Cosa può andar storto se sei un attore di talento, hai una fan base adorante e la possibilità di creare, produrre e recitare in una serie sulla piattaforma di streaming per eccellenza? Dipende. Se sei Idris Elba in Turn Up Charlie su Netflix, tutto o quasi. Perché un grande nome non basta a dare senso a un prodotto che non è un insulto, ma quantomeno una perdita di tempo per chiunque vi abbia preso parte o si sia dato la pena di seguirlo.
Turn Up Charlie è la storia di un DJ meteora degli anni ’90, oggi in disgrazia e costretto a vivere con la zia e il cugino. Esibendosi a un matrimonio incontra il vecchio amico David e scopre del suo matrimonio con l’arcinota DJ Sara Caine. Le difficoltà economiche e la pur remota possibilità di rilanciare la propria carriera convincono Charlie a fare da tata a Gabby, figlia dodicenne della coppia. Da questa decisione scaturiscono i prevedibili eventi che condizioneranno la vita personale e professionale del protagonista, della ragazzina e della coppia di genitori.
Non neghiamo che le premesse per Turn Up Charlie, su Netflix dal 15 marzo, siano interessanti. I problemi arrivano quando ci fermiamo a riflettere su come esse si compiano. Innanzitutto, la serie deve fare i conti con un grosso problema di sgradevolezza. Il suo protagonista è sgradevole – dimentichiamo per un attimo di trovarci davanti Idris Elba, l’uomo più sexy del mondo per la rivista People e non solo –, il suo amico è sgradevole, la moglie del suo amico è sgradevole, la figlia dei suoi amici è terribilmente sgradevole. La dodicenne Gabby ha un’intelligenza precoce e superiore alla media, parla tre lingue, pratica le arti marziali e il beat boxing e ha un atteggiamento odioso che non appartiene esattamente né a una ragazzina né a un’adulta. È, in breve, una creatura detestabile che ci aspetteremmo di apprezzare col tempo, in qualche modo, ma che rimane invece una costante fonte di fastidio.
La colpa, è chiaro, non è solo sua. David e Sara, i cattivi genitori che si ritrova, si mostrano incapaci di assicurarle una vita normale, schiacciati come sono dal peso delle rispettive carriere. In altre circostanze un’attenuante del genere avrebbe potuto aiutarci a empatizzare con lei, ma non in questa. In Turn Up Charlie il tentativo di umanizzare Gabby soffermandosi a lungo su di lei regala un esempio perfetto di ciò che succede quando la toppa è peggio del buco. Perché, in fin dei conti, mostrare quanto sia dura la vita per questa ragazzina trascurata dai genitori non riesce a far altro che enfatizzarne la vera natura, quella di bulla, di ricca privilegiata e viziata.
La relazione tra David e Sara, una coppia di successo ma minata da incomprensioni, rancore e insofferenza reciproca, avrebbe potuto dare spessore alla serie, soprattutto se i rispettivi rapporti con Charlie fossero stati indagati con più attenzione. Purtroppo – sorpresa! – Turn Up Charlie perde anche quest’occasione e preferisce invece percorrere il binario morto della relazione ambigua tra il protagonista e la moglie dell’amico.
Secondo le stesse parole di Idris Elba, Turn Up Charlie è nata per essere una comedy, ma non si capisce se almeno a lui sia chiaro di che comedy si tratti e a chi si rivolga. Persa com’è in uno spazio non definito fra sitcom, dramedy e soap, si dibatte fra richiami alla cultura musicale degli anni che furono e il desiderio del suo creatore e protagonista di rendere omaggio al lavoro e alla passione del DJ. Il risultato è una serie troppo infantile per un pubblico adulto, sbiadita in qualsiasi tentativo di affacciarsi anche solo vagamente alla realtà per via di personaggi troppo inverosimili e situazioni banali, sterotipiche o del tutto prive di senso.
Turn Up Charlie su Netflix prova a intraprendere molte strade. Spesso si ritrova in vicoli ciechi, ma in un paio di occasioni arriva a incroci interessanti che danno speranza per il futuro. Uno di questi riguarda i veri momenti da comedy della serie, in particolare le interazioni tra Charlie, il cugino e la zia. Qui c’è spazio per i sorrisi e la vivacità che mostrano il tono di cui avrebbe potuto giovarsi la serie e il potenziale per migliori scelte future. Un altro è la performance di Piper Perabo (Sara), la più brillante del cast. Sempre al top in ruoli sofferenti e tormentati, qui dà spessore e carattere a un personaggio che fa il possibile per essere un po’ meno terribile degli altri.
Infine c’è lo stesso Idris Elba. Guardarlo fare l’idiota sulla scena con l’incrollabile sicurezza di chi sa di essere Idris Elba e non un Charlie DJ qualunque non è una sofferenza, anzi. Ora che la seconda stagione di Turn Up Charlie è in fase di produzione, però, speriamo che qualcuno – un familiare, un amico, la stessa Netflix – lo fermi un secondo e gli chieda: ma noi, di questa roba, ne abbiamo davvero bisogno?