La mummia di Alex Kurtzman con la superstar Tom Cruise è il primo tassello del Dark Universe, la strategia del Universal per restare al passo con le altre grandi case di produzioni cinematografiche nell’era del franchise. Oggi si parla solo di “universi condivisi”, con storie personaggi trame che rimbalzano da un film all’altro, in un intricatissimo sistema di prequel sequel remake spin-off reboot e tutto quello che la fantasia (e l’ingordigia) di produttori sceneggiatori registi è in grado di mettere in piedi. E se la Disney ha gli eroi Marvel e la Warner quelli Dc Comics, la Universal ha ritrovato nel suo catalogo storico la soluzione: lo straordinario parco di repellenti creature che hanno terrorizzato e affascinato gli spettatori degli anni Trenta. Dracula con Bela Lugosi, il Frankenstein di Boris Karloff, mummie, uomini invisibili e uomini lupo: un mondo di antieroi tutto nel segno della mostruosità, dell’eversione della regola e della logica.
La regola e la logica sono scandite oggi, invece, dal ferreo meccanismo produttivo del franchise Universal: che per il dopo Mummia ha già annunciato altri progetti, a partire da La moglie di Frankestein nel 2019 con Javier Bardem nella parte del mostro. Purtroppo La mummia, atto di fondazione del Dark Universe, fa rimpiangere i vecchi horror artigianali del tempo che fu. Anche perché più che su terrore e angoscia il film vira verso l’action con alleggerimenti ironici ed effetti speciali, la ricetta tipica dei film di supereroi. E smarrisce la sua identità.
Che il film non funzioni lo si intuisce dalla prima sequenza: dopo il ritrovamento d’una cripta nei sotterranei di Londra, parte l’implacabile spiegone del dottor Jekyll (Russell Crowe) che narra con sottofondo di immagini illustrative – quanto di meno cinematografico possibile – la storia della principessa Ahmanet, che nell’antico Egitto uccise il padre e s’alleò col dio della morte Seth per conquistare il potere. Scoperta, venne mummificata viva e seppellita, ci si augurava, per sempre. Il salto al giorno d’oggi conduce in Iraq dove il sergente Nick Morton (Cruise), che arrotonda lo stipendio facendo il predatore di tesori antichi (ogni riferimento non è casuale), ritrova la suddetta tomba e libera involontariamente la principessa di cui diventa, ahilui, il prescelto.
Poi La mummia dipana una storia nella quale non mancano i crociati, la misteriosa organizzazione del dottor Jekyll che combatte il male, la bella archeologa bionda con cui Nick ha schermaglie un po’ da commedia un po’ romantiche – personaggio canonico della saga di Indiana Jones –, un compagno di scorribande a cui è demandata la linea comica – quando muore ritorna in veste di fantasma a inquietare il socio, come in Un lupo mannaro americano a Londra –, orde del male che sembrano gli zombie di Romero. Ahmanet poi, è sì malefica, ma con le morbide fattezze di Sofia Boutella non crea nessuna vera inquietudine nello spettatore – tralasciamo le allucinazioni nel deserto di Nick, che tra riflessi ambrati e principessa a ralenti assomigliano tanto a uno spot di profumi.
In questo guazzabuglio Tom Cruise si aggira spaesato, La mummia firmata da Alex Kurtzman non riesce come Mission Impossible a sfruttarne l’aura divistica. Tra l’altro, viene da pensare che la vera maledizione di questo film è quella di Cruise, costretto a replicare all’infinito la parte dell’eroe baldanzoso ed eternamente giovane. La cosa a 55 anni comincia a diventare piuttosto grottesca per quello che Billy Wilder considerava l’unico vero divo della sua generazione. Ormai incastrato nella parodia di se stesso, privo di ruoli che necessitino di essere realmente interpretati.