Che i The Games Awards 2017 fossero un’occasione imperdibile, complice la presenza di Death Stranding, lo si era capito già diversi giorni prima dell’evento, quando fu ufficializzata la presenza di tre volti noti della Kojima Productions attualmente al lavoro sul gioco: parliamo del grande game designer, Hideo Kojima appunto, ma anche di Norman Reedus e Guillermo del Toro, rispettivamente attore e regista cinematografico che compariranno tra i protagonisti del titolo insieme a Mads Mikkelsen. Alla fine l’attesissima esclusiva PS4 si è mostrata eccome, ma non nel modo in cui tutti credevamo e speravamo: anziché la dimostrazione del fantomatico gameplay del titolo, infatti, Kojima-sensei ha riservato al pubblico un terzo, lunghissimo trailer cinematografico che ha posto soltanto ancora più domande, seppur fornendo qualche timido indizio sulla trama.
Protagonista del video è nuovamente Norman Reedus, che Kojima aveva accantonato in occasione della clip con protagonisti del Toro e Mikkelsen. Questa volta l’attore di The Walking Dead, a differenza del primissimo teaser trailer di Death Stranding, non è nudo e si risveglia in una valle oscura e desolata, apparentemente teatro di una violenta battaglia, con indosso una tuta che sembra una divisa spaziale. Un primo elemento, questo, che ci permette di speculare nuovamente sulla possibile ambientazione a sfondo fantascientifico di cui si era vociferato nelle scorse settimane: sembra, infatti, che le piastrine indossate da Norman Reedus nel primo trailer del nuovo gioco di Kojima rechino la formula del raggio di Schwarzschild, una famosa equazione astrofisica che calcola il raggio necessario che una certa massa deve avere per raggiungere la velocità della luce, determinando anche la creazione dei famosi buchi neri. E sembra proprio partire da qui l’assioma fondamentale racchiuso nella narrazione del trailer di Death Stranding presentato ai The Games Awards 2017: le parole probabilmente di Sam, il personaggio interpretato da Reedus, sui titoli di apertura del video fanno riferimento all’esplosione primordiale che ha generato l’universo. “In principio c’era un’esplosione, che ha generato la vita. E poi c’è stata un’altra esplosione, che rappresenta la fine del tempo e dello spazio”. È qui che probabilmente si gioca tutta l’essenza di Death Stranding, nella concezione cosmica primordiale e dell’uomo che – in un probabile futuro non troppo lontano – dovrà fare nuovamente i conti con la forza creatrice e distruttrice al tempo stesso del cosmo.
Tutto questo, però, si cala anche nel contesto fantasy in cui ci catapulta Kojima-sensei, presentandoci un immaginario fortemente suggestivo, colmo di sacralità ed elementi al di là di ogni concezione del soprannaturale, mostrando eventi e personaggi al di fuori della normale comprensione racchiudendo il tutto in un continuo e costante esercizio di stile, fatto di virtuosismi estetici e filosofici in ogni singolo movimento di macchina. 8 minuti di trailer interminabile, che si giocano quasi esclusivamente su un piano sequenza che accompagna i movimenti di Norman Reedus e del secondo personaggio in sua compagnia, probabilmente un compagno o un collega del protagonista che veste la stessa divisa. I due cercano di salvare un terzo “astronauta”, bloccato sotto alcuni detriti e terrorizzato – così come gli altri – dall’incombere di una presenza mostruosa e invisibile. Una curiosa antenna, in dotazione sugli abiti dei personaggi, inizia a lampeggiare sempre più forte con l’incedere di creature invisibili, il cui unico segno che ne avverte la presenza sono le impronte di un arto prensile (molto simili a quelle che, nel primo trailer di Death Stranding, sotto forma di macchie ricoprivano il corpo di Norman Reedus); i mostri non hanno una logica precisa, se non il fatto che sembrano nutrirsi di vita umana e sono costantemente a caccia di nuove prede, captandone a tutti gli effetti… la vita. Il respiro e la voce di un uomo, ad esempio, li mette in allerta, mentre qualunque altro movimento di altri corpi – anche meccanici – non li tocca minimamente. Le bestie potrebbero essere le forze distruttrici di cui si serve il cosmo per una nuova esplosione, affamate di vita come dimostra il modo in cui uccidono chi cade nelle loro grinfie – che, peraltro, preferisce morire sparandosi in testa o accoltellandosi piuttosto che finire preda di queste terrificanti e misteriose entità.
Il protagonista, per qualche oscuro motivo, sembra essere avulso dalle stravolte leggi di gravità che regolano il mondo una volta che i mostri entrano in azione: tutto inizia a fluttuare tranne Reedus, che stringe tra le mani una capsula contenente un infante, così come abbiamo già visto fare a Guillermo del Toro nel secondo trailer di Death Stranding. Sembra chiaro, quindi, che la nascita di nuove vite sarà un altro tema caldissimo della complicata produzione di Hideo Kojima, probabilmente l’unica speranza di avere un prosieguo dell’esistenza in un mondo sull’orlo di una presunta estinzione. È da questo punto in poi che il trailer ci mostrerà una serie di elementi privi di ogni apparente logica. Creature gigantesche e scorci dal sapore fortemente ‘lovecraftiano’, movimenti di macchina provocatori e ai limiti dell’orrido – come quello che, lentamente, entra nella bocca di Norman Reedus, si addentra nel suo esofago e fa spuntare, tra i tessuti e gli organi interni, il volto di un neonato, per poi tornare violentemente indietro e mostrarci l’ultima sequenza: un enorme cratere, sopra il quale sembrano librarsi in lontananza cinque figure misteriose.
È chiaro quanto Hideo Kojima, genio indiscusso dal talento che va molto oltre il suo semplice impiego di game director, sia adesso scevro da qualunque giogo produttivo impostogli dalla major di turno: è chiaro, inoltre, quanto le dipendenze di Konami stessero strette all’artista, che pare invece aver trovato una dimensione molto più votata alla totale libertà creativa in quel di Sony, che ha finanziato la rinascita della Kojima Productions e la produzione di Death Stranding. Kojima non è semplicemente un game director, ma è anche un designer superbo, un mancato regista cinematografico, uno sceneggiatore tormentato e un esteta sopraffino. Il suo estro artistico ha dato il la a un’avventura come Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, un titolo sicuramente complicato dal punto di vista narrativo ma che, a un solidissimo comparto tecnico e un open world da antologia, affianca una cura registica che l’industria videoludica non ha mai conosciuto. I lunghi piani sequenza di cui Kojima si fa interprete indiscusso e il portarci con la camera sempre dal punto di vista del protagonista, facendoci quasi compiere i suoi stessi, goffi movimenti dovuti all’ansia, al terrore o all’adrenalina dell’azione: elementi che ritroviamo in Death Stranding, impreziositi da un immaginario semplicemente incredibile in cui ritroviamo i dettami della fantascienza, dell’orrido e del sacrale.
Tutto ciò che alberga nella folle e geniale mente di Kojima trova vita nelle sue opere, che sono una vera e propria manifestazione onirica di quanto più affascinante e avulso dalla realtà si possa trovare. È anche vero, però, che Kojima abusa spesso della sua “autorialità”, giocando con il pubblico e stuzzicandolo costantemente con grandi esercizi di stile come quello mostrato ai The Games Awards 2017: al netto di tanta bellezza e fascino, che pongono opere come Death Stranding all’assoluto stato dell’arte, il palcoscenico videoludico con cui si confronta il buon Hideo esige anche maggiore concretezza. Si tratta del terzo trailer cinematografico, praticamente l’ennesimo cortometraggio a sé stante, in cui del gameplay di Death Stranding non c’è neanche l’ombra, una scelta che ha destato qualche perplessità sullo stato dei lavori dell’esclusiva PS4 – nonostante sia i producer che Mark Cerny di Sony, a quanto pare, abbiano già visto il gameplay di una build molto solida. Se davvero è così, è chiaro quanto il papà di Death Stranding stia giocando (anche pericolosamente) con una platea che rischia facilmente di stancarsi, che vuole concretezza e velocità: sappiamo, in ogni caso, che Death Stranding sarà un’avventura lineare con elementi open world e dal gameplay action, dunque il pericolo che si tratti di una produzione ai limiti dell’interattività sembra effettivamente lontano. Un altro anno è passato e, seppur il nuovo trailer ci abbia permesso di farci un’idea chiara del folle immaginario che Kojima ha pensato per il suo nuovo universo, su Death Stranding ci sono ancora più interrogativi che mai.