Il 2019 è un anno strano. Perché, per una strana serie di coincidenze, una buona parte del futuro apocalittico che alcune delle menti più lucide e al tempo stesso visionarie del Novecento ci hanno regalato viene a bussare al nostro immaginario. Toc toc, siamo arrivate.
Non è la prima volta che succede, e forse il caso di 1984, romanzo di George Orwell, il caso più famoso, ma stavolta ci sono coincidenze che inquietano ulteriormente, non fosse altro per come, ancora una volta, gli scrittori fantastici sono stati in grado assai più dei romanzieri tradizionali, di raccontarci l’evoluzione o involuzione della nostra specie.
Insomma, succede che nel 2019, va detto per decisioni arbitrarie di chi ha avuto l’onere e l’onore di portare al cinema due capolavori assoluti della letteratura occidentale tutta, è ambientato sia Blade Runner, film di Ridley Scott, sia V for Vendetta, film di James McTeigue scritto dagli allora fratelli Watchowski, oggi sorelle Watchowski (e so che qui potrei aprire un altro discorso parallelo, che però non aprirò). Il primo è tratto dal romanzo di Philip K. Dick, Anche gli androidi sognano le pecore elettriche o Il cacciatore di androidi che dir si voglia, il secondo dalla graphic novel scritta da Alan Moore e disegnata da David Lloyd. Per la cronaca, Dick non ebbe modo di vedere il film di Scott, mentre Moore e Lloyd quello di McTeigue sì, col risultato che il primo disconobbe l’opera, pretendendo fosse chiara a tutti una sua presa di distanza, mentre il disegnatore si disse soddisfatto della resa cinematografica.
Comunque, il 2019 è l’anno in cui, stando a questi film, dovremmo vivere circondati da androidi e replicanti dalle sembianze di Rutger Hauer e Daryl Hannah, muoverci in aeromobili, avvolti dal buio e dall’attesa di una imminente apocalisse (ll tutto con grande sfoggio di vidiwall), o ancora sotto una dittatura vagamente nazista, molto orwelliana nei contorni, con ipotesi di rivolta che portano i lineamenti stilizzati di Guy Fawkes, uomo del popolo capace di far cadere i potenti.
Ops, magari poi tanto futuristico, questo 2019 ipotizzato dai cineasti, non è. Perché tra gilet gialli e V day, dove il V stava più per un vaffanculo che per la vendetta, il presente è servito.
Solo che la letteratura fantastica, nello specifico quella che si prendeva briga di incrociare le spade con la scienza, leggi alla voce fantascienza, ha sempre provato a raccontarci il futuro, prima guardando alle stelle, alle astronavi, ai marziani, poi andando a intercettare l’intuizione del web, leggi alla voce cyberpunk. Al punto che le agenzie spaziali, dalla Nasa all’Esa, hanno degli appositi uffici di progetti impossibili che proprio dai libri di fantascienza vanno a tirare fuori, traendone suggestioni e spunti.
Così, mi chiedo, mentre il futuro, anche quello raccontato da Zemeckis con la faccia di Michael J. Fox, è stato superato dal presente (lì era il 21 ottobre del 2015), cosa ci regalerà il futuro?
Quali nuove sconvolgenti novità?
Quali apocalittiche sorprese?
E siccome mi occupo prevalentemente di musica, e più recentemente di sistema musica, vista la tanta musica di merda che gira, è lì che ho deciso di guardare, provando a ipotizzare scenari implausibili abbastanza dal suonare affascinanti, ma non troppo improbabili da suonare astrusi.
Siamo a gennaio 2019. Il Tavecchio della discografia italiana, nel presentare i dischi più venduti l’anno scorso, si esalta per la forte presenza nella top 20 di album di artisti, chiamiamoli così, under 30. Roba che, se uno si occupasse di musica invece che di promuovere se stesso sui social con una costanza che neanche Giulia De Lellis, dovrebbe indurre lo stesso Tavecchio della discografia a alzare bandiera bianca, dichiarando resa incondizionata a chi ha deciso, vai a capire perché, di far implodere il mercato, visto che dei dischi presenti in top 20 in realtà se ne sono venduti assai pochi, e son quasi tutti lì per quell’altrettanto decantato streaming che genera traffico ma non genera economie, non almeno a artisti e discografici. Insomma, una apocalisse vera, altroché Blade Runner e V for Vendetta, che vede gente come Capo Plaza assai sopra Jovanotti, o Noys Narcoz sopra Calcutta, tanto per restare tra i giovani. Cristallizzazione della morte nera.
Siamo in questo 2019 qui, quindi, senza replicanti sensibili, solo con trapper che si fanno i selfie in mutande coi corpi delle vittime di un incidente avvenuto a un suo concerto ancora non decomposte nelle bare, e con i vecchi scureggioni della pop music, citazione badate bene, costretti a mettersi in coppia o in trio per provare a portare a casa la pagnotta, e poco importa lo starsi sul culo.
In questo 2019 qui, oggi, sul pianeta terra cosa potrebbe accadere, il Festival della Canzone Italiana di Sanremo alle porte?
Ipotizzo, anche io con un gemello morto alla nascita, di cui porto il nome, come Philip K. Dick.
Le multinazionali della musica, quelle che hanno prima appaltato il lavoro di scouting e anche parte del rischio d’impresa che un tempo era congenito al loro esistere ai talent, e poi lo hanno fatto ai bimbiminkia, giovani senza chissà quale talento se non l’essere giovane, hanno una policy aziendale piuttosto comune alle multinazionali: chi è ai vertici, in genere, non dura mai oltre i dieci anni.
Una casualità vuole che a capo delle nostre multinazionali ci siano manager che stazionano da quelle parti da molti anni.
Uno di questi, il più grande anagraficamente parlando, Andrea Rosi, molla la poltrona. Lo fa anticipando le mosse di casa madre, puntando, giocoforza, a una lauta buonuscita, più che giustificata dagli anni passati in detta poltrona. Al suo posto ascende il suo delfino, Pico Cibelli, al momento a capo degli A&R, e decisamente professionista piuttosto bravo nell’esserci e nel farsi notare. Il suo posto, quello al momento di Pico Cibelli, lo prende il direttore artistico di X Factor, al momento A&R della Sony Music cui è stato affidato il nuovo studio di Maciachini. Niente di apocalittico. Niente buio. Niente piogge acide. Niente video fluo sui vidiwall.
Siccome però stiamo parlando di fantascienza, mica di scienza, ecco una variazione sul tema. Di quelle che poi ti fanno salire sul tetto di un grattacielo come uno Jena Pliskin più grasso in attesa di poter scappare a bordo di un deltaplano.
Andrea Rosi non esce di scena. Non lo ha fatto neanche in passato, e gli va riconosciuto di essere stato il primo, in Italia, a aver visto le potenzialità della musica liquida, in epoca in cui di liquido, in discografia, c’era solo qualche superalcolico che animava notti brave. No. Andrea Rosi passa a lavorare con una nuova realtà discografica. Che riassume in sé tutta la filiera.
Una nuova realtà discografica che ha in sé non solo, quindi, l’area dedicata alla produzione e distribuzione degli album, ma che segua la parte manageriale, e che, ovviamente, si occupi di live. Perché lo sanno tutti, anche in questo futuro alternativo e distopico, che è nei live che al momento sta il business.
Anzi, a volerla dire tutta, è proprio da una agenzia di booking, quella agenzia di booking lì, non c’è neanche bisogno che la nomini, che prende vita la nuova realtà discografica. Primi artisti firmati, siamo sempre nel mondo della fantascienza, Modà, liberi di andarsene da Baraonda, quindi Rtl 102,5, e Ultimo. Rosi, a lungo a capo della Sony, si porta dietro alcuni dei nomi che più funzionano nei live, penso a un Venditti, a un Antonacci, a un De Gregori. A affiancarlo, presumibilmente nel gestire il marketing, un altro ex discografico, Massimo Giuliano, al momento impegnato proprio a Sanremo, al fianco di Claudio Baglioni.
Per altro, questo andare da quella parte della staccionata è un po’ il gatto nero di Matrix, un dejà-vu, perché già tra 2009 e 2010 una situazione analoga si è verificata, col ruolo di Strategy & Business Development. Nella speranza che a differenza del gatto nero che passa due volte per Neo, Morpheus e Trinity, non comporti anche l’arrivo in massa di tanti agenti Smith.
Un 2019 quindi all’insegna della distopia, assai più che nel 2019 ipotizzato dalle sorelle Watchowski quando ancora erano fratelli, o da Ridley Scott. L’oggi, quello reale, non fantasioso, vede ancora Rosi a capo della Sony, Cibelli a capo degli A&R e Ferraguzzo a fare il direttore artistico di X Factor. Vede Giuliano al fianco di Baglioni nella giuria di Sanremo, e lui, il tizio dell’agenzia che potrebbe fare definitivamente filotto, lì, a respirare dietro la sua maschera nera. Io, nell’incertezza, ho comprato una maschera di Guy Fawkes e un mantello. Se vedete palazzi crollare non prendetevela necessariamente con me, magari sono state le Scimmie Spaziali del Progetto Caos di Tyler Durden.
“Fidati, andrà tutto bene… Mi hai conosciuto in un momento molto strano della mia vita…”
With your feet in the air and your head on the ground/
Try this trick and spin it, yeah/
Your head will collapse/
But there’s nothing in it/
And you’ll ask yourself/
Where is my mind?
Un cazzo, lì, tra i frame.
Titoli di coda.