“L’Altra Metà” di Francesco Renga disattende le aspettative di chiunque attendeva un nuovo capitolo dell’epicità discografica dell’artista bresciano, ma ciò non significa avere tra le mani un prodotto di bassa qualità. Parliamo, più che altro, di una differenza rispetto al passato, una pagina nuova nata dalle scelte personali dell’ex Timoria che oggi, più che mai, vuole allinearsi con il pop contemporaneo per creare un disco che dovrà comparire nelle playlist dei ragazzi di oggi.
Francesco Renga ha una voce magistrale e negli anni ha dimostrato di poterla impiegare in ogni contesto: se in Uomo Senza Età si interfacciava con l’opera e in Meravigliosa (La Luna) riproponeva la tensione rock delle origini – non dimentichiamo 2020 e La Cura Giusta dei Timoria – ne “L’Altra Metà” si fa prestare i panni dai nomi alquanto noti dal mondo dell’indie: Colapesce, Gazzelle e Danti, infatti, hanno firmato con lui alcune tracce del disco. Non manca Ultimo, vera e propria rivelazione del 2019 in termini di mainstream.
«È un album che dovrà piacere anche a mio figlio», ha detto Francesco, e per questo ha scelto di lavorare insieme ai nomi più riprodotti del mondo dello streaming. Si distanzia parzialmente la bellissima Aspetto Che Torni, il brano sanremese che il cantante bresciano ha dedicato a sua madre come accadeva in Tracce Di Te, e in questo nuovo disco troviamo uno strascico ne L’Odore Del Caffè, scritta insieme a Ultimo e sempre dedicata alla grande assente. Lo stesso Renga ci aveva raccontato che Ultimo è l’artista preferito di sua figlia.
Gioia e dolore sono stati i sentimenti contrastanti che Francesco Renga ha accusato durante la preparazione del disco: i suoi canoni sono stati messi a dura prova, se consideriamo l’inedita veste sonora e l’assenza di virtuosismi vocali che sono sempre stati il suo biglietto da visita. Le sue parole, a tal proposito, rendono chiaramente l’idea: «Soprattutto dal punto di vista vocale è stato difficile». Grande è stato il lavoro del produttore Michele Canova, lo stesso dei precedenti “Tempo Reale” (2014) e “Scriverò Il Tuo Nome” (2016), che in questo disco si è mosso tra pop ed elettronica e ha fatto sì che in tutte le 12 tracce emergesse il meglio di questa sperimentazione.
Aspetto Che Torni, dicevamo, anticipa L’Odore Del Caffè, quest’ultima addolcita dall’intervento di Ultimo che ha saputo ammorbidire la ruvidità del raccontare un’assenza viscerale: l’odore del caffè è quel dettaglio che Francesco, ormai solo, incontra al mattino. Due ballate per due sfumature: la prima è quella straziante, la seconda è quella malinconica con più parole e meno silenzi. Pop ed elettronica, dicevamo, ed è il caso di parlare de L’Unica Risposta, scritta con Colapesce e nella quale troviamo la voce di Renga sdoppiata in due ottave e parole che ci riportano all’attenzione su noi stessi: abbiamo noi la risposta a tutto, e il giusto contenitore di un messaggio così importante ha pareti digitali, casse che non smettono di pompare e riverberi che creano lo spazio mentale che meritiamo.
Ancora, contemporaneità sonora e pop appartengono a Finire anche noi: se finiscono i caffè, le camere in alta stagione e tante altre cose, sarebbe strano “finire anche noi” dopo tanta vita insieme. Lui non può stare in quella casa senza le mani di lei sempre operose nel mettere ordine, ma quel disordine diventa necessario quando arriva Meglio Di Notte, un vero e proprio inno alla spensieratezza che sconfina nella disco music: «Il primo bacio sul taxi, una corsa da pazzi per arrivare fino al cielo, proprio come quei palazzi». C’è movimento, infine, nella canzone che chiude il disco: Oltre celebra l’importanza di dover uscire dai propri confini, specialmente quando nel mondo regna la confusione.
L’it pop, ora, è nelle mani di Francesco Renga e l’artista vi si affaccia con la stessa curiosità di un ragazzino che siede per la prima volta al posto di guida. Bacon è il cibo che Renga associa alle ansie di lei, che lui ha divorato come se fossero bacon e, nonostante questo, ora si ritrova da solo. La ballad è nervosa, tesa da quel pugno che Renga schianta sul tavolo per dirle che non è giusto ritrovarsi “in un letto freddo”, e forse il suo sbaglio è stato proprio quel dire tante cose senza dire niente. Uno sbaglio che lo tormenta, a quanto pare, se consideriamo che a questo vocabolo tormentato ha dedicato due titoli: Dentro Ogni Sbaglio Commesso e Sbaglio Perfetto. Nella prima troviamo un piano elettrico che fa molto ballad anni ’90 e una riflessione sul bene nascosto dentro ogni sbaglio commesso, ma per Sbaglio Perfetto, come per un delitto, siamo forse alla ricerca dell’errore senza la colpa.
Sbaglio Perfetto è scritta da Gazzelle e Danti. L’arrangiamento apparentemente frivolo accompagna un racconto sulla necessità dell’imperfezione: «Siamo foto che vengono male, siamo fuori fuoco però in riva al mare. Tu trova il difetto, ma che sbaglio perfetto». Possiamo confermare, tra l’altro, che se un tempo certi disturbi rendevano inutile una fotografia, oggi quei disturbi vengono riprodotti con gli effetti digitali. Improvvisamente sembra voler riprendere ciò che Tiromancino diceva in Per Me È Importante a proposito della ragione: «Hai sempre avuto ragione tu, ma la ragione adesso non ti serve», perché tutto cambia e lo fa senza preavviso. Improvvisamente, appunto. In questa ballata Renga esplora i suoi vecchi archivi, per questo possiamo trovare il vecchio stile dell’artista bresciano ma non possiamo dire altrettanto per Prima o Poi, una canzone troppo spenta per appartenere alle corde di Francesco.
Prima o Poi, come Sbaglio Perfetto, è scritta insieme a Gazzelle e Danti, ma non trova picchi emozionali che a dire il vero in questo disco sono oltremodo assenti. La canzone è forse il punto più basso della tracklist, vuoi perché l’arrangiamento si presenta piatto e monotono o vuoi perché il testo sembra imbrigliato in una serie di frasi già sentite: «Ho inventato una casa sul mare, l’ho inventata soltanto per noi ma da quando tu non ci sei il sole qui non splende mai». Una leggerezza che perdoniamo con L’Amore del Mostro, quel manifesto anti-generazionale che aspettavamo dall’alto della maturità personale e artistica di Francesco Renga.
L’Amore del Mostro trasuda amarezza, un dipinto distorto del mondo di oggi nel quale tutti siamo costretti a condividere la nostra vita sui social. No, nessuno è costretto, ma lo facciamo comunque. «Siamo tutti uguali non significa niente, perché non siamo tutti uguali, mi pare evidente», canta Francesco con il contributo di Colapesce.
Chiuderemo il disco con un grande punto di domanda, ma anche con tante risposte.
“L’Altra Metà” di Francesco Renga è proprio questa: la novità musicale e l’upgrade stilistico, ma tutto si fa equilibrato quando la sua voce fende l’arrangiamento regalandoci 40 minuti tutti nuovi di pura bellezza. Il timbro dell’ex Timoria è sempre potente ed elegante. Per questa occasione ha tolto energia al fiato per favorire un canto più asciutto e disincantato, ma sempre espressivo e ispirato. Farsene una ragione è d’obbligo: il disco non fa rumore e accostare Francesco Renga al mondo indie può far storcere qualche naso.
“L’Altra Metà” di Francesco Renga sarà al centro del tour teatrale con un primo appuntamento a Verona il 27 maggio, mentre tutte le altre date avranno luogo a partire dall’11 ottobre con il concerto al Teatro degli Arcinboldi di Milano.