È decisamente lui la scoperta più entusiasmante dell’ultima fiction di Raiuno: Erasmo Genzini in Sotto Copertura 2 interpreta il giovane Nicola, sicario del boss Michele Zagaria, cresciuto a Casapesenna facendosi strada nel clan fino ad arrivare a conquistare la fiducia del latitante Capastorta e a farsi affidare da lui il delicato compito di intermediario con la figlia segreta Agata.
CAST E PERSONAGGI DI SOTTO COPERTURA – LA CATTURA DI ZAGARIA
Il personaggio di Nicola prende spunto dalle tante storie dei ragazzi di strada, che sono un po’ quelli a cui Saviano ha dedicato il suo libro La paranza dei bambini, spesso poco più che adolescenti, reclutati dai clan come manovalanza e iniziati ad una vita fatta di piccoli e grandi atti di criminalità, dal racket agli omicidi, in un tornado di violenza destinato a finire con la morte o col carcere.
Erasmo Genzini, già visto in La squadra, Un Posto al Sole e Il Clan de I Camorristi, è nato e cresciuto in quelle zone a nord di Napoli in cui i clan camorristici hanno prosperato per decenni sotto la guida di superlatitanti apparentemente imprendibili, conosce bene quella realtà e forse proprio per questo è riuscito a dare grande credibilità al suo personaggio, utilizzato anche per alimentare il filone più melò di questo racconto di impegno civile con cui Rai1 ha continuato la narrazione della lotta ai vertici dei casalesi ricostruendo le catture di Iovine e Zagaria.
Abbiamo raggiunto Erasmo Genzini per farci raccontare, alla vigilia del finale di Sotto Copertura – La Cattura di Zagaria su RaiUno il 6 novembre, per farci raccontare l’avventura sul set del suo primo ruolo importante in una grande produzione televisiva, firmata Rai Fiction e Lux Vide.
In conferenza stampa hai dichiarato di essere onorato di aver preso parte ad un racconto d’impegno civile come Sotto Copertura proprio perché conosci bene il dramma di quei territori in cui sei cresciuto. Cosa ha significato per te calarti nei panni di un giovane camorrista?
Più di tutto ha significato avere la possibilità di raccontare la vita di un camorrista, una di quelle che leggiamo sui giornali o che vediamo in tv, la differenza è che io ho avuto il privilegio di raccontare la parte buona che non siamo soliti vedere e leggere ma che esiste.
Questo è il tuo primo ruolo importante nonostante diverse partecipazioni ad altre fiction di successo come La Squadra e Il Clan dei Camorristi: come hai preparato il personaggio di Nicola e quali difficoltà hai incontrato?
Ho iniziato a prepararlo già dalle prime scene che ricevevo ai provini, con la presunzione che prima o poi avrei ricevuto tutta la sceneggiatura. Ogni battuta che leggevo di Nicola era un pezzo di storia in più che faceva parte della costruzione che davo al personaggio. La difficoltà più grande è stata quella di riuscire a rendere più comprensibile e autentico possibile il continuo e complicato dilemma che si forma in modo esponenziale durante il corso delle puntate nella testa di Nicola. L’amore per Agata o la fiducia per il Boss?
A questo proposito, per Nicola quella riposta nel boss Zagaria sembra quasi una fede cieca, è come se non conoscesse altra forma di autorità da rispettare e altro ideale in cui credere, nonostante i dubbi che comincia a provare per amore di Agata: è così per i ragazzi reclutati dai clan? La mancanza di alternative in cui riporre speranza si trasforma in una fedeltà assoluta al sistema?
Purtroppo sì, come per Nicola con Zagaria, anche per i ragazzi appartenenti ai clan funziona così. L’unica autorità che esiste all’interno di un gruppo camorristico, non è lo Stato così come non lo è nessun altro, è unicamente il boss. Più di tutti sono i giovani a darsi completamente solo per la voglia di ottenere fiducia o per “salire di livello”.
Dallo schermo traspare una grande chimica con Alejandra Onieva, che ha dichiarato di non conoscere l’italiano prima dell’avventura di Sotto Copertura: è stato difficile superare le difficoltà linguistiche?
All’inizio è stato difficile anche solo scambiare due chiacchiere , cosa che ci faceva molto ridere. Poi fortunatamente ha avuto la possibilità di avere per un lungo periodo una coach che le insegnasse almeno le basi per poter vagamente capire e spiegarsi e devo dire che ci è riuscita alla grande.
Senza anticipare nulla sull’ultimo episodio, può esistere un lieto fine per Agata e Nicola o la camorra è un virus che infetta e corrompe tutto ciò che le si avvicina?
Domanda difficile a cui rispondere a poche ore dall’inizio dell’ultimo episodio. Credo personalmente che un lieto fine possa esistere sempre, nonostante i mille ostacoli a cui siamo sottoposti durante il corso delle nostre vite, è anche vero però che la Camorra è una malattia che può distruggere anche il lieto fine più bello.
Alessandro Preziosi è davvero inquietante nei panni di Zagaria: ha fatto quest’impressione anche a voi sul set?
Devo dire che a riprese inoltrate era così dentro al personaggio che anche nei momenti di pausa mi trasmetteva paura, cosa che ci ha fatto molto ridere tante volte. A tal proposito mi va di raccontare un episodio molto simpatico: poche settimane fa, alla conferenza stampa di Sotto Copertura, durante il photocall eravamo impegnati in una foto di gruppo del cast, io ero vicino a lui e l’ho abbracciato nascondendo il braccio dietro la sua schiena. Lui con lo stesso tono usato nella serie mi fa: “Togli quel braccio. In quell’istante mi fece sentire Nicola durante uno di quei faccia a faccia con Zagaria e di istinto tolsi il braccio. Poi scoppiammo a ridere entrambi lasciando improvvisamente i panni dei nostri personaggi”.
Com’è stato girare a Casapesenna nei luoghi in cui è avvenuta la cattura di Zagaria, perfino nel suo stesso bunker? Gli abitanti vi hanno accolto con entusiasmo o diffidenza?
Credo che aver avuto la possibilità di girare negli stessi luoghi in cui sono avvenuti i fatti abbia aiutato anche noi attori. Non avrei mai smesso di girare lì, provavo emozioni così vere che riuscivano a rendere autentico il mio personaggio. Sentivo il calore della gente, le voci, i vicoli. Mi ha aiutato anche parlare con la gente del posto, ognuno di loro aveva voglia di raccontare fatti realmente accaduti e che conoscevano in prima persona. Un ragazzo mi raccontò nei dettagli quello che successe durante quel famoso giorno dell’arresto, mi mise i brividi. Ho ancora la sua faccia impressa nella mente, i suoi occhi. Sono stati molto cordiali, tutti.
Zagaria vive da recluso tutta la sua vita, prima nei bunker in cui si nasconde e poi dopo l’arresto in carcere. Credi che la fiction possa aiutare a dimostrare che la vita di chi sceglie la Camorra è una vita senza speranza né libertà?
Assolutamente sì, e questa serie lo racconta più che mai. Come ho detto in conferenza stampa è una vita senza gioie ne speranze. Non esistono finali diversi da quello, o la morte o il carcere.
Sei uno spettatore di Gomorra? Secondo te quali sono le principali differenze tra la serie Sky e Sotto Copertura?
Certo, seguo Gomorra con grande ammirazione per il progetto in sé e per il modo in cui è stato girato. Sicuramente avrete notato che in Sotto Copertura, a differenza di Gomorra, simpaticamente dico che ci sono più vivi che morti. La nostra racconta la legittimazione di chi ce l’ha fatta e non della Camorra. È una serie di speranza che non ama rendere eroe chi non lo è stato. Con questo non dico che Gomorra faccia questo, è pur sempre ovvio che risulterebbe impossibile raccontare storie di Camorra senza spari e senza morti. Ma è giusto che la Rai abbia scelto di rappresentare la parte buona e non quella cattiva, è giusto per la Campania, è giusto per Napoli.