Dopo aver spopolato nel passato, e dopo essere stati rimpiazzati dalle musicassette, poi dai CD, dagli I-Pod e dalle “chiavette”, i dischi in vinile sono tornati recentemente alla ribalta suscitando una certa curiosità fra il pubblico, i critici e i collezionisti di musica. La cosa è interessante non soltanto perché ci conferma che una tecnologia, già data per superata, può tornare in vita (lo si è già visto con il cinema, il telefono, la radio, considerate morte dopo l’avvento della televisione e poi risorte prepotentemente), ma perché ci permette di sperimentare “la differenza”.
A parità di prodotto musicale – vale la pena chiedersi – che differenza passa tra il fatto di averlo come file sul telefonino e averlo invece su un voluminoso disco in vinile? In primo luogo cambia il significato complessivo del prodotto musicale, che ridotto ad un file si presenta come puramente sonoro, immateriale e avulso dal contesto, e che presentato invece in forma di disco diventa oggetto fisico, immagine, narrazione, feticcio. E poi cambia la modalità d’ascolto: il supporto elettronico permette di ascoltare musica in qualsiasi momento, ad esempio mentre si corre, si guida, si mandano messaggi; al contrario, il vinile prevede uno stereo, un apparato tecnologico ingombrante che richiede un luogo fisso e uno spazio adeguato. Ma soprattutto, cambia il valore sociale dell’ascoltare musica. E’ noto che negli anni Sessanta i gruppi di giovani amanti del rock erano soliti uscire di casa portandosi dietro i dischi in vinile preferiti, e in particolare quelli che indicavano l’appartenenza a un determinato gruppo di tendenza o ad un “clan” (ad esempio i Mods piuttosto che i Rockers). Addirittura, il disco in vinile poteva indicare, all’interno di un determinato gruppo, l’appartenenza ad una sotto-comunità ristretta, fanatica di un particolare artista o di un preciso genere. Il disco in vinile era dunque un elemento distintivo, un simbolo della identità personale e collettiva.
Negli anni Settanta, i dischi in vinile erano il primo biglietto da visita di un giovane, la prima cosa che si passava in rassegna quando si entrava nella stanza del compagno o della compagna di scuola, ed erano la “dote” che i ragazzi portavano nei raduni in casa o in occasione delle feste, con l’orgoglio di far sentire qualcosa di nuovo e di coinvolgente. La liturgia prevedeva la presentazione fisica dell’oggetto, lo studio della copertina, la lettura dei testi all’interno, e infine il gesto rituale del pulire il disco, soffiarci sopra, seguire con quell’attimo di sospensione il lento scendere della puntina sui solchi neri e lucidi. Portare i propri dischi a casa di qualcuno era un modo per raccontare se stessi e per ottenere l’attenzione altrui, significava dilatare il tempo e lo spazio, disporsi all’ascolto, restare in silenzio per gustare ogni singolo brano.
Il ritorno del vinile, insomma, non è uno sfizio o un semplice “amarcord”, ma una sorta di laboratorio della nostra socialità, un’occasione per comprendere quanto diverso possa essere il modo di “sentire” la musica. Chissà come reagiranno i giovani d’oggi – quelli che scaricano i brani in una frazione di secondo, che consumano musica correndo in motorino, che saltano freneticamente da un brano all’altro, e per i quali la “condivisione” altro non è se non la trasmissione di un file a qualcuno che lo ascolterà se e quando avrà voglia – dinanzi alla mole imponente di un “long playing”, al vincolo di uno stereo ingombrante, piazzato sopra il mobile nel mezzo esatto tra la cassa di destra e quella di sinistra. Cambieranno approccio alla musica, ne scopriranno il potere aggregante, ne apprezzeranno i rituali e le simbologie, insomma ne diverranno cultori e accoliti, oppure troveranno la cosa curiosa ma scomoda, e comunque maledettamente “lenta”?
Se il vinile avrà successo, se la sua tecnologia troverà un nuovo spazio, portando con sé una diversa modalità di ascolto, allora vuol dire che i media nuovi non annientano quelli vecchi, che restano sempre attuali perché capaci di esprimere ciascuno un linguaggio unico e insostituibile, di produrre significati e valori differenti da caso a caso. Se il vinile avrà successo, potremo dire che il mondo è più reattivo, più curioso e vivace di quanto si pensi, e che un prodotto musicale si può certo ascoltare, ma anche vedere, leggere, toccare, venerare.
Mai lette tante avvietà su ritorno del vinile!
Anzi tutto gli LP non sono mai stati rimpiazzati dalle musicassette che si usavano proprio per registrare i dischi che ti prestava un amico: cassette e vinili erano compagni fedeli!
Ma come si fa a dire che il cinema, il telefono, la radio, sono ritornate dopo essere state considerate morte a causa dell’avvento della televisione… ma in che mondo vive? La radio non è mai morta, e così il cinema e la TV… boh?
Alla fine dell’articolo la grande esperta ci dice che se il vinile avrà successo (successo? ma li conosce i numeri delle vendite di questo supporto?) “un prodotto musicale si ppotrà ascoltare, ma anche vedere, leggere, toccare, venerare. E ci voleva proprio qualcuno come Grazia di Michele che ci aprisse la mente sul mondo del vinile!