La versione estiva del Prisoner 709 Tour di Caparezza ha fatto tappa lunedì 30 luglio nell’Area Mercatale di Cava de’ Tirreni per la kermesse Cavasounds, con la sua quattordicesima tappa outdoor. E ancora una volta, per i cinquemila accorsi da ogni parte della Campania, Michele Salvemini ha imbastito uno spettacolo peculiare e fuori dagli schemi, capace di entusiasmare il pubblico trascinandolo all’interno del mondo visionario che ognuno dei suoi brani è capace di ricreare sul palcoscenico.
Uno spettacolo che, a detta dello stesso Caparezza, non è più caratterizzato dal tema della prigionia come è stato l’ultimo tour invernale. Al contrario, la tranche estiva esplora il concetto opposto, quello della libertà, portando in scena un sequel del tour precedente, ma adatto anche a chi non ha assistito al primo capitolo, perché il racconto del cantautore permette di districarsi tra le canzoni individuando la trama che lega le varie parti dello show dall’inizio alla fine.
La scaletta del tour estivo, a differenza di quella invernale, si apre con L’infinto, brano forse inatteso per l’apertura di questo live. Tratto dall’ultimo album di Caparezza, denuncia l’estrema falsità e superficialità della società odierna, paragonandola a quella dei mondi virtuali creati dai computer e dagli altri dispositivi elettronici da cui tutti oggi sembrano essere dipendenti. Un tema affrontato scenograficamente grazie alla presenza di atleti travestiti da robot che si muovono sul palco come fossero ingabbiati all’interno di una grande catena di montaggio che li assembla, interpretando una sorta di fordismo del nuovo millennio: è questo lo scenario che anticipa l’ingresso di Caparezza, opportunamente vestito con abiti futuristici che fanno pendant con l’effetto robotico della sua voce riprodotta nel brano. Verso la fine dell’esecuzione, un enorme uovo viene portato sul palcoscenico, legato ad una grossa presa usb che, una volta collegata, lo fa schiudere per mostrare grosso alieno semovente che richiama quelli citati all’interno del brano.
Ma tutto ciò non è che l’inizio di uno spettacolo che continua a sorprendere gli spettatori per circa due ore. Dopo la title-track dell’ultimo album, Prisoner 709, che comincia a scatenare l’atmosfera, è la volta di Argenti vive, uno dei brani che più di tutti acquista forza ed energia nella resa dal vivo: è qui che Caparezza in persona monta un grosso cane a tre teste raffigurante Cerbero, girovagando sul palco insieme a un Dante Alighieri spaventato dall’Inferno della sua Divina Commedia, a cui il pezzo fa riferimento. Il Sommo Poeta è interpretato, così come altri personaggi che accompagnano lo spettacolo di Caparezza sul palcoscenico, dal buon Diego Perrone, compagno ormai fidato del cantautore che tutti gli appassionati della sua musica hanno imparato a riconoscere, diventato negli anni una colonna portante dei suoi spettacoli.
Altra piacevole sorpresa per gli spettatori è La mia parte intollerante, tratta dal terzo album dell’artista, Habemus Capa, che è sempre rimasto un caposaldo del suo repertorio apprezzatissimo dai fan ma che non aveva trovato spazio negli ultimi tour del cantautore. Si continua poi con Larsen, per un’esecuzione che restando fedele al videoclip del brano vede Caparezza seguito morbosamente sul palco da un uccello antropomorfo, a raffigurare l’oppressione dell’acufene che da qualche anno lo opprime senza lasciargli tregua, forma di prigionia che ha dato il nome al suo ultimo progetto in studio. Un pezzo molto personale e per questo uno dei più apprezzati dal suo pubblico, come ha testimoniato la sensibilità verso il testo mostrata dagli spettatori durante l’esecuzione. Ma il momento così intimo lascia presto spazio all’ironia con un monologo di Caparezza sulla figura di San Michele e sul suo rapporto con la religione, per introdurre al pubblico Il sogno eretico e Confusianesimo, un’altra delle perle del suo ultimo album e tra le canzoni più attese della scaletta del nuovo tour.
Dal presente al passato, non è mancato un pezzo che da tanti anni caratterizza la musica di Caparezza e che ha contribuito in modo determinante alla sua affermazione: Vengo dalla luna ha scatenato un’esplosione di adrenalina nella folla nonostante lo stesso artista abbia ammesso, poco prima di realizzarla, di attendere con ansia il giorno in cui non sarà più necessario suonare questo brano perché finalmente il suo senso sarà superato. “Mi sembra chiaro che quel momento non è ancora arrivato” ha sottolineato Caparezza riferendosi all’attuale clima politico e sociale da caccia al diverso e allo straniero, chiaramente condannato dal testo del brano (“Io non sono nero/Io non sono bianco (…) Io non provengo da nazione alcuna/Io, sì, io vengo dalla luna“).
Grande accoglienza anche per Dalla parte del toro, mentre la ballata romantica China Town, col suo inno all’arte della scrittura, rappresenta indubbiamente il momento più intimo dello show, quello in cui Caparezza celebra la sua vocazione per la parola e la musica. A riaccendere gli animi ci pensa la carica motivazionale di Una chiave, singolo tratto dall’ultimo album che vede l’artista vagare per il palco all’interno di una serratura a grandezza uomo, riprendendo ancora una volta il tema del videoclip del brano. Prosopagno sia! traccia una sorta di intervallo in cui Caparezza lascia ai suoi collaboratori l’esecuzione di questo brano d’intermezzo, per poi tornare ad inaugurare la seconda parte dello show che si apre con un nuovo monologo, dedicato alla rivoluzione dei costumi nata dalle battaglie del Sessantotto, un cambiamento epocale che dopo mezzo secolo sembra paradossalmente destinato a regredire: “Oggi si respira l’aria del ’68, del 1868“. Ovviamente il brano seguente in scaletta è La rivoluzione del sessintutto, tratto da Le dimensioni del mio caos, un’altra gradita sorpresa all’interno della nuova scaletta. Sorpresa che si è aggiunta a quella di ascoltare un altro brano dell’ultimo album, L’uomo che premette, mischiarsi senza soluzione di continuità al brano precedente, con cui il testo condivide la critica alla tendenza della società italiana al conservatorismo piuttosto che al progressismo.
Verso il finale un’infornata di grandi classici: si parte da Goodbye Malinconia, con la partecipazione di Perrone che prende degnamente il posto di Tony Hadley, accompagnando Caparezza nella sua esecuzione all’interno di una ruota per criceti gigante, l’immancabile Vieni a ballare in Puglia, dalla scenografia in salsa messicana con tanto di mariachi con chitarra e cappello, e infine Non me lo posso permettere, tratto dall’amatissimo penultimo album Museica. Tre capolavori per la parte più euforica dello show, che si è conclusa con Abiura di me a far saltare la folla dell’arena di Cavasounds.
Prima della conclusione, il cantautore di Molfetta lascia di nuovo spazio ai brani del suo ultimo album con Ti fa stare bene (con le immagini e le voci dei bambini del Coro dell’Antoniano sul grande schermo alle sue spalle durante il ritornello): per il primo singolo da Prisoner 709, diversi stunt eseguono dinamiche coreografie su delle scope volanti, per poi lasciare spazio a Caparezza che sul finale si cala dall’alto in sella a una scopa gigantesca. Per cantare Il testo che avrei voluto scrivere, invece, l’artista si cala all’interno di un enorme temperamatite che spunta una matita gigante.
La parte finale dello spettacolo vede il cantautore regalare ai suoi fan alcuni dei suoi pezzi dal maggior successo di pubblico, quelli che nonostante gli anni e l’abitudine all’ascolto non possono comunque mancare in ogni scaletta che si rispetti. È qui che torna il suo brano più iconico, Fuori dal tunnel, seguito, infine, da Mica Van Gogh: il cerchio si chiude perfettamente con questo testo a rimarcare ancora una volta il concetto di libertà che permea lo spettacolo. Accingendosi a descrivere, sempre alla sua maniera tra ironia e riflessione, il famoso dipinto dell’artista olandese La ronda dei carcerati che ha rappresentato in maniera brillante il contrasto tra i concetti di prigionia e libertà, con questo pezzo Caparezza saluta il pubblico lanciando il suo messaggio, un inno alla ricerca dell’originalità e alla valorizzazione delle diversità, un invito a non aver paura di quel pizzico di follia che alberga in ciascuno e a non lasciarlo soffocare dall’ordinario. Insieme alla band e al corpo di ballo, il saluto arriva sulle note di Sogno di potere a concludere definitivamente uno spettacolo che è degno erede del precedente tour e che conferma ancora una volta il talento puro di questo artista a tutto tondo, autore, musicista, produttore e performer che continua a stagliarsi come un gigante nel fiacco panorama del cantautorato italiano.
La tappa di Cava de’ Tirreni del Prisoner 709 Tour ha tenuto a battesimo Cavasounds, il nuovo progetto nato dalla sinergia tra l’Amministrazione Comunale e Anni 60 Produzioni per riportare la grande musica live in città in una nuova area per i concerti, individuata nella centrale ed ampia Area Mercatale, con la sfida di renderla già dal prossimo anno teatro di un mini festival con un cartellone di grandi voci del panorama nazionale e internazionale. Un progetto ambizioso che si ispira al lavoro del compianto Ciccio Troiano, capace di portare dagli anni ’70 in poi nel Sud Italia memorabili tour mondiali come quelli di Pink Floyd, Duran Duran, Bob Dylan e Dire Straits.
Ecco la scaletta e alcuni video dal concerto di Caparezza per Cavasounds.
L’infinto
Prisoner 709
Argenti vive
La mia parte intollerante
Larsen
Sono il tuo sogno eretico
Confusianesimo
Vengo dalla luna
Dalla parte del toro
China Town
Una chiave
Prosopagno sia!
La rivoluzione del sessintutto
L’uomo che premette
Goodbye Malinconia
Vieni a ballare in Puglia
Non me lo posso permettere
Abiura di me
Ti fa stare bene
Il testo che avrei voluto scrivere
Fuori dal tunnel
Mica Van Gogh
Sogno di potere