Quella di Assassin’s Creed è senza dubbio una delle saghe più importanti dell’ultimo decennio. Destreggiandosi tra titoli eccezionali, altri più sottotono e altri che – a causa di gravi problemi tecnici – hanno deluso grandemente l’utenza, Ubisoft è comunque riuscita a creare un franchise appassionante, con un immaginario solido e una capacità di ricostruzione storica che per certi versi rimane unica nel panorama videoludico. Dopo alcuni anni vissuti all’ombra di sé stessa, ma in cui dietro le quinte prendeva forma il progetto clamoroso chiamato Assassin’s Creed Origins, la software house è pronta per riportare in auge la sua creatura più importante e remunerativa degli ultimi anni, un’operazione che include anche il riportare i capitoli più ambiti della saga sulle console di nuova generazione, al fine di formare una libreria completa anche su PS4 e Xbox One: un trend che ha portato al porting (ottimo) di Assassin’s Creed IV Black Flag e all’acclamata Remastered della Ezio Collection e che, il 20 marzo, fa sbarcare anche Assassin’s Creed Rogue, un capitolo controverso ma in ogni caso apprezzato e originale. Assassin’s Creed Rogue Remastered sbarca quindi su PlayStation 4 e Xbox One: scopriamo insieme come si comporta la riedizione dell’ultimo capitolo della serie a essere sviluppato su console di vecchia generazione.
Tra due generazioni
Assassin’s Creed Rogue uscì in un periodo complicato, a cavallo tra due generazioni: tra il tramonto di PlayStation 3 e Xbox 360 e l’alba di PlayStation 4 e Xbox One, Ubisoft operò una scelta precisa e oculata in termini di sviluppo e di marketing. Nello stesso anno, e cioè nel 2014, fece uscire due capitoli distinti e separati per le due diverse generazioni di console presenti sul mercato: Rogue, appunto, fu scelto come titolo conclusivo della old gen, mentre Assassin’s Creed Unity tuonò la carica che avrebbe dovuto inaugurare un futuro florido per la saga su next gen, ma fu tuttavia smorzato da pesantissimi problemi tecnici che ne compromisero la fiducia col pubblico. Messo da parte Unity, però, torniamo a concentrarci su Rogue, un capitolo che all’epoca suscitò emozioni contrastanti: l’avventura di Shay, infatti, voleva rappresentare una sorta di saluto simbolico alle basi tecniche gettate in quegli anni, dal primo Assassin’s Creed fino al suo predecessore, Black Flag.
Assassin’s Creed Rogue, in effetti, si presentò sul mercato come un titolo le cui meccaniche riprendevano il cuore pulsante di Black Flag – e cioè l’avventura in un mondo vastissimo, percorribile in nave, con combattimenti navali e fasi di esplorazione di giungle e città a terra, in cui si consumava la principale anima ludica di action stealth del prodotto. Nonostante introducesse piccole novità al gameplay, come la feature del fucile e una maggiore attenzione a collezionabili ed esplorazione degli ambienti, al fine di trasmettere un senso di avventura vero, Assassin’s Creed Rogue risultò una produzione eccessivamente derivativa di Black Flag, sostituendo il caldo caraibico con il freddo del Nord America di inizio Settecento e l’esuberante Edward Kenway con il pragmatico e ligio Shay Patrick Cormac.
Una storia di Templari
Assassin’s Creed Rogue Remastered propone, ovviamente, la stessa e identica trama del gioco originale: Shay è un giovane Assassino, unitosi da poco alla confraternita americana guidata da Achille Davenport. Esattamente: ritroveremo colui che, in età anziana, sarà maestro e mentore di Connor, protagonista di Assassin’s Creed III, così come un ormai maturo Adewale, quartier mastro di Edward in Black Flag e protagonista, da maestro Assassino, nel DLC Grido di Libertà. La trama di Rogue completa quella che potremmo definire la “Trilogia delle Americhe”, e funge da ponte tra la storia di Black Flag e quella di AC3, lasciando scoprire al giocatore alcuni retroscena su protagonisti già noti, come la disillusione di Achille Davenport nei confronti del giovane protagonista di AC3, per esempio. In ogni caso, dopo aver scoperto delle tremende verità in seguito a una missione volta al ritrovamento di un antico manufatto, Shay inizierà a nutrire dei forti dubbi sulla Confraternita, arrivando a tradire i suoi compagni e a lasciare l’ordine degli Assassini per poi diventare un Templare e condurre una personale missione di redenzione e vendetta. Dal punto di vista narrativo, insomma, Rogue cercò di colmare un gameplay eccessivamente ridondante nei confronti delle produzioni precedenti, raccontando una storia originale e che per la prima volta mise il pubblico nei panni di uno dei cattivi, cercando di narrare – pur con diverse flessioni – ombre e luci del mondo e delle motivazioni di personaggi che abbiamo sempre considerato positivi a priori.
Insomma, l’ultimo capitolo old gen della saga Ubisoft rappresentò, sotto tantissimi aspetti, una conclusione degna e naturale che racchiudeva il best of della serie fino ad allora. Vero è, però, che – nonostante si tratti di una produzione di appena quattro anni fa – le meccaniche di gioco sono invecchiate maluccio: al netto di un combat system che, seppur macchinoso, risulta ancora oggi piuttosto spettacolare anche se molto facile, il salto generazionale compiuto da Assassin’s Creed è stato sostanziale sotto vari aspetti. A Rogue, così come ai suoi predecessori come Black Flag e la Ezio Collection, manca un sistema stealth degno di questo nome, seppur la produzione già all’epoca fece grossi salti in avanti con le meccaniche di mimetizzazione tra alberi e cespugli o con le svariate opzioni nell’arsenale di armi a disposizione dell’Assassino di turno. Allo stesso molto il parkour, le dinamiche di arrampicata e il gli input di risposta e reazione del personaggio a superfici rocciose, palazzi, alberi e quant’altro, risulta – rispetto alle possibilità offerte dai nuovi capitoli attualmente sul mercato – un pelo anacronistico, seppur si tratta comunque di un comparto tecnico di diversi anni luce avanti a quello della trilogia su Ezio, e che per questo – nonostante le perplessità che sopraggiungono oggi, dopo aver giocato un capitolo come Origins – risulta in ogni caso giocabile e godibile senza eccessivi handicap.
Un Remaster che vale
Vale la pena, quindi, giocare oggi Assassin’s Creed Rogue Remastered, portato dal publisher francese sulle console di nuova generazione al pari di Black Flag, Unity, Syndicate, Ezio Collection e Origins, con annessi spin-off della trilogia Chronicles? Ebbene, qui veniamo alla questione principale della recensione e dell’analisi compiuta sul lavoro di rimasterizzazione, e vi diciamo che per noi la risposta è un grosso sì. Come accade per tutte le opere Remastered – chi più, chi meno – Ubisoft ha cercato di portare sui nostri scaffali un titolo che riuscisse a reggere il confronto con la qualità visiva garantita dai giochi current gen: nel caso di un gioco come Rogue, che già di per sé presentava un ottimo comparto visivo e tecnico, seppur il tutto limitato al motore di gioco di una generazione fa, l’opera di rimasterizzazione riguarda in larga parte l’innalzamento della risoluzione dai semplici 720p al Full HD garantito dalla potenza di calcolo delle attuali piattaforme Sony e Microsoft, il tutto unito a un buon frame rate per accompagnare la risoluzione più alta anche a una buona fluidità in fase di gameplay.
In tal senso, il lavoro svolto da Ubisoft è stato a dir poco magistrale: ribadiamo che è difficile far miracoli su un motore grafico di alcuni anni fa, ma il team ha speso al meglio le proprie energie nel rendere i modelli dei personaggi più definiti, arricchendo di dettagli sia il character che il leven design e rendendo sia texture che modelli estremamente più puliti e netti. Ciò si riflette soprattutto nelle ambientazioni, nel verde delle foreste americane o sugli orizzonti, nei quali le varie sfumature di blu del cielo e dell’oceano si incontrano negli scenari invernali mozzafiato dell’aurora boreale: il livello di dettaglio non sarà certamente quello dei capitoli più recenti della saga, ma Assassin’s Creed Rogue Remastered riesce comunque a mostrare tutti i suoi muscoli e a proporre un comparto visivo rimasterizzato ottimamente, in grado di poter stare tranquillamente su console current gen senza arrancare e fornendo ancora oggi un’avventura pregevole sotto il piano visivo.
Conclusioni
In caso vogliate staccarvi per un po’ dalle dune del deserto di Origins, e lasciarvi cullare nuovamente dalle onde dell’oceano sul vostro galeone, allora Assassin’s Creed Remastered fa decisamente al caso vostro. L’avventura di Shay Cormac, sul versante tecnico, resta un titolo anacronistico rispetto agli episodi più recenti della serie, e per questo approcciare il gameplay di Rogue – nonostante siano passati 4 anni, un periodo non certo abissale – potrebbe risultare un po’ macchinoso: rimane tuttavia il profondo senso di avventura che la trilogia delle Americhe è riuscita a ispirare, la solita eccezionale ricostruzione storica da parte di Ubisoft e – non ultimo – il lavoro eccellente svolto sull’opera di rimasterizzazione. Siamo lontani dalla ricchezza o dalla magnificenza degli ultimi capitoli, sviluppati con motori di gioco ben più roboanti, ma il colpo d’occhio derivato da paesaggi, scenari e colori resta mozzafiato.
Pro
- Eccellente il lavoro di rimasterizzazione per current gen
- Storia e ambientazioni restano affascinanti
- Il senso di avventura di Black Flag…
Contro
- … di cui Rogue è eccessivamente derivativo
- Il gameplay non è invecchiato benissimo
VOTO FINALE: 7.5/10