Osservare l’Europa in tempo reale per 24 ore, dalle 6 del mattino alle 6 del mattino successivo. È questa la promessa del documentario 24H Europe – The next generation, una produzione internazionale che segue le vite di 60 giovani provenienti da 26 Paesi europei. In un momento storico così denso di tensioni, in cui l’euroscetticismo raggiunge vette inesplorate e il sogno europeo appare sempre meno reale, un progetto di questo tipo acquista un valore ancora più attuale.
E proprio ai sogni, alle speranze, alle sfide di questa nuova generazione di europei è dedicato l’evento del 4 maggio al cinema Anteo di Milano, durante il quale la piattaforma francotedesca ARTE – prezioso strumento di diffusione culturale – presenta al pubblico l’ambizioso documentario, per poi lasciare spazio a dibattiti di ampio respiro sull’Europa, il suo significato per i giovani, l’identità e la cultura.
Per cogliere i valori e le motivazioni alla base di un progetto così ambizioso, oltre che con uno dei protagonisti italiani, Mirco Montefinese, ne abbiamo discusso con Vassili Silovic, regista del documentario 24H Europe – The next generation.
D: Come è nata l’idea di questo documentario?
R: Volevamo collaborare con ARTE a un’esperienza di 24 ore, qualcosa che era già stato fatto due volte con i produttori tedeschi, ma questa volta volevamo che avesse un taglio più europeo, sia perché speravamo di arrivare a una coproduzione più grande, sia perché avevamo l’ambizione di puntare più in alto. E così è nata questa idea di abbracciare l’intera Europa.
L’idea era trovare un modo di raccontare una storia europea, cioè parlare dell’Europa senza limitarci a un discorso politico. Per meglio dire, c’è un’impronta decisamente politica, ma non teorica. Volevamo piuttosto mostrare come si vive in Europa e quali sono le situazioni in cui si trova la gioventù europea, senza fare un discorso teorico o giornalistico.
D: Adesso che il progetto è terminato si ritiene soddisfatto del risultato finale? È riuscito a ottenere ciò che sperava o farebbe qualcosa di diverso, se potesse tornare indietro?
R: Posso ritenermi soddisfatto, e credo di poter parlare anche a nome della mia collega tedesca, Britt Meyer. Quindi sì, siamo soddisfatti di tutto, innanzitutto perché siamo sopravvissuti a questo progetto di dimensioni tremende. Abbiamo lavorato per più di un anno in modo intensissimo, come non non mi era mai capitato. Abbiamo collaborato con moltissime persone, persone che ci hanno aiutato e sostenuto.
Si è trattato di un lavoro davvero collettivo. Essere riusciti a portarlo a compimento, essere pronti oggi a mostrarne i risultati è qualcosa di molto importante per tutti noi. Perché ci sono stati momenti in cui abbiamo creduto di non potercela fare, considerato tutto il lavoro necessario per la costruzione dei materiali.
Siamo contenti anche perché credo che siamo riusciti a creare qualcosa di intenso per i telespettatori, senza rimanere su un piano teorico. Perché il problema dell’Europa di oggi, soprattutto nei media, è che spesso annoia le persone. Si parla sempre di Europa, ma questa Europa resta un po’ astratta e ne paga le conseguenze.
Quindi penso e spero che siamo riusciti a renderla molto concreta chiedendo ai protagonisti cosa pensano loro dell’Europa. In sostanza sì, il soggetto è l’Europa, ma non solo, c’è anche la vita quotidiana dei giovani, qualcosa con cui tutti si possono identificare, secondo me.
D: Direbbe quindi che il pubblico ideale del documentario sono gli stessi giovani oppure le generazioni precedenti, che così potrebbero conoscere qualcosa in più su di loro?
R: Certo, il pubblico ideale sono i giovani, ma non vogliamo che sia solo un’occasione, per loro, di guardarsi allo specchio. Per questo ci rivolgiamo anche a tutti gli altri, a quelli che hanno un’altra relazione con l’Europa, in modo che osservino la gioventù e possano vederne la realtà, non solo immaginare cosa potrebbe succedere un domani in Europa.
Perché all’inizio la nostra voglia era anche questa, capire quali elementi del passato la nuova generazione porta con sé nel futuro, come lo costruisce, e non basandoci solo su eventi avvenuti in un passato lontano ma anche più recente, quando loro erano ragazzini.
D: Ha parlato di un progetto enorme. Come è stato possibile coordinarlo efficacemente?
R: Il lavoro mio e della collega tedesca era proprio questo. Prima di tutto abbiamo passato dei mesi a trovare i protagonisti, con persone che ci aiutavano in ogni Paese coinvolto. Quindi per prima cosa abbiamo dovuto stabilire chi doveva aiutarci a cercare i nostri soggetti, abbiamo fatto una sorta di casting tra più di 200 giovani per scegliere i 60 protagonisti.
Dovevamo capire come seguire la loro giornata e raccontarla senza inventarla, ci interessavano molto le loro proposte. Con questi elementi abbiamo iniziato a costruire ogni storia, una per ciascuna ora, e poi abbiamo contattato i registi che hanno lavorato sui singoli elementi, stabilendo anche delle regole molto tecniche, per esempio sulla regia e il montaggio.
Credevamo fosse importante garantire una certa unità, quindi le regole erano necessarie, ma eravamo anche consapevoli che ognuno ha il proprio stile e quindi abbiamo lasciato loro una certa libertà di azione.
Il documentario 24H Europe – The next generation è disponibile sul sito di ARTE dalle 6 del mattino del 4 maggio alle 6 del 5 maggio e poi per i due mesi successivi. Ecco il trailer.
👥60 protagonisti, 24 paesi, 1 continente🕕24 ore, dalle 6 del 4/5 alle 6 del 5/5📽️1 proiezione evento, al Cinema Anteo di Milano ➡️ 24H Europe, la proiezione evento sulla gioventù europea📺"24 H Europe – The Next Generation" è in arrivo! 🔜 https://so.arte/24HEurope
Pubblicato da ARTE in italiano su Mercoledì 24 aprile 2019