Anche stavolta, con Shiny and Oh So Bright Vol 1 / LP: No Past No Future No Sun gli aficionados della santa trinità Billy Corgan-James Iha-Jimmy Chamberlin (D’Arcy Wretzky l’abbiamo persa da un pezzo) si chiedono se sia il caso di andare oltre. Ciò che è chiaro è che di ciò che resta del grunge, dell’alternative rock e del noise degli anni ’90 è ben poco, perché queste due decadi del 2000 hanno divorato, digerito e rivestito tutto.
Nessuno si aspettava un ritorno a “Mellon Collie and the infinite sadness”, tanto meno un “Adore” e meno che mai un “Gish”, ma dopo l’interessante “Machina / The machine of God” e l’ostinato “Oceania” – sorvoliamo su “Monuments to an elegy” – ci si aspettava una maggiore presa di coscienza. Presuntuoso da dire, forse, se non si conosce il vissuto di un artista e il lungo percorso di una nuova maturità raggiunta, ma Shiny and Oh so Bright Vol 1 / LP: No Past No Future No Sun fa perplimere e non poco. Pubblicato il 16 novembre, era stato anticipato a giugno dal singolo Solara. Ingannevole per quella chitarra distorta in muting che lasciava pensare alla tagliente combinazione tra i riff strappapelle, vero marchio di fabbrica della band di Chicago, e la voce sgraziata di Billy Corgan, che pur da quel timbro nasale e caratteristico riusciva a creare formule incisive, fredde, profonde. Poi no, Solara ha quel maledetto cromatismo, fastidioso quasi, sulle parole “High and dry, nothing than a body in my mind / A bocca asciutta, nella mia testa non sono altro che un corpo” crea una frivolezza decisamente fuori luogo per lo stile della band.
Tutti avevano respirato un po’ di speranza, invece, quando il 13 settembre era stato lanciato il singolo Silvery Sometimes (Ghosts). Tutti, all’unisono, avevano gridato al ritorno di 1979, il fortunato singolo estratto da “Mellon Collie and the Infinite Sadness” e ai video che strizzavano l’occhio al grottesco, all’impressionismo. Quasi una ripresa nostalgica, ma era tutta apparenza, perché Shiny and Oh so bright / LP: No Past No Future No Sun non è nulla che gli headbangers potrebbero gustarsi. Immaginiamo un album di fotografie segnate dal tempo, con quella patina vetusta che le rende affascinanti ma lontane. Ecco, Shiny and Oh so bright / LP: No Past No Future No Sun è proprio questo. Corgan, Iha e Chamberlin, di nuovo riuniti insieme agli altri turnisti, sfogliano le diapositive della loro carriera e ci presentano la loro rassegnazione.
I riff mastodontici non ci sono – ricordiamo insieme, per consolarci, quel brutale arrangiamento di Where boys fear to thread – e con essi nemmeno quei virtuosismi di batteria che Jimmy Chamberlin sapeva esprimere, quando nell’apice del suo controllo sfondava i timpani per An ode to no one. Possiamo apprezzare Travels, terza traccia del disco, ma non per il testo. Forse la più bassa performance come paroliere per Billy Corgan, che in questo brano si fa ripetitivo pur sopra un arrangiamento intenso e malinconico. Marchin’ On e Seek and you shall destroy sono tentativi quasi riusciti di possenza. Un timido fuzz li distingue dal resto dell’album, ma non trovano decollo. Ruvidi, sì, con una voce parzialmente effettata senza pretese, sì, ma niente che faccia acquisire punteggio a Shiny and Oh so bright / LP: No Past No Future No Sun.
Shiny and Oh so bright / LP: No Past No Future No Sun è prodotto da Rick Rubin, lo stesso che ha messo la firma ai più famosi album dei Red Hot Chili Peppers, dei Linkin Park, dei System of a down e dei Rage against the machine. Ora, alla domanda “dove sono gli Smashing Pumpkins?” risponde la stessa band nella seconda parte del titolo: no past (nessun passato), no future (nessun futuro), no sun (nessun sole). Non troverete, in Shiny and Oh so bright, gli Smashing Pumpkins del passato né una promessa per il futuro. La band di Billy Corgan è nel presente, il “suo” presente, quello di cui fanno ciò che vogliono, anche quando pubblicano un nuovo album.