Prendiamo due grammi di Hozier, una spolverata di Bryan Adams e due gocce di Bruce Springsteen, ma non dimentichiamo di togliere Steven Tyler dal fuoco: in questo modo avremo “You’re Stronger Than You Know” di James Morrison. Abbiamo nominato quattro artisti, ma dobbiamo specificare che il primo è stato estratto in termini di stile. Gli altri tre, invece, si accostano al timbro del cantautore inglese, giunto quest’anno al quinto album in studio a quattro anni di distanza da “Higher Than Here” (2015).
James, artista dalle generalità maledette – ogni volta che lo si nomina viene naturale pensare al compianto James Douglas Morrison – ha scelto di lanciare il nuovo disco con il singolo My Love Goes On in un featuring con Joss Stone, brano scelto in apertura della tracklist. Il suo produttore è il fedele Mark Taylor, lo stesso braccio destro di artisti del calibro di Rod Stewart, Diana Ross e dei più contemporanei Enrique Iglesias, Nelly Furtado e Kylie Minogue. Ascoltare “You’re Stronger Than You Know” di James Morrison ci posiziona dietro una cinepresa nell’atto di catturare immagini che si spostano da una festa di strada di mezza estate a una Cadillac posteggiata in mezzo a un campo di grano negli anni ’60, con un’autoradio che gracchia le canzoni dell’album con l’equalizzazione distorta tanto amata da Stephen King per i suoi romanzi psicologici e sinistri.
Ma no, qui non bisogna avere paura. Il nuovo disco di Morrison è un’iniezione di serotonina per combattere la malinconia anche quando ci troviamo di fronte a ballad come Ruins e Until The Stars Go Out. Sono canzoni piene di bellezza e sentimento, ma non prive di un certo nervosismo emozionale che sicuramente fanno parte dell’animo del cantautore, se consideriamo che ogni paroliere e musicista sceglie l’intimismo come fonte di ispirazione per le sue produzioni.
Il titolo dell’album, non a caso, recita: «Sei più forte di quanto tu creda», e se ascoltiamo con attenzione le dodici canzoni del disco ci accorgiamo che James Morrison ci diventa quasi amico, addirittura un terapeuta che ci aiuta a trovare una forza interiore che credevamo sepolta per sempre. My Love Goes On si apre con un coro gospel “disturbato” da virtuosismi di chitarra acustica. La sua voce fa all’amore con quella di Joss Stone e il beat, incalzante, è una parata celebrativa lungo le vie di una città insieme a tanti abitanti incuriositi. Il testo è una promessa: «Non avere paura, non c’è alcun dubbio: ti tirerò su quando sentirai di cadere, e laverò le tue ferite», e la stessa poesia vivace lascia i suoi strascichi quando arriva Brighter Kind Of Love, che con il suo beat sensuale, estivo e solare. La voce raschiata di Morrison ci insegna: «Tutti cercano un amore più luminoso, l’amore non svanisce», e un pop-soul così fresco e dettagliato ci porta a guardare il sole senza bisogno di un paio di lenti protettive. James Morrison ci protegge per lenire ogni sofferenza, anche fisica.
A che serve abbandonarsi alla negatività, se Beautiful riesce a convincerci dell’esistenza della bellezza in appena quattro minuti? Non serve, perché la dolcezza dei versi non lascia spazio a dubbi: «Sei tutto ciò che desideravo, e mi dispiace non averlo notato prima. Ora che te l’ho detto mi sento più libero, perché sei bellissima». Guardiamoci allo specchio e mettiamocelo in testa, dopo questa canzone che collochiamo al confine tra la ballad e l’espansione di una danza. James Morrison riesce a offrire un sorriso anche quando una relazione è ormai spenta, e questa è la lezione di Feels Like The First Time: è finita, ma tornerò. Fiati, cori, chitarre acustiche e un groove trascinante e intenso fanno da location a parole piene di speranza e promesse.
È il tempo di qualche lacrima, ora, perché il timer della nostra cinepresa si sposta indietro nel tempo con Glorious. Nostalgia, prime scoperte e un bacio sotto la pioggia sono al centro di questo brano soul e celebrativo. Le lacrime del cielo cadono a rallentatore. Guardiamo noi stessi mentre, quel giorno, ci abbandonavamo al vecchio amore e alle vecchie emozioni, che ora sono un ricordo ma formano, allo stesso tempo, le fondamenta del nostro percorso. Anzi, certe volte ne sentiamo la mancanza: «Troviamo un modo per ritornare liberi, perché voglio rivivere quel fuoco che ha dato inizio a tutto».
Power, che nell’intro gioca su accenti e dinamiche per creare un virtuosismo di stile, è la canzone per chi non ha autostima, per chi si crogiola nell’insicurezza: «Pensi di non valere niente, ma sei incredibile. Non sottovalutare il tuo potere». James guarda negli occhi chi si sente escluso dal mondo e gli dice che tutto è pronto ad esplodere. Nel nostro immaginario, la folla che segue Morrison nella sua parata per le vie di una città immaginaria è sempre più numerosa e lo aiuta nel canto.
Slowly, come il titolo suggerisce, si approssima come una ballad. La batteria, timidamente, apre la canzone ed è seguita da modesti accordi di pianoforte. Tutto esplode quando Morrison si interroga su quale sia la sua vera natura prendendo in considerazione le sue origini: «Ho sempre vissuto in una stanza senza finestre, farei meglio a guardarmi dentro». Verso il terzo minuto tutto cambia, con un inserto quasi funk che cerca di apportare un raggio di sole all’interno di un brano così disperato e cupo. Quell’intervento funk è il vero James, quello che si è sollevato e ha imparato a curarsi con la musica.
Ruins è la ballad per eccellenza di “You’re Stronger Than You Know” di James Morrison, seconda solo all’ultima traccia, Until The Stars Go Out. Ruins, letteralmente “rovine”, è la metafora della fenice che risorge dalle sue stesse ceneri. Un rapporto è caduto rovinosamente su un suolo lastricato di problemi, ma insieme ricostruiranno tutto: «Ricorda quando eravamo amanti: abbiamo solo bisogno di un po’ di tempo e presto staremo di nuovo meglio, risorgendo dalle rovine». James lo canta a gran voce, quasi per sottolineare che il suo album non è un semplice packaging da acquistare nei negozi o da scaricare dagli store digitali: James Morrison sta dicendo a noi e ci tiene ad alzare i toni, perché non è lì per caso.
Un tuffo nel vintage degli anni ’60: una Cadillac parcheggiata in mezzo a un campo di grano con una donna che si tortura le narici con un fazzoletto è ciò che vediamo nei 6/8 di I Still Need You. Spiritual, gospel, soul e pop danno voce a una disperata preghiera: «Ti prego, dimmi che anche tu mi vuoi». I Still Need You è un po’ la sorella buona di Don’t Wanna Lose You Now, che mette da parte le atmosfere romantiche e nostalgiche della prima per aprirsi in dinamiche più sensuali. Il dipinto sentimentale di Don’t Wanna Lose You Now è più definito: «Non voglio perderti, quindi dimmi che ce la faremo». Lui la guarda negli occhi, e il brano diventa quel silenzio che anticipa un bacio appassionato, un bacio che stringe un nuovo legame di complicità.
Cross The Line è una nuova esperienza di autoanalisi: James Morrison, questa volta, tocca il tema del perdono e si rivolge a chiunque non sappia imparare dagli errori per darsi una nuova possibilità. Anche questa volta ci ritroviamo con un beat sensuale e intenso, scelta che si rivela azzeccata per attirare più attenzione da parte di chi ascolta. La voce di Morrison scorre ruvida su organi, tastiere e chitarre acustiche convolate a nozze con cori pieni di sentimento. Motivazione e incoraggiamento sono le parole d’ordine, ma quando arriva Until The Stars Go Out cala la notte silenziosa ed è il momento di muovere i passi verso casa.
Non siamo soli: questa ballad è la personificazione di James Morrison che ci guarda le spalle mentre ci insinuiamo nei pericoli delle tenebre: «Sarò con te fino a quando non arriveranno le stelle. Non guardare indietro, il mondo è dinanzi a te». Il crescendo emozionale culmina negli ultimi secondi, quando poi la voce di Morrison diventa una dolce carezza, un bacio sulla fronte prima di abbandonarsi al sonno. La canzone è dedicata alla figlia, vittima di bullismo, e abbiamo a che fare con un padre pieno d’amore e senso di protezione.
Quando termina l’ascolto di “You’re Stronger Than You Know” abbiamo un nuovo compagno di vita, un nuovo padre e un nuovo fratello. Un complice che non ci abbandona, che ci dà una pacca su una spalla per dirci che non siamo soli. Ora possiamo riascoltare e dire “grazie”, perché “You’re Stronger Than You Know” di James Morrison è un disco del quale dobbiamo essere grati.