La storia di Ultimo l’ho già vissuta.
Cantautore d’eccellenza, insicuro cronico, incazzato col mondo di cui si sente prigioniero, “rondine al guinzaglio“ che scapperebbe ovunque, purché altrove. La spontaneità incontrollabile vista a Sanremo e il bisogno di sentirsi dire che va tutto bene; lo sbrocco facile che non è aggressività, è fragilità.
La storia di Ultimo l’ho già vissuta e ho visto pure come è andata a finire.
Non scrivo questo articolo per parlare del disco (forse lo farò in futuro) ma per limitarmi a dare una spiegazione a tutti coloro che negli ultimi giorni mi hanno contattata sui social per chiedermi se e quando avremmo incontrato o intervistato Ultimo dal momento che seguiamo e sosteniamo il suo percorso da prima ancora della sua partecipazione a Sanremo Giovani.
Il nuovo ufficio stampa di Ultimo (che lo segue dalla recente esperienza sanremese) ha escluso OptiMagazine da ogni attività promozionale legata all’album Colpa delle Favole, non in linea – devo dedurre – con le aspettative a livello stampa. Sarà che lo abbiamo difeso fermamente quando il resto del mondo lo insultava e lo accusava di mille crimini. Lo ricorda lui stesso, sulle pagine di Vanity Fair: “Mi hanno dato del coatto, fascista, omofobo, ma non sono niente di tutto questo”.
No, Niccolò, non sei coatto, né fascista e neanche omofobo.
Sei ingenuo…
E un po’ è Colpa delle Favole.
È colpa di quella favola che vi raccontano tutti i giorni, a voi che ad un certo punto riempite un palazzetto.
È colpa di quella favola secondo la quale un artista si gestisce solo con i “va tutto bene” e pazienza se poi nessuno ti salva da quella conferenza stampa in cui “l’aiuto da casa” persino io te l’avrei dato.
È colpa di quella favola il cui lieto fine è legato a un “per sempre”, perché niente è per sempre.
È colpa di quella favola che ti raccontano in continuazione sperando che tu, rondine al guinzaglio, il coraggio di liberarti dal cappio che ti strozza possa non trovarlo mai.
È colpa del nuovo modo di intendere la discografia, e di concepire la musica solo come merce del mercato.
È colpa del nuovo modo di gestire gli artisti, ora molto più simili a palle da biliardo da mandare in buca entro la prossima partita, piuttosto che anime fragili e cuori in pena da preservare e da difendere.
È colpa della fragilità di un essere umano insicuro che ha bisogno di conferme continue, spesso cercate in chi non sa dargliele.
È colpa di chi si lascia convincere dai “grandi”,
non capendo di essere lui uno dei GRANDI.
È colpa di chi si lascia convincere dai “grandi”, non sapendo di essere una pedina da far avanzare sulla scacchiera. E molte pedine il Re non lo raggiungono mai: vengono mangiate dagli altri scacchi, sacrificate per salvare chi conta di più.
È colpa dell’ipocondria, che si cura solo con l’amore, però chi “si sente sempre solo col ghiaccio dentro al cuore”, non sempre lo riconosce. Ma lo dici pure tu che “vince chi si sveglia, vive, muore e spera sempre dentro le sue mani”, perché sta storia del “BERSAGLIO INCOMPRESO”, non t’ha mai fatto pensare che forse un bersaglio c’era davvero ma non eri tu, per questo non lo comprendevi?!
E allora guarda le cose da un’altra prospettiva. Se fino ad ora hai guardato sempre avanti e non hai trovato niente, guarda DIETRO.
Io “te faccio pure cantà” volentieri (giusto perché “stai a impazzì appresso a troppe esigenze”) basta che non ti “illudi che la gente sia più di quel che è”.