Stasera in prima tv su Rai Tre c’è Samba, l’ultimo film di Éric Toledano e Olivier Nakache, i registi di Quasi amici. Difficile immaginare un nuovo progetto dopo uno dei più travolgenti successi di sempre del cinema francese, visto in patria da 19 milioni di spettatori (per capire le proporzioni, da noi Quo vado? di Zalone di spettatori ne ha collezionati 9 milioni).
Le ragioni di quell’eccezionale exploit erano legate al fascino accattivante dei protagonisti, Omar Sy e François Cluzet e a una storia in miracoloso equilibrio tra dramma e commedia, col francese ricco, ma tetraplegico, accanto al giovane nero della banlieue parigina che ne diventa il badante. Un film che disegnava un’ottimistica idea d’integrazione tra mondi diversi, ma non favolistico, e senza pietismi, grazie a due attori dai modi franchi e diretti.
Samba ripete la formula del predecessore: un altro incontro tra realtà agli antipodi, il clandestino senegalese che sopravvive da dieci anni in Francia (ancora Omar Sy) e Alice (Charlotte Gainsbourg), manager d’azienda in aspettativa, che fa assistenza agli immigrati in un’associazione di volontariato.
Il film cerca un equilibrio tra la storia sentimentale, che ovviamente sboccia tra i protagonisti, e un punto di vista esplicito sulla Francia contemporanea e le sue politiche sull’immigrazione. Samba parte con un sontuoso piano sequenza, in cui il proscenio d’uno sfarzoso banchetto matrimoniale sfuma nel dietro le quinte delle cucine dove s’arrabatta il lavapiatti Samba. La sua esistenza è all’insegna della più assoluta precarietà. Il film ne segue puntigliosamente l’odissea umana e burocratica: gli inutili colloqui all’associazione per cercare una via d’uscita, il trasferimento al centro di detenzione nel quale i clandestini attendono un responso (situato a un passo dall’aeroporto, in rampa di lancio verso l’espulsione), la fuga e l’epopea dei lavori irregolari.
In un paese che non vuole accettarti l’unica soluzione sta nel mettersi una maschera: Samba cambia identità, sposando la strategia della simulazione dell’amico Wilson (Tahar Rahim), algerino che si finge da anni brasiliano per semplificare la vita. Anche i suoi impieghi saltuari rimarcano la distanza tra il protagonista e il mondo nel quale vive come ospite non gradito: al party iniziale deve accontentarsi – letteralmente – degli avanzi, quando fa la guardia notturna d’un grande magazzino sorveglia negozi pieni di merci che gli sono precluse, al centro di smistamenti rifiuti gli passano sotto il naso i resti d’un banchetto cui non è stato invitato.
Notazioni inequivocabili: però il gioco di prestigio dei registi stavolta non riesce fino in fondo. Se Quasi amici si giovava di due caratteri entrambi interessanti e contraddittori, in Samba, invece, il personaggio di Alice è manierato, una nevrotica benestante di cui viene descritto sommariamente il tracollo nervoso causato da un ambiente di lavoro ipercompetitivo. Un carattere opaco, funzionale alla vicenda del protagonista e alla storiella sentimentale – con imperdonabili ralenti nei momenti di seduzione – confezionata per volgere in commedia conciliante un racconto con ben altre premesse e ambizioni.
Samba (2014), di Éric Toledano e Olivier Nakache, con Omar Sy, Charlotte Gainsbourg, stasera in prima tv su Rai Tre, ore 21.20.