C’è un pre-Gomorra e un post-Gomorra per quanto riguarda la produzione cinematografica di e sulla città di Napoli: poi c’è Ammore e malavita dei Manetti Bros., che prende il meglio da entrambe le ere e dà vita a un irriverente musical tutto italiano.
Quando il boss Don Vincenzo “‘O re do’pesce” e sua moglie, Donna Maria, decidono che è tempo di sparire insieme per rifarsi una vita fuori da Napoli coi soldi guadagnati fino a quel momento, al braccio destro Gennaro e ai sicari Rosario e Ciro viene affidato l’ingrato compito di inscenare la morte di Don Vincenzo, mettendo a tacere per sempre chiunque possa rivelare il segreto. Ciro scopre tuttavia che l’infermiera che ha scorto Vincenzo vivo in ospedale è il suo amore d’infanzia perduto, e le cose si complicano: è qui che entrano in scena l'”ammore” e la “malavita”, due facce della medaglia di una Napoli tanto amata quanto “ingrata”.
La vicenda narrata in Ammore e malavita è una piacevole distrazione dai soliti tratti del canone “gomorristico”, che utilizza lo scenario della criminalità organizzata rendendolo co-protagonista della pellicola, affiancato dall’idea inedita della storia d’amore da favola. Della denuncia che di solito si vuole veicolare con film riguardanti questo aspetto del territorio partenopeo qui non c’è traccia, anche se i Manetti Bros. sono particolarmente brillanti nel prendersi gioco neanche troppo subdolamente di quegli stessi personaggi e situazioni sui quali, paradossalmente, fanno leva per basare l’intero film.
Proprio la dualità tra serietà e intento canzonatorio è il cuore di Ammore e malavita: un velo di ironia filtra quella che per i protagonisti è una realtà seria, tradita però dalle inquadrature da cinecomic e dai testi delle canzoni da loro intonate – non è un caso che il pubblico del Lido abbia riso e applaudito in particolar modo alla cover napoletana di Flashdance… What a Feeling cantata dalla bravissima Serena Rossi. La colonna sonora è fondamentale perché ovviamente si tratta di un musical, ma anche perché senza di essa si tratterebbe “solo” di un film dalla trama brillante, senza quel quid che lo rende una delle proposte più interessanti di Venezia 74 e del 2017 italiano. C’è una bella differenza tra una turista americana che dopo uno scippo urla al ladro, e tra una turista americana che dopo uno scippo canta e balla “Scampia Disco Dance” parca di aver vissuto “the ultimate touristic experience” di fronte alle Vele.
La commedia all’italiana è un genere piuttosto cristallizzato con canoni validi ancora oggi, dal quale pur cercando di spaziare non ci si riesce mai ad allontanare: se non si ricade nelle tematiche si inciampa nell’espediente delle battute dialettali, si fallisce spesso e volentieri se si tenta un approccio diverso. Ammore e malavita saggiamente non cerca di rinnegare il genere cinematografico del Bel Paese per eccellenza, ma ne rappresenta piuttosto un’apprezzata evoluzione, che strizza l’occhio alle migliori pellicole d’oltreoceano pur non dimenticando le proprie radici.
La parte musical è ovviamente il lato più riuscito e geniale di questa nuova prova dei Manetti Bros., che rispetto a Song’e Napule riescono a incorporare le canzoni nella storia senza l’espediente narrativo del cantante: proprio come nelle produzioni che hanno fatto sognare Broadway, i personaggi del film cantano e ballano per poi tornare alle loro azioni senza che il tutto risulti strano, impostato o fuori luogo. Il merito è anche e soprattutto dell’altissima qualità delle canzoni e delle melodie proposte nel film, frutto della collaborazione tra il cantautore napoletano Nelson – che le ha scritte e composte – e i fratelli Pivio & Aldo De Scalzi.
Ammore e malavita è una ventata d’aria fresca in un panorama cinematografico come il nostro spesso stantio, con un’originalità notevole tanto nelle scelte registiche quanto nella costruzione e gestione della vicenda e di tutto ciò che ne consegue. Recitato da un cast (quasi) napoletanissimo, con una Claudia Gerini che non si lascia intimidire dalla prova accento partenopeo, è un film da far vedere agli scettici del musical, ai detrattori del cinema italiano e a chi il cinema lo ama alla follia. Ed è anche un ottimo ricettacolo di possibili sveglie da cellulare, aspetto che in un musical non passa mai in secondo piano.