Con “L’ultimo grande eroe” i Sonohra si confermano un coro amalgamato di due voci, con l’attitudine alla ballad fatta di pop leggero italiano, testi romantici e giovanili e una fedeltà al pubblico che già aveva imparato ad amarli ai tempi del brano L’amore, quello che recitava «Sei un viaggio che non ha né meta né destinazione». Il 14 Dicembre “L’ultimo grande eroe” è uscito su tutte le piattaforme musicali.
“L’ultimo grande eroe” è un doppio progetto di cui questo è il primo step. Per l’autunno del 2019 è prevista la pubblicazione della seconda parte. Piccoli passi con i quali i Sonohra si affacciano nuovamente al mercato discografico quattro anni dopo l’album “Il viaggio” (2014) e dopo aver maturato diverse esperienze. Si ricordano, per esempio, le collaborazioni con Eugenio Finardi, Enrico Ruggeri per alcuni testi dell’album “La storia parte da qui” (2012) e la canzone per l’inno ufficiale dell’AC Chievo Verona dal titolo Vola con noi. Ancora, nel 2013 hanno portato uno spettacolo composto da un trio acustico – Sonohra Acoustic Trio – nei club e nei teatri italiani. Gli show portano sul palco il loro amore per il blues/folk.
“L’ultimo grande eroe” è un tributo al loro padre, scomparso nel 2017 e al quale dedicano l’intera opera e la title track. Vivi ogni giorno come fosse l’ultimo è la traccia che apre l’album e che pone l’ascoltatore nelle condizioni di lottare e cogliere ogni attimo per viverlo fino in fondo. Un giro di basso semplice accompagna una chitarra appena arpeggiata e segue una batteria essenziale, come il testo che si compone in messaggi diretti: «Noi che non ci amiamo mai, noi che giochiamo a far gli eroi, non basterà la voglia di sopravvivere». Le voci di Luca e Diego si sovrappongono. Pop e miele, ma anche una carezza ruvida che non è proprio una consolazione.
Da che parte è il tuo destino è un brano ballabile, con chitarre in muting che ricordano gli U2 più celebrativi. «Vivo la vita che vorrei perché mi sento libero». Una batteria sincopata nello stile più rock che gli anni ’90 ricordino, e al termine del groove degli archi distorti chiudono la danza e lasciano sfumare l’adrenalina. Una tensione che trova riposo in Con una foto di James Dean, brano che trova ascolto specialmente tra i ragazzi che cercano un allineamento nel rapporto con la propria famiglia. La foto di James Dean diventa quel sogno di libertà che la ballad dipinge, però, come un qualcosa che rimane inchiodato al muro: «È come se le stelle decidessero il tuo destino e poi quanti nipoti avrai. È più semplice esser tristi per poi consolarci tra di noi». Una canzone perfetta per i pianti sul cuscino quando per l’ennesima volta arriva la consapevolezza di essere troppo giovani per voler fare i grandi.
Ciao, una strizzatina d’occhio ai The Calling di Alex Band grazie all’arpeggio e al cantato iniziali. Un acustico malinconico, la dedica appassionata di una figlia a sua madre, quando questa non c’è più. Tradotta in musica, si sviluppa come una sonata: «Vorrei un’estate ancora», cantano, «Se mi cercherai un’altra volta mi vedrai rincorrerti le mani e poi sfiorarti appena, per dirti Ciao». Il brano prende sfumature blues quando si approssima al finale. Si chiude l’estate e resta il dolore, e il suono si forma tra mani vuote e chitarre suonate con lo slider. L’attitudine quasi gospel cerca di sdrammatizzare, forse, ma riesce ad essere un vano tentativo di nascondere un vuoto immenso.
Il brano più radiofonico de “L’ultimo grande eroe” è, in assoluto Come un falco che va nel suo cielo. Il riff iniziale è nello stile di Scar Tissue dei Red Hot Chili Peppers. Le loro voci si uniscono dopo l’intervento di batteria, che si aggiunge agli strumenti e dà un bel ritmo sostenuto. Come un falco che va nel suo cielo è quasi una ripresa della prima traccia, Vivi ogni giorno come fosse l’ultimo, un invito a superare i propri limiti argomentato con un pop-soul delicato, forse una scelta per dosare nei tempi giusti le spinte motivazionali indirizzate a chi ascolta.
Se Come un falco che va nel suo cielo è lo sguardo verso il sole, Un senso per me è il salto che offre un paio d’ali, grazie all’arrangiamento tipicamente rock: «Quello che non ho lo inventerò, nulla è impossibile» si unisce a parole di timida presunzione, nella consapevolezza di aver trovato un senso a tutto, anche alle pietre che impediscono l’elevazione, che nel testo dei Sonohra diventano piume. Il rock della base sottolinea con ottimo equilibrio i messaggi contenuti nel testo, reso al massimo dalle abili voci di Luca e Diego.
“L’ultimo grande eroe” riprende a offrire i piatti più conosciuti dei Sonohra, con L’ultimo ballo lento, canzone pop sull’amore da conquistare con sfumature fiabesche: «Noi, che siamo così distratti da chi ci vuol far credere che non esiste l’isola che non c’è», con un «ballo lento» che diventa un pugno d’indignazione su un tavolo per la perdita di certi valori che prima si davano al sentimento. Una rassegnazione, cantata con nervosismo e grigiore.
Un gioco di parole è forse la traccia più anomala de “L’ultimo grande eroe”. Un arrangiamento quasi visionario, liriche cupe e chitarre che si insinuano con scale e tapping che disegnano, chiaramente, il capolinea di una relazione ridotta solamente a una guerra di parole. Il brano diventa rock, in una seria considerazione, dallo special del brano. Parole, appunto, che non lasciano spazio a dubbi: «E chissà se saprai scegliere, e chissà se saprai vivere». Il basso è suonato col plettro con doppia pennata; la batteria raddoppia, dimezza, si arresta e riparte. Rock, semplicemente.
L’ultimo grande eroe, title track del disco, è la ballad malinconica per eccellenza, ma che non affronta lo strazio con struggenti archi accompagnati dal piano. Le lacrime si liberano, questa volta, con un pop-rock che quasi fa il verso ai Cure e che ripercorre, timidamente, le più grandi tendenze dell’indie britannico. «Restiamo in bilico sospesi qui, la luce arriva fino a là e noi di qua a rincorrerla». Luca e Diego parlano al loro padre nel loro linguaggio preferito: la musica, la loro musica, e cercano di recapitargli un messaggio così importante senza essere scontati, evitando il lento struggente e affidandosi a una spinta sostenuta e motivante.
Un soffio d’aria nuova chiude “L’ultimo grande eroe”. Freschezza, rock’n’roll e chitarre più presenti sono lo spiraglio che lascia il disco con un testo energico e positivo: «Senti quest’aria nuova che avvolge noi, per darci un po’ d’amore», nella consapevolezza che un futuro migliore è possibile, anche dopo una triste ricorrenza come quella celebrata nella traccia precedente, L’ultimo grande eroe che dà il titolo all’album e un senso a tutto l’ascolto.
I Sonohra vivono di coerenza e ricerca continua di una maturazione, e lo dimostrano con “L’ultimo grande eroe”, un disco che non nasconde la loro passione per il rock e per il blues ma che si affaccia, adesso, alle nuove generazioni per offrire messaggi di speranza, amore e anche coscienza di sé nel linguaggio meno ricercato e più diretto. Pop, prima di tutto, perché “pop” è “popolare”, vicino al pubblico e senza distanze di classe. Il duo usa e modula abilmente le voci e interviene con delicati riff, assoli e audaci scale anche nel mezzo di una ballad.
“L’ultimo grande eroe” è il ritorno sulla scena dei Sonohra, che già avevano conquistato il pubblico con la ballad L’amore che anche oggi viene eseguita come un inno d’amore, un cantato romantico potente e pieno di significato. Alla conferenza stampa hanno riferito: «Non siamo ancora completamente noi, resistono ancora delle barriere che ci hanno impedito di metterci completamente a nudo, ma ci stiamo lavorando. Siamo entrambi molto riservati, scavare in noi stessi e buttare fuori tutto in musica è un percorso che stiamo coltivando». Se “L’ultimo grande eroe” è un primo step per un progetto doppio, a mettersi in discussione è anche il percorso artistico del duo: una ricerca di una sicurezza ancora non raggiunta con la musica, ma sondata a piccole dosi attraverso i brani di questo nuovo album.