Se un giorno non avessi sentito Joni Mitchell, non avrei mai fatto la cantautrice. D’altra parte sarebbe stato molto difficile lasciarsi ispirare da un modello italiano, perché semplicemente in Italia le cantautrici non esistevano. È uno dei motivi per cui trovo ridicola (e pericolosa) la proposta del leghista Alessandro Morelli di riservare almeno un terzo della programmazione radiofonica giornaliera alla produzione musicale italiana.
Un provvedimento analogo già adottato in Francia, sembra non abbia portato risultati positivi nella produzione discografica del Paese, che è calata visibilmente costringendo le radio ad attingere da un archivio ormai esiguo, e a non stare al passo con Spotify o Deezer.
Ma la Siae ribadisce quanto il settore musicale italiano sia un importante volano economico per il nostro Paese, e quanto sia importante lo sviluppo e il rafforzamento della nostra identità musicale. La sensazione è che, al di là della motivazione “culturale” quanto mai debole, l’obiettivo nettamente prevalente sia quello economico, che vede nella musica una merce da regimentare in primo luogo sulle radio che (in modo non corretto) spesso si sottraggono agli obblighi di compilazione di borderò in favore degli autori musicali. Si guarda insomma più al portafoglio che agli assetti complessivi dell’industria musicale. Non si parla, ad esempio, di un sistema di tutela dalle “lobby discografiche”, di incentivare la formazione per i giovani, l’istruzione, la produzione, la cultura musicale, le produzioni indipendenti, le opportunità per i ragazzi di esprimersi e lavorare… tutte cose non mercificabili. Non si parla di pensione per gli artisti, tanto più dopo la chiusura delle case di riposo storiche. La soluzione di ogni problema sembra confluire nella tutela del diritto d’autore italiano nelle radio (e strano pure appare il tempismo con cui un autore prolifico come Mogol assecondi questa proposta).
Troppe cose non tornano. La prima è il fatto che, in un mondo globalizzato dove la musica viaggia senza confini, qualcuno debba “blindare” l’air-play radiofonico italiano, magari sacrificando lo spazio della bellissima musica brasiliana, armena, magrebina, portoghese, africana con la sua influenza sonora positiva. Alla faccia della world music! Se proprio si deve intervenire sulla programmazione radiofonica, perché non imporre alle radio di allargare gli orizzonti culturali degli ascoltatori proponendo la rotazione di musica dal mondo, piuttosto che mettere dieci volte al giorno lo stesso brano su cui la maggior parte delle volte lucrano?
La seconda è che permane il dubbio che nella proposta sovranista ci sia la pericolosa commistione di un approccio ideologico con un robusto interesse economico, con buona pace delle nostre orecchie… Se esiste tanta frenesia di esercitare un controllo per legge, sulla programmazione radiofonica, perché allora non proporre le “quote rosa” per le donne in radio, visto che oggi godono di un “air-play” pari ad appena il 10%, con il risultato che nelle classifiche di vendita si contano sulle dita di una mano? O le quote garantite per le produzioni indipendenti, che debbono oggi competere in categorie specifiche altrimenti scomparirebbero da ogni ribalta?
Mi viene in mente che durante il fascismo le canzoni americane dovevano essere italianizzate, a volte con risultati esilaranti. Come nella letteratura. Mio padre aveva una biblioteca della Bur con libri di Emilia Dickinson e Guglielmo Shakespeare. Nel clima di rinnovata italianità si potrebbe oggi proporre l’entrata “on-air” di Signora Gaga, Giorgio Michele, Michele Jagger, Leone Kravitz, Principe… e l’espatrio immediato di Bobby Solo, Fred Bongusto e dell’apolide Ghemon.
Hai ragione. Dobbiamo preoccuparci. La musica come lo sport (quello vero) è uno degli ultimi spazi liberi. Chi fa musica non fa la guerra .. si diceva. Le canzoni, cordoni ombelicali di intere generazioni, non possono essere catalogate, insieme ai loro autori e cantanti, a seconda della lingua. Cosa vuol dire “straniera” ? E produzione italiana? Chi decide cosa? La musica è il linguaggio universale per antonomasia. Facciamo attenzione a sottovalutare queste esternazioni per nulla scherzose. Hai ragione Grazia .. tutto molto preoccupante.