – un po’ Placebo e un po’ The Cure – hanno conservato il taglio ipnotico e decadente di una delle canzoni più belle della “Irek” fiorentina.

Possiamo parlare anche della Irene più crepuscolare di Prima di partire e di quella più cannibale di Bruci la città (dalla penna eccellente di Francesco Bianconi dei Baustelle), e per questo ci accorgiamo di una cantautrice dalle vedute senza limiti, che tocca il cuore con La cometa di Halley e sgomita via la massa da sé con Bum bum, che ancora oggi è un tormentone per chi ha seguito questa risorsa del canto italiano al femminile dall’inizio.

Quando si chiude “Grandissimo” di Irene Grandi arriva il jet lag, quello stato disorientato che ci fa soffrire e gioire, perché ogni scelta del disco è intenzionale: un viaggio nel tempo, si parte dal presente e si atterra nel passato, l’inedito che affonda le sue radici nell’atterraggio sicuro delle origini, una zona di comfort che Irene non abbandona, ma dalla quale guarda sempre lontano. Riusciamo anche noi, ora, a trovare una nuova motivazione. Sono passati 25 anni, ma con “Grandissimo” di Irene Grandi capiamo che sono anni portati bene, che la maturazione è una grande cosa quando si innesta con la sincerità artistica e con la passione.