La Rai pensa a una Rai 4 al maschile, dopo aver comunicato di voler chiudere Rai Movie. La decisione ha fatto il giro del web e sollevato un polverone, e il fatto che sia già pronta una petizione per chiedere un dietrofront all’azienda dimostra che anche in Italia, a volte, si riesce a essere d’accordo su qualcosa. E sul bisogno di fare qualcosa.
Se ci fermiamo un attimo a pensarci, ci accorgiamo che si tratta di una scelta scellerata non solo perché priva un pubblico estremamente eterogeneo di una programmazione ricchissima e variegata, ma anche perché propone un’alternativa ridicola. L’idea della Rai, infatti, sarebbe quella di incalare Rai 4 verso un pubblico maschile e inaugurare Rai 6 come canale al femminile.
Sì, ma in che senso? Parliamo forse di una trasposizione dei concetti blu-per-i-maschietti e rosa-per-le-femminucce sulla programmazione televisiva? Perché se l’idea è questa, beh, è un chiaro, ulteriore salto indietro nel tempo. Immaginare che qualcuno possa concepire una programmazione in base al genere è allo stesso tempo comico e inquietante. Perché se da un lato è innegabile che le trasmissioni in onda su un canale come DMAX, ad esempio, possano essere appetibili più a un pubblico maschile che non femminile, dall’altro non esiste alcuna segnaletica che indirizzi a un canale più consono le eventuali spettatrici.
In un’epoca in cui la divisione dei ruoli tra uomo e donna inizia – fortunatamente – ad apparire meno marcata, immaginare una Rai 4 al maschile sembra un po’ come spingere l’uomo sul divano in soggiorno e la donna in cucina. Perché cos’altro possiamo aspettarci? Sentir dire che la Rai chiude Rai Movie per lasciar spazio a una programmazione binaria non può che suggerire scenari ridicoli.
Possiamo già immaginare una Rai 4 a testosterone impazzito, la guida tv un rincorrersi di rubriche sportive, approfondimenti sui motori, ruote nel fango, titoli altisonanti che rimandano a inseguimenti e derapate, addominali scolpiti e sguardi truci, distruzioni di massa e virilità spicciola. Dall’altro lato, invece, via con il canale femminile e il cinguettio di sottofondo, gli utilissimi programmi di cucina ed economia domestica, le eterne sorelle McLeod, le vetuste telenovelas messicane o gli ugualmente tristi film in cui il solito gruppo di amiche può concedersi d’impazzire una volta nella vita durante un viaggio di gruppo o prima del matrimonio di una malcapitata.
E la pubblicità? Su uno dei due vedremmo bene trapani e utensili vari, compresse per tenere a bada la prostata birichina, calciatori che lasciano in panchina vecchi detersivi per far posto a nuove soluzioni a prova di imbranato. Sull’altro, invece, un tripudio di donne isteriche a causa dei dolori mestruali, batterie di pentole e materassi, trucchi e piastre per capelli, assorbenti e pannolini e bambini con risate inquietanti. Estremo? Forse, ma lo è ancora di più leggere che la Rai chiude Rai Movie.
Non serve essere spettatori accaniti o cinefili incalliti per considerare un errore clamoroso la chiusura di Rai Movie. E non serve neppure il furore popolare suscitato dalla stessa per capire che la passione per il cinema è quanto di più universale possa venire in mente. Se le cose non dovessero cambiare, se questa rimanesse davvero l’ultima parola della Rai, qualcuno potrebbe davvero ritenere normale il pensiero che i film d’azione siano per gli uomini e quelli d’amore per le donne. Ok, non sarebbe il primo dei nostri problemi, ma vogliamo davvero perdere uno degli ultimi baluardi di storia e cultura – non solo cinematografica – per far posto a una Rai 4 al maschile, qualunque cosa questo voglia dire?