A Star Is Born, la stella di Lady Gaga è più scintillante che mai nel remake di Bradley Cooper (recensione)

La nostra recensione in anteprima di A Star Is Born, debutto alla regia di Bradley Cooper con Lady Gaga presentato alla Mostra del Cinema di Venezia

A Star Is Born

INTERAZIONI: 126

Capelli biondo cenere perennemente spettinati, occhioni da cerbiatta truccati senza troppe cerimonie, un naso forse troppo generoso, un lavoro modesto e una grande ambizione da perseguire. In A Star Is Born, terzo remake del celebre film del 1937 diretto qui da Bradley Cooper, Lady Gaga è Ally, la ragazza della porta accanto. E se Ally ha preso vita, e se sembra così vera quando la vediamo sullo schermo protagonista della più tragica delle favole, il merito è tutto della sua superlativa interprete.

Non giriamoci intorno: Lady Gaga è il cuore pulsante di A Star Is Born. Già regina del pop moderno, Gaga dà prova di essere anche un’ottima attrice quando riesce in maniera più che credibile a smettere i panni dell’eccentrica innovatrice che veste dal 2008: non è più Lady Gaga nei 135 minuti di durata del film, ma è solo Ally. Ally fragile, con gli occhi pieni di speranze e una voce incredibile, calda, pazzesca. Non è solo Jackson Maine a innamorarsi perdutamente di lei, ma anche il pubblico: Ally è allo stesso tempo noi e quello che vorremmo essere. Chiunque abbia pregiudizi sulla sua capacità di trasformarsi, chiunque veda in Lady Gaga solo forma a discapito della sostanza, dovrà ricredersi e pentirsi guardando questo film: sono in poche le interpreti musicali in grado di essere camaleontiche come lei, sono ancora meno quelle che, trasportate nel mondo del cinema, riescono a stupire ancora una volta, mostrando un nuovo lato di sé e infondendolo nel proprio personaggio – interpretato per giunta in precedenza da mostri sacri come Judy Garland e Barbra Streisand.

La strepitosa performance attoriale di Gaga, che non sbaglia una scena in termini di tono, sguardo e linguaggio del corpo, trova un’alleata nella fresca regia di Bradley Cooper in quello che è un perfetto debutto dietro la macchina da presa. Una sfida nella sfida, perché alla difficoltà del remake si aggiungono le scene dal vivo, girate a veri festival musicali in giro per gli Stati Uniti. Tutte prove superate a pieni voti, con un occhio molto attento e sensibile: non c’è un’inquadratura fuori posto, non un dettaglio mancato, mai uno sguardo voyeuristico o superficiale. E, come se non bastasse, Bradley Cooper è anche attento a restituire una personalità complessa e tormentata con il suo Jackson Maine, e non il cliché del musicista bello e dannato, in quella che forse è una delle sue migliori performance di sempre, complice anche una inedita voce grintosa e calda tanto nel parlato quanto nel cantato. E a proposito di cantato, brani come Shallows e I Will Never Love Again fanno breccia in chi guarda, che desidererebbe ascoltare ancora e ancora le voci di Gaga e Cooper fondersi nei loro duetti, canzoni scritte da loro stessi per il film e prodotte da grandi nomi della musica contemporanea. C’è qualcosa di magico nel pensare a come una produzione musicale possa infondere nuova linfa a una storia che esiste da quasi cent’anni.

A Star Is Born ha due destinazioni, molto diverse tra loro. Prima, gli Oscar. Forse non vincerà nulla, forse Gaga sarà la nuova Cher, forse le canzoni sbaraglieranno tutti, forse la pellicola si fermerà ai Golden Globes, o forse neanche quello: ciò non toglie che, inequivocabilmente, c’è un’ambizione in questo film che non può che derivare dalla passione con cui è stato fatto. La seconda, il cuore degli spettatori. Lo si è detto anche in conferenza stampa a Venezia: è una storia senza tempo, in grado di toccare innumerevoli spettatori in tutto il mondo. Ma è anche la certezza che Bradley Cooper è un ottimo regista, oltre che un grande attore. E che, dopo queste due ore e un quarto, Lady Gaga e la sua Ally saranno difficili da dimenticare anche per chi la sua musica non l’ha mai ascoltata. Mai titolo fu più profetico, insomma.