Ci risiamo.
O magari dovrei dire ci risaremmo.
Nel senso, torna il Festival della Canzone Italiana di Sanremo, ed è la sessantanovesima volta. La seconda targata Claudio Baglioni e Friends and Partners, ma questo ormai lo sanno anche i sassi.
E ancora una volta assistiamo a uno spettacolo popolare, volendo anche nazionalpopolare, tanto per usare una brutta parola che però rende bene l’idea, tipo petaloso, uno spettacolo nazionalpopolare completamente in mano agli uomini.
Fermi tutti, sono un uomo, non sono una femminista. Leggete la firma dell’articolo prima di lasciarvi andare a lamentazioni tipo “ecco la solita tiritera delle quote rosa”. Ma i fatti sono fatti. La storia di Sanremo, inteso come Festival, non come città, ci dice che in sessantanove edizioni mai una volta, dico mai una volta, c’è stata una direttrice artistica donna. Tradotto, mai una volta è stata una donna a decidere chi invitare, o a presiedere una giuria che ha deciso chi avrebbe partecipato. Del resto anche di presentatrici solitarie ce ne sono state pochine, Simona Venura, Antonella Clerici, Raffaella Carrà, sempre poi sbolognate velocemente, manco avessero fatto affondare il Titanic. Del resto non abbiamo mai avuto un Presidentessa della Repubblica o una Presidentessa del Consiglio, di che ci meravigliamo. Qui si parla di canzonette, mica cascherà il mondo.
Ovviamente il mondo non casca, ma resta uno spettacolo desolante, a guardare il passato. Uno spettacolo desolantissimo se si guarda al presente a al passato prossimo. Cioè alle due edizioni baglionian-salzaniane. L’anno scorso i BIG in gara, tra singoli, duetti, terzetti e band, erano quarantaquattro, e di donne se ne contavano quattro. Di qui il mio provare a accendere la lampadina rossa dell’alert, il mio indicare un problema. Come, con un hashtag provocatorio, #LaFigaLaPortoIo legato a un’idea di flashmob da fare online. Ho chiesto, in pratica, a cantanti più o meno famose, non a cantanti più o meno famose escluse da Sanremo, ma a cantanti più o meno famose in generale, di invadere i social con quell’hashtag durante il Festival, menzionando Baglioni. E di invaderlo con foto di tette e culi, perché una provocazione, Femen ce lo ha insegnato, è tale se disturba, se attira l’attenzione anche per i motivi sbagliati. La cosa, lo dico senza poesia, ha funzionato più per me che per il flashmob in sé. Nel senso che si è fatto notare, se n’è parlato, ma alla fin fine non ha ottenuto quel che volevo, cioè non ha acceso nessun faro sul problema. Mi ha semmai fatto passare per quel che già sono: un outsider che prova a mettere in rilievo fragilità e falle del sistema. Di foto, l’anno scorso, ne sono circolate una trentina, sui social, durante il Festival. Ma quasi nessuna aveva le caratteristiche femeniane atte a creare disturbo, e soprattutto se ne sono tenute alla larga quelle artiste che avrebbero creato clamore per il loro seguito. Perché, quasi tutte me lo hanno detto in privato, sarebbe sembrato un modo per esternare malumore, rosicamento, o come si chiama oggi quella sensazione di disagio dovuta al non essere laddove la gente penserebbe di trovarti.
Vero. Ho sbagliato mira. Ho ideato un buon hashtag, ma non era quella la strada da percorrere. Intendiamoci, sull’assenza dei corpi dalle scene mi sono espresso a lungo, in articoli, libri, in uno spettacolo teatrale portato in scena presso l’Officina Pasolini, e di cui qui sotto trovate un trailer, Lady Godiva, fatto con Ilaria Porceddu e con la partecipazione di Noemi, Patrizia Laquidara e La Rappresentante di Lista. Ne ho anche fatto uno speech al TedX di Matera. Quindi posso serenamente dire di esserne fiero promotore. L’assenza di corpi nella nostra musica genera mostri, in primis la presenza costante di stereotipi avvilenti, come quelli delle pubblicità che vogliono le donne sempre belle, giovani e accoglienti. Quindi rivendicare la presenza di corpi svelati, nell’estetica e nelle liriche è sacrosanto, ma forse, trattandosi di Sanremo, del Festival di Sanremo, è la musica che avrei dovuto tirare in ballo. Perché Sanremo è sì uno spettacolo che si guarda, ma è soprattutto uno spettacolo che si ascolta.
Così quest’anno unisco un po’ tutto quello che ho fatto a riguardo negli ultimi dieci anni, cioè prendo il progetto Anatomia Femminile, antologia reiterata nel tempo che raccoglie brani di cantautrici che raccontano il corpo della donna, e il Festivalino di Anatomia Femminile, rassegna virtuale che da due anni presenta sui social video inediti di cantautrici italiane, rassegna che ha presentato qualcosa come duecentoquaranta artiste con oltre un milione di spettatori raggiunti. Ecco, quest’anno il Festivalino di Anatomia Femminile sbarca a Sanremo. Di più, invade Sanremo, con la complicità anche di OM (OptiMagazine), che da qualche giorno mi ospita e che lo farà anche durante la kermesse festivaliera, pubblicando le mie pagelle.
Il Festivalino di Anatomia Femminile sbarca a Sanremo, quindi.
**Come?
Presto per dirvelo. Ma mentre i ventiquattro BIG in gara, per un totale di trentasei artisti di cui solo sei donne, di nuovo Baglioni e Salzano hanno toppato su questo fronte, si contenderanno la vittoria del Festival, ventiquattro cantautrici porteranno la loro musica in riviera, e ovviamente online.
**Chi?
Questo ve lo posso anticipare, promettendovi solennemente che nei prossimi giorni vi racconterò nei dettagli come, dove e quando potrete incontrarle e ascoltarle, che siate fisicamente a Sanremo o virtualmente presenti attraverso social e internet.
Il Festivalino di Anatomia Femminile sbarca a Sanremo attraverso le voci, le note, le parole, le canzoni e anche i corpi, viva Dio, di:
Aba, Deborah Bontempi, Beatrice Campisi, Cecilia, Maddalena Conni, Silvia Conti, Dalise, Maria Devigili, Paola Donzella, Eleviole?, Frey, Gloria Galassi, Irene Ghiotto, Chiara Giacobbe, Erika Ietro, Francesca Incudine, Le canzoni da marciapiede, Marat, Veronica Marchi, Gabriella Martinelli, Silvia Oddi, Cassandra Raffaele, Agnese Valle, Giulia Ventisette.
Tante artiste di talento. Nomi importanti del nostro cantautorato, non solo al femminile. Voci e strumenti, dal piano alla chitarra, passando per l’ukulele, l’arpa, il violino, portati sul palco senza i filtri della televisione. Una vera ondata di canzoni e di stili capaci di tenere testa a quelle in gara. Segnatevi questi nomi, ricordatevi questi volti, andateveli a cercare in attesa che la settimana del Festival si avvicini. Dopo il Festivalino di Anatomia Femminile Sanremo non sarà più la stessa, perché musica è una parola declinata al femminile, magari anche Baglioni se ne accorge.